Agrigento – E’ divenuta definitiva la sentenza di condanna per i tre imputati del primo troncone di inchieste riguardanti l’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Infatti, la Corte di cassazione ha confermato la condanna, seppur con alcuni distinguo, dell’imprenditore agrigentino, Marco Campione e degli ingegneri Francesco Miccichè e Antonio Raia. Per il primo dieci mesi di reclusione (un anno in appello) per i professionisti, invece, un anno di reclusione (un anno e due mesi in appello). La vicenda è andata così: la Corte di Appello di Palermo, invertendo il giudizio di primo grado, aveva condannato l’imprenditore Marco Campione e gli ingegneri Francesco Miccichè e Antonio Raia perché ritenuti responsabili dei reati di falso ideologico, truffa e abuso d’ufficio. Un anno di reclusione è stato inflitto a Campione, rappresentante della ditta appaltatrice, un anno e due mesi per Micciché, ingegnere-capo responsabile dei lavori e capo del settore tecnico dell’Asl 1 di Agrigento e Antonio Raia, direttore dei lavori. I giudici della sezione prima penale (Giancarlo Trizzino, presidente; Antonia Pappalardo e Donatella Puleo, consiglieri) avevano totalmente riformato la sentenza di primo grado che aveva visto assolti i tre imputati con la formula il fatto non sussiste. Inoltre, i magistrati di Corte d’Appello avevano interdetto dai pubblici uffici i tre imputati per la durata della pena e li ha condannati al pagamento delle spese processuali. Ma c’era di più: la Corte aveva anche dichiarato la falsità degli stadi finali dei lavori e dei certificati di ultimazione dei lavori trasmettendo gli atti del processo alla Procura generale della Corte dei conti per quanto di loro competenza. In primo grado l’accusa “puntava”, in particolare, la sottoscrizione di un atto pubblico in cui si attestava falsamente la fine dei lavori entro la data utile prevista dal capitolato d’oneri, e cioè il 29 novembre del 2002. Secondo la tesi accusatoria sostenuta dal Pubblico ministero Manuela Persico, i lavori di completamento non sarebbero stati ultimati entro la scadenza prevista dal contratto ma sette mesi dopo. Per questa ragione la ditta appaltatrice avrebbe dovuto versare all’Azienda ospedaliera una penale di oltre un milione e 300 mila euro. Per la Procura di Agrigento il presunto accordo fra gli imputati nel redigere il falso attestato avrebbe procurato un “ingiusto profitto” alla ditta appaltatrice che avrebbe quindi evitato di sborsare la penale all’azienda. Ma tale tesi non aveva convinto i giudici del Tribunale di Agrigento che precedentemente avevano emesso sentenza con ampia formula assolutoria. Inevitabile in ricorso in appello, proposto dal Procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Luca Sciarretta ed il processo adesso si è definitivamente concluso con la condanna degli imputati. Il Procuratore generale, Iacoviello, della Suprema Corte aveva chiesto il rigetto dei ricorsi e il rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo. A Roma in Cassazione hanno assistito gli imputati, gli avvocati Scozzari (Raia e Miccichè) e Diego Galluzzo e Marco Franco (per Campione) I tre odierni condannati sono indagati in altro procedimento penale, insieme ad altre 25 persone, con riferimento ad altra indagine condotta dalla Procura di Agrigento sempre riguardante l’ospedale che aveva portato al sequestro della struttura sanitaria. Si tratta della clamorosa vicenda della costruzione del nuovo ospedale di Agrigento con cemento depotenziato.
(Fonte: http://www.grandangoloagrigento.it/ )