Le misure varate dal Cdm non prevedono il reintegro per i licenziamenti cosiddetti economici. Per i licenziamenti per motivi economici, infatti, viene stabilito che il datore di lavoro puo’ essere condannato solo al pagamento di un’indennita’. Il diritto alla reintegrazione nel posto del lavoro sara’ invece disposto dal giudice nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. Una proposta made in Germania.
Il modello tedesco ha delle caratteristiche completamente diverse dall’ordinamento italiano va ricordato che per i lavoratori tedeschi il reintegro non è un diritto. Spetta al giudice, con un certo grado di discrezionalità, stabilire se il dipendente licenziato ingiustamente debba tornare o meno al proprio posto. In altre parole, una forma di risarcimento stabilita dal giudice. La normativa sui licenziamenti economici non è al di sopra di ogni sospetto; personalmente sono convinto che molte aziende faranno passare per economico il licenziamento di altra natura.
Il Governo ha incentrato larga parte del negoziato sull’attacco forte e strumentale all’art.18, rendendone così inutile l’effetto deterrente e di fatto spianando alle parti
datoriali la strada per facili e ben mirati licenziamenti. Se l’obiettivo del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro approvato dal consiglio dei ministri con la formula ”salvo intese” è questo,
http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2012/riforma_mercato_lavoro_230312.pdf) sono altresì convinto che in Italia non ci sarà un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, ma si apriranno le porte ad uno“sfoltimento” aziendale travestito da economicità.
La parola al Parlamento.
Aldo Mucci