Dopo la risoluzione dell’ONU, che ha concesso alla Palestina il ruolo di “membro osservatore”, si apre il dibattito su una possibile pace tra israeliani e palestinesi, o meglio, tra il Governo d’Israele e i vertici politici palestinesi.
Ma è possibile una pace che passi attraverso una risoluzione dell’ONU e non grazie ad un trattato tra le parti? E siamo certi che si voglia questa pace?
Un ruolo da protagonista nel conflitto israelopalestinese spetta ad Ḥamās. Ma cos’è esattamente Ḥamās? Facendo una breve ricerca, da Wikipedia apprendiamo che Ḥamās è l’acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya (in arabo: حركة المقاومة الاسلامية, “Movimento Islamico di Resistenza”, ovvero حماس, “entusiasmo, zelo”), un’organizzazione palestinese, di carattere politico, paramilitare e terrorista secondo l’Unione Europea, in base alle Posizione comune del suo Consiglio (2005/847/PESC del 29 novembre 2005), gli Stati Uniti e l’Australia.
Fondata dallo Shaykh Ahmad Yasin, ʿAbd al-ʿAzīz al-Rantīsī e Mahmud al-Zahar nel 1987, sotto la pressione dell’inizio della Prima Intifada, come braccio operativo dei Fratelli Musulmani, per combattere l’occupazione israeliana della Palestina storica. Durante la Seconda Intifada, nel periodo che va dal 2000 al 2005, ha effettuato svariati attentati suicidi contro l’esercito israeliano e contro la popolazione civile dello Stato ebraico, che hanno provocato centinaia di vittime civili e militari.
Hamas – Nemico o terrorista?
Durante la Guerra di Indipendenza nel 1948, i giordani per mesi assediarono la città mentre centinaia di civili rimanevano uccisi dai bombardamenti. Nonostante ciò, Israele non ha fatto riferimento ai giordani come terroristi, ma come a nemici. Una volta che il cessate il fuoco è stato raggiunto, Israele ha iniziato i negoziati con i giordani, al termine dei quali è stato firmato un accordo di armistizio.
Negli anni precedenti la Guerra dei Sei Giorni, i siriani bombardarono le città della Galilea. Ma anche in questo caso, gli israeliani non hanno mai considerato terroristi i siriani, che, individuati come nemici, hanno avuto modo di raggiungere un accordo, conclusosi con il disimpegno dopo la guerra dello Yom Kippur.
Nemici, e non terroristi, sono stati considerati anche gli egiziani che sotto Gamal Abdel Nasser chiesero più volte la distruzione di Israele. E persino i nazisti che furono artefici dell’olocausto ebraico.
Nonostante ciò, Israele non li ha mai definiti terroristi. Perché dunque Hamas è un’organizzazione terroristica?
A parte l’uso inflazionistico del termine da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ostacola la capacità di Israele di raggiungere un accordo a lungo termine con i palestinesi, una chiave di lettura la si può avere leggendo lo statuto del movimento, del quale si riportano alcune parti:
Articolo 3 – Il Movimento di Resistenza Islamico consiste di musulmani che si sono dedicati interamente ad Allah e che lo adorano in verità – “Ho creato gli spiriti e gli uomini solo per lo scopo dell’adorazione” (dice Allah) – e che hanno riconosciuto i loro obblighi di fronte a se stessi, al loro popolo e alla loro terra. In tutto questo, hanno avuto timore di Allah e innalzato la bandiera del jihad di fronte agli oppressori, per liberare la terra e il popolo dall’immonda sporcizia, dall’impurità e dal male dell’oppressore.
Articolo 7 – Benché gli anelli siano distanti l’uno dall’altro, e molti ostacoli siano stati posti di fronte ai combattenti da coloro che si muovono agli ordini del sionismo così da rendere talora impossibile il perseguimento del jihad, il Movimento di Resistenza Islamico ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta – le preghiere e la pace di Allah siano con Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei” (citato da al-Bukhari e da Muslim).
Articolo 11- Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa. Nessuno Stato arabo, né tutti gli Stati arabi nel loro insieme, nessun re o presidente, né tutti i re e presidenti messi insieme, nessuna organizzazione, né tutte le organizzazioni palestinesi o arabe unite hanno il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di essa, perché la Palestina è terra islamica affidata alle generazioni dell’islam sino al giorno del giudizio. Chi, dopo tutto, potrebbe arrogarsi il diritto di agire per conto di tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio? Questa è la regola nella legge islamica (shari’a), e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani la hanno consacrata per tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio.”
Può esserci pace laddove si ritiene che ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione, perché al tempo della conquista i musulmani l’hanno consacrata per tutte le generazioni dell’islam fino al giorno del giudizio?
Con queste premesse, si può ipotizzare un accordo con Hamas al fine di creare la base per stabilire uno Stato palestinese a fianco di Israele? Purtroppo, oggi sono in molti oggi a non comprendere la sostanziale differenza che passa tra Hamas e l’Olp di Yasser Arafat.
Nata come organizzazione terroristica, l’Olp grazie ad Arafat si trasformò in interlocutore politico. Un interlocutore non mosso da fanatismo di carattere religioso, con il quale si sarebbe potuto raggiungere un accordo duraturo nel lungo termine. La laicità dell’Olp fu l’elemento essenziale affinchè si arrivasse alla conclusione che era folle l’esporre il proprio popolo alla risposta devastante dell’esercito israeliano, uno dei più forti eserciti del mondo.
