Il centro storico di Agrigento cade a pezzi, distrutto dall’incuria di una classe politica inadeguata e distante dalla città. Due passi nel salotto buono, la via Atenea, bastano per rendersi conto di come la città stia morendo. Un negozio chiuso, un altro ancora. Una sfilza di saracinesche abbassate e cartelli con su scritto “vendesi”, “affittasi”, “trasferito”, si affacciano su quella che era una volta la via commerciale della città della valle dei templi, ridotta oggi ad un percorso da capre di montagna.
La politica del ‘che m’importa’ adottata da decenni dai nostri politici ha prodotto come conseguenza l’ignorare la necessità di rivedere il “sistema città”, dotando la stessa di nuove infrastrutture (arredo urbano, parcheggi, piazzole), modificandone la viabilità per favorire la presenza delle persone nel centro storico.
La febbre delle macro strutture commerciali ha colpito allo stesso modo politici – sempre pronti a promettere secondo logiche clientelari – e cittadini, perennemente alla ricerca di un’occupazione. Il miraggio di tanti posti di lavoro che avrebbero dovuto favorire la piccola economia cittadina. Ma realmente è così?
A fronte della convenienza economica per chi acquista presso tali macro strutture assistiamo alla distruzione del piccolo commercio e al depauperamento delle risorse economiche della città. Va infatti considerato come il maggior numero di piccoli esercizi commerciali dei centri cittadini italiani appartengono agli stessi residenti che reinvestono sul posto i loro guadagni, mentre non poche sono le attività presenti in questi grandi centri gestite da imprenditori provenienti da altre città, se non da aziende straniere, i quali finiscono con il portar fuori i loro guadagni non favorendo certamente l’economia del territorio che ospita i loro esercizi.
Danni ai quali si vanno ad aggiungere una riduzione delle opportunità di lavoro nell’indotto generato dalla piccola imprenditoria e la difficoltà dei proprietari di locali commerciali a trovare affittuari per gli stessi. Tutto denaro che viene meno al “sistema città”.
Ma se questo è il trend generale, Agrigento, che in negativo è sempre tra i primi posti delle classifiche delle città italiane, ancora una volta riesce a fare la differenza.
Stando a quanto accade in uno degli ultimi centri commerciali aperti di recente, sembra che le cose stiano ancor peggio. La chiusura di molti esercizi commerciali in città, oltre a causare un impoverimento della economia locale, non ha portato all’incremento di posti di lavoro, né tantomeno ha contribuito a debellare il triste fenomeno del lavoro sottopagato.
Dopo un’iniziale impennata della disponibilità di posti di lavoro nel settore commerciale – prevalentemente dovuta alla necessità dei titolari di esercizi all’interno del centro per poter organizzare l’imminente apertura delle attività – è arrivata la raffica di licenziamenti che ha messo in crisi quei tanti dipendenti che avevano anche lasciato un lavoro ritenuto poco gratificante o poco sicuro, con il miraggio di un lavoro che apparentemente offriva maggiori prospettive nel lungo termine.
Ma v’è di più. Le macro strutture commerciali si stanno rivelando un’autentica trappola per i lavoratori che, seppur sottopagati, presso le piccole aziende avevano, quantomeno, turni di lavoro assai vicini a quelli europei e giornate di riposo garantite. Così non è presso taluni esercizi allocati all’interno dei centri commerciali che, facendo orario continuato dall’apertura del mattino fino alla sera, impongono ai propri dipendenti (spesso part-time) turni che vanno ben al di là di quelli previsti dai contratti di lavoro, riservando agli stessi un trattamento economico non diverso da quello messo in pratica dai piccoli esercizi commerciali del centro città.
Se da un canto si assiste alla perdita di posti di lavoro, dall’altro non solo gli stessi vengono solo parzialmente riassorbiti dalla grande distribuzione, ma il più delle volte avviene con contratti che hanno carattere di precarietà.
Comportamenti scorretti che nel danneggiare il lavoratore, adombrano il buon nome dei tanti marchi in franchising e quello delle stesse grandi strutture che li ospitano. È così difficile arginare il fenomeno? Considerata la presenza di telecamere all’interno degli ampi corridoi, l’interesse che le grandi strutture e i marchi più prestigiosi dovrebbero avere nell’assicurare un proseguo delle attività commerciali e nella salvaguardia del loro stesso nome, nonché la politica messa in atto dal governo nella lotta all’evasione e al lavoro sommerso, così difficile non dovrebbe risultare.
Mentre a distanza di pochissimi mesi dall’apertura dell’ultima macro struttura, cominciano ad arrivare le prime vertenze promosse da dipendenti, c’è da chiedersi cosa stiano facendo i sindacati che sembrano non accorgersi di questa nuova piaga.
“Centri commerciali, impoverimento o risorsa?”
Gian J. Morici
Bisogna che i lavoratori sfruttati presentino regolare denuncia all’ispettorato del lavoro!
Neocolonialismo
se cominciassero a fare i controlli tutto questo sconcio finirebbe, anche se è vero come dice il signor alberto che i primi a reagire presentando le denunce all’ispettorato, dovrebbero essere proprio quelli che vengono sfruttati. sarebbe stato carino se la società a cui fa capo il centro commerciale avesse stipulato un protocollo d’intesa con la guardia di finanza e con l’ufficio del lavoro. un segnale forte che altrove viene dato, anche con i protocolli d’intesa con i comuni. ma agrigento è e resta sempre agrigento…
Un plauso al direttore che ha veramente toccato un tasto molto delicato, ribbelliamoci siamo noi che decidiamo dove andare o sostare per una Agrigento libera sosteniamo i commercianti Agrigentini.