Parliamone tra qualche giorno

Si guarda intorno, gli sembra di essere lui l’epicentro di tutto, volta lo sguardo verso quello che si è lasciato dietro. Sapete che sapore ha un edificio crollato? Di presente diventato passato tutto insieme e senza consenso dell’interessato. Di presepe, mai variato nella sua struttura che un natale all’improvviso e senza avvertire viene scombinato dai capricci di un bambino senza decenza.
Il futuro? non parliamone, è perso dietro quella nuvola di calcinacci, che poi è la nuvola generata dal passato di un sisma che va via di scossa in scossa per non congedarsi mai, adesso dopo quella scossa ha deciso il futuro. Anche lui sarà ciò che un terremoto ha deciso che dovrà essere, un uomo senza lavoro, senza casa. Non si può dire senza futuro, perchè è metaforico. Per quanto di merda il futuro si compone di particelle di minuti che cominciano a scorrere dal momento ha salva la vita solo perchè è uscito dal capannone dove lavorava. La fortuna è una guardia doganale, ti fa passare a caso anche senza passaporto in regola, chi non le è simpatico resta fuori.
Il problema è dove volgere lo sguardo, verso un futuro di tendopoli o un passato di macerie?
Volgerlo in alto? Non gli va, gli viene in mente la battuta di Al Pacino su Dio ne: “l’Avvocato Del Diavolo”. Un padrone assenteista, ne avrebbe la tentazione di definirlo peggio. Si frena. La fede è fatta anche e soprattutto di messe alla prova.
Comodo credere in Dio quando non hai colpevoli e ce l’hai dalla tua parte. Più comodo quando non hai mai colpe e se ci sono il colpevole è il maggiordomo e mai tu.
 
Il passato si dovrebbe sgretolare con calma, il futuro presentarsi con deferenza.
Poi tutto sbagliato, ma questo non era il lato del mondo dove si viveva meglio? Non era l’occidente della depressione e dei disturbi alimentari che non verrebbero mai a gente che la mattina deve scansare mine antiuomo?
La dialettica non regge, peggio della chiesa pericolante alla sua destra.
Facile anche ricorrere alle metafore, i sogni e le aspettative che crollano. Possibile che una tragedia del genere inneschi solo banalità tra i suoi pensieri?
Vorrebbe non pensarci, vorrebbe, ma non ce la fa.
Torna quel refrain fastidioso.
Quello di quando aveva una casa sua e un lavoro non sepolto sotto i calcinacci. Quando guadava con tremore le vittime di un altro terremoto devastante in Abbruzzo. Ma gli veniva da essere solidale, pregando come tutti che niente del genere lo toccasse mai. Lo scuotesse così.
Pensa che non gli interessa quel rigurgito di solidarietà fatta di sms, offerte di posti in albergo e attenzione compassionevole. O meglio gli interessa, ma lo immalinconisce.
Tra qualche mese, anno, decennio, lui sarà ancora in quel futuro polveroso? E tra qualche anno, saranno tutti così gentili con lui? E pietosi con le vittime che avevano il suo stesso sangue o un lavoro come il suo?
 
In questi tempi di solidarietà emotiva fuggevole se lo chiede. Si sente circondato da anime buone, ma lo pervade il timore che poi inseguano una tragedia più di moda della sua. Paura di essere dimenticato. 
 
 
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