Indignados in Spagna, proteste in Grecia, rivolte in buona parte del mondo arabo, fino alla protesta organizzata dal movimento Occupy Wall Street (Occupare Wall Street), che ha portato all’arresto di 700 persone che hanno bloccato il traffico sul ponte di Brooklyn.
La crisi economica, suscita preoccupazioni e proteste ovunque. E ovunque, i governi sanno già che dovranno fronteggiare il malessere di popoli che li ritengono responsabili di quanto sta accadendo.
La politica e le lobby, temono il malessere sociale dilagante, che rischia di dar fuoco alle micce della protesta che si sta allargando anche in altre città americane. Nonostante siano trascorsi oltre ottanta anni dalla grande crisi della fine degli anni 20, forse abbiamo imparato ben poco e almeno quattro dei cinque punti che secondo l’economista John Kenneth Galbraith rappresentarono i fattori di debolezza nell’economia americana responsabili della crisi, li ritroviamo ancora oggi in quella che potrebbe diventare una recessione globale che paralizzerebbe l’economia per chissà quanti anni:
– cattiva distribuzione del reddito;
– cattiva struttura, o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
– cattiva struttura del sistema bancario;
– eccesso di prestiti a carattere speculativo.
Cina e Stati Uniti, vedono nell’Europa il maggiore fattore di rischio per l’economia mondiale, temendo che paesi come la Grecia, possano trascinare l’aerea euro, causando default a cascata e corse agli sportelli con esiti catastrofici.
Tra le mine vaganti per l’economia europea, l’Italia, la cui affidabilità ed immagine rappresenta uno dei problemi più seri tra quelli che potrebbero causare una regressione del sistema economico europeo.
Nonostante la nostra sia un’economia più solida rispetto quella di molti altri stati membri della zona euro, il nostro pacchetto austerità, prevede molte azioni che hanno già trovato applicazione in Grecia, ma senza con ciò offrire garanzie riguardo la nostra economia e la nostra credibilità.
Un paese corrotto e diviso da tifoserie politiche, che non si accorgono di come le loro divisioni facciano il gioco di una classe politica marcia, corrotta e inadeguata, e delle lobby che governano l’economia del nazione.
Eppure, sarebbe bastato poco a riacquisire credibilità e far fronte alle eccessive esposizioni debitorie nei confronti di altre nazioni: una legge, che prevedesse il congelamento dei beni di politici ed imprenditori, coinvolti in vicende di mafia, corruzione o altre forme di illegalità perpetrate nell’ambito della pubblica amministrazione (appalti truccati, finanziamenti illeciti ecc). Beni congelati, da far confluire a seguito di sentenze di condanna, in un fondo destinato al ripianamento del debito pubblico.
Ma sarebbe come chiedere al ladro di modificare il codice penale, inasprendo le pene per il reato di furto. Allora avanti tutta con i tagli alle spese, con il blocco degli stipendi, con la caccia ai piccoli evasori (i grandi non si toccano…), e, se è il caso, con i licenziamenti.
Quando avremo messo definitivamente in ginocchio la nostra economia, e quando “loro” avranno messo al sicuro il denaro per tanti anni frodato agli italiani, finalmente la finiremo con le tifoserie politiche. Ma cosa ci resterà?
Chi sbaglia paga! E pagheremo noi italiani, che abbiamo sbagliato nel non voler prendere atto di come le caste si sono tutelate in danno nostro, che, come imbecilli, abbiamo applaudito alle loro convention e ci siamo accapigliati tra noi in loro difesa.
Se gli Stati membri d’Europa hanno il grosso problema di salvare la Grecia dal default e l’Italia da sé stessa, per timore di rimanere coinvolti, Stati Uniti e Cina si pongono il problema ancor più grosso di salvare l’Europa dal disastro. A nessuno dei due Paesi conviene affrontare una recessione dell’area euro, che trascinerebbe anche loro nel baratro.
Barack Obama ha un piano di salvataggio del gigante europeo? Secondo Christine Lagarde il Fondo Monetario Internazionale con i suoi 384 miliardi di dollari di prestito potrebbe appena salvare la Grecia, ma non certo la Spagna l’Italia. Il FMI ha bisogno di un piano di salvataggio. E l’unico Paese