Si può considerare Hamas non più come “organizzazione terroristica”, bensì come il governo di Hamas? E un governo quale quello di Benjamin Netanyahu, accetterà mai un concordato di pace e la nascita dello Stato palestinese? Hamas non è l’Olp, così come Benjamin Netanyahu non è Yitzhak Rabin.
L’elemento suicida, ormai evidente a Gaza, con il supporto nefasto dell’Iran, può portare solo morte e distruzione. Ma ad oggi nessuna delle due parti ha compreso che per esistere si deve porre fine al ciclo della violenza. Assolvere o demonizzare solo una delle parti in causa, non aiuta un processo che porti a negoziati diretti per raggiungere un accordo tra Israele e Palestina, unica via percorribile per una pace duratura.
Yasser Arafat – Morte e misteri
Come e perché morì Arafat? Ad otto anni dalla morte del leader dell’Olp, circa 60 campioni sono stati prelevati dai suoi resti, alla ricerca delle cause che ne portarono alla morte. Principale indiziato è una sostanza radioattiva: il polonio 210. I campioni ripartiti fra le tre squadre che fanno analisi separate, dovrebbero dare una risposta alle indagini che sono state istituite dopo che è emersa la presenza di polonio negli effetti personali di Arafat.
La notizia della presenza di polonio, era stata data da Al Jazeera che ha diffuso i risultati di una indagine scientifica portata avanti per nove mesi Il risultato: il dirigente palestinese Yasser Arafat, presidente dell’Autorità Palestinese, morì avvelenato da una dose di polonio 210, una rara sostanza radioattiva della quale vengono prodotti ogni anno solo cento grammi a fini tecnico-industriali e che richiede il possesso di reattori nucleari d’avanguardia.
L’analisi della biancheria intima e di quella fornita dall’ospedale dove morì Arafat, custodita gelosamente dalla sua vedova, ha rivelato la presenza di polonio 210.
Ma chi aveva interesse ad uccidere Arafat? Nel corso della sua vita, Arafat riuscì a sopravvivere a diversi attentati. Leader indiscusso del popolo palestinese e riconosciuto a livello mondiale, alla sua morte lasciò il suo popolo senza un erede politico alla sua altezza. Diverse le ipotesi sulla presunta uccisione di Arafat, alcune delle quali vedrebbero Israele principale indiziato della morte di un leader la cui sola esistenza rappresentava una minaccia.
Ma furono veramente gli israeliani a uccidere Arafat? Nella storia, è la seconda volta che il polonio 210 appare come protagonista di fatti oscuri. La prima volta, nel 2006, a Londra, dove con il polonio venne ucciso l’ex agente del KGB russo Alexander Litvinenko. Litvinenko, agonizzante, accusò il Kremlino. Coincidenza?
La storia di Arafat – controversa quanto si vuole – fu costellata da tentativi di pace tra il popolo palestinese e quello israeliano. A partire da quel 1988, quando con una dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamava lo Stato di Palestina, accettando l’esistenza dello Stato di Israele, a quando, nel 1993, Arafat inviò a Rabin una lettera in cui inequivocabilmente affermava che l’Olp riconosceva il diritto di Israele di esistere in pace e sicurezza, impegnandosi a una soluzione pacifica del conflitto e rinunciando all’uso del terrorismo e altri atti di violenza. Rabin rispose ad Arafat, confermando la decisione di Israele di “riconoscere l’Olp come rappresentante del popolo palestinese e di avviare negoziati con l’Olp nell’ambito del processo di pace in Medio Oriente. Queste lettere culminarono con gli accordi di Oslo, voluti da Rabin e Arafat.
Entrambi i leader morirono. Il primo la sera del 4 novembre 1995, dopo aver preso parte a un comizio in difesa della pace a Tel Aviv, assassinato da Ygal Amir, un colono ebreo estremista. Il secondo ucciso forse dal polonio 210 che difficilmente a distanza di otto anni sarà rinvenuto e del quale non si saprà mai la provenienza.
La fine dei due leader spalancò le porte alla destra israeliana e all’ascesa di Hamas.
Chi vuole la pace? Forse solo il popolo palestinese e quello israeliano. Forse solo le vittime innocenti di un conflitto che sembra non avere mai fine e affonda le sue radici nell’odio religioso, fomentato da interessi stranieri.
La testimonianza della storia nello statuto di Hamas: Fin dall’alba della storia, la Palestina è stata l’ombelico della Terra, il centro dei continenti, e l’oggetto dell’avidità per gli avidi. Il Messaggero – possano le preghiere e la pace di Allah rimanere con lui – sottolinea questo fatto in un suo nobile hadith, in cui si rivolge al suo venerabile compagno Mu’az bin Jabal [?-640], dicendo: “O Mu’az, Allah conquisterà la Siria per te, quando sarò morto, da al-‘Arish all’Eufrate. I suoi uomini, donne e schiavi diventeranno guardie di frontiera fino al giorno della resurrezione. Se qualcuno di voi sceglierà di rimanere nelle pianure siriane o palestinesi, rimarrà sempre in stato di jihad fino al giorno della resurrezione”.
Lo stato di jihad fino al giorno della resurrezione! Può la risoluzione dell’Onu far coesistere due popoli e due Stati?
Gjm
Mi complimento per l’articolo. In più giornali e siti web ho letto della soddisfazione di chi ha visto di buon grado la risoluzione dell’ONU. Tutti giornalisti che non hanno capito che questo non porta a niente se non a scontri più violenti, cominciando dai ricorsi all’Aja e le reazioni militari. Il vero problema, ha ragione l’autore, è che fino a quando ci sarà Hamas e politici come Netanyahu, non potrà esserci pace in Medioriente.