Crescita lenta, indebitamento fuori controllo, un governo inefficace e screditato agli occhi del mondo intero, i conflitti d’interesse di un premier che fa il presidente del Consiglio a tempo perso. Questo il mix esplosivo che fa precipitare nel baratro una nazione con un debito pubblico pari al 120 per cento del prodotto interno lordo, e che rappresenta una crescente minaccia per la sopravvivenza dell’euro.
Una situazione economica che con altri precedenti governi avrebbe portato immediatamente a drastiche misure d’intervento, gestite da un governo ad interim di unità nazionale, ma che in questo caso non trova soluzione, visto che chi lo guida non può ricorrere a misure straordinarie che finirebbero per penalizzare i propri personali interessi. Un esempio per tutti, la “patrimoniale”.
Ieri, poco prima della dichiarazione del Presidente Napolitano, le principali associazioni di categoria hanno detto chiaro che Berlusconi deve agire immediatamente o “trarre le conseguenze”.
Berlusconi ha agito.
Lo ha fatto parlando con il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente Napolitano per telefono, ai quali ha ripetuto che è determinato a portare avanti le riforme promesse al vertice dell’Unione europea della scorsa settimana a Bruxelles.
Promesse contenute in una “lettera di intenti” che delinea le proposte per le cosiddette “riforme strutturali per la crescita.” Riforme, che annulleranno tutte le lotte di classe dal dopoguerra in poi, cancellando i diritti dei lavoratori, ma anche di studenti e anziani.
Un attacco ai diritti fondamentali e gli standard di vita dei lavoratori, un manifesto per la controrivoluzione capitalista.
Punti cardine del manifesto:
– Facilitare la concorrenza e l’attività economica, per aumentare la produttività e costi decrescenti.
– Definire un nuovo contesto amministrativo, normativo e istituzionale per favorire le aziende.
– Adottare misure per facilitare l’accumulazione di capitale.
– Superare il dualismo (pubblico-privato), pareggiando i salari dei lavoratori pubblici e privati, portandoli verso la fascia più bassa.
Condizioni economiche e di diritti dei lavoratori, che riportano a oltre ottanta anni fa, prima che con l’avvento di Mussolini al potere, gli italiani si vedessero riconosciuto il diritto alla pensione, allo studio, al limite delle ore di lavoro.
Il sistema scolastico destinato a subire una profonda trasformazione, privilegiando la scuola privata a quella pubblica e promuovendo la concorrenza tra le università.
Scuole costrette a operare a scopo di lucro.
Licenziamenti regolati da un nuovo codice del lavoro, essenzialmente dando carta bianca ai datori di lavoro di licenziare per ragioni economiche, consentendo loro di ricattare i lavoratori per costringerli ad accettare salari più bassi.
In questo nuovo contesto, anche il pubblico impiego è destinato a seguire le trasformazioni che avvengono nel privato. Infatti, con la scusa di “trasparenza, efficienza, flessibilità e ridurre il costo della pubblica amministrazione”, nuove regole per la privatizzazione e tagli del lavoro sono in preparazione.
Il documento dichiara l’intenzione generale di procedere ai tagli salariali.
Età pensionabile a 67 anni per uomini e donne entro il 2026, completano il quadro di un paese che avvia verso la privatizzazione anche servizi primari quali la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche
Per attuare tutto ciò, è in corso una riforma costituzionale che segna un antidemocratico spostamento dell’equilibrio dei poteri a favore del potere esecutivo.
Un capitolo a parte meriterebbe la vendita di beni pubblici a privati – come sta già avvenendo in Grecia -, visto che in nome di un risanamento del debito pubblico, si potrebbe procedere ad una “svendita” in favore di gruppi di potere vicini all’attuale esecutivo.
Un’ipotesi non proprio peregrina, il cui progetto parrebbe essere stato avviato già da tempo.
una situazione che rischia di diventare incandescente, visto come la riforma colpirebbe ampie fasce della popolazione – le più deboli -, creando scontenti e tensioni sociali, in un paese che assiste inerme alla salvaguardia delle caste e di chi possiede immensi patrimoni che non intende vedersi ulteriormente tassati.
A tutto questo, sembra aver pensato il ministro dell’ Interno, Roberto Maroni, proponendo l’ “arresto preventivo” e l’obbligo per gli organizzatori di manifestazioni di conferire una preventiva garanzia patrimoniale al fine di coprire eventuali danni provocati dai manifestanti.
Leggi dure, che più che contestate, meriterebbero di essere estese. Vista l’attuale situazione politica infatti, considerato l’elevato numero di parlamentari condannati per reati a volte anche molto gravi, l’applicazione di leggi dure nei confronti di chi potenzialmente potrebbe delinquere – così come molti nostri politici hanno dimostrato di saper fare -, potrebbe trovare applicazione anche in ambiti diversi da quello della repressione di qualsiasi manifestazione di protesta.
Così come encomiabile appare la proposta dell’obbligo per gli organizzatori di manifestazioni di conferire una preventiva garanzia patrimoniale al fine di coprire eventuali danni provocati dai manifestanti, che potrebbe trovare applicazione anche nelle competizioni elettorali, costringendo i partiti a fornire ai cittadini le stesse garanzie patrimoniali al fine di coprire eventuali danni provocati dai loro candidati, che, come già assodato, superano di gran lunga la sommatoria dei danni di tutte le manifestazioni mai avvenute nel nostro paese.
Nessuna proposta si legge nella lettera d’intenti in merito alla “patrimoniale”, in riferimento ad eventuale sequestro dei beni di politici corrotti o collusi con organizzazioni criminali, né quanto altro sarebbe potuto servire alla nazione per uscire dalla crisi e riconquistarsi un minimo di credibilità e dignità, che allo stato attuale certamente non ha…
Gian J. Morici
Sono una giovane mamma e sono tanto preoccupata per il futuro della mia bambina. Ho paura che quello che è successo in Grecia, possa capitare anche da noi. Spero soltanto di non dovermi pentire di avere messo al mondo la mia bambina.
Miriam D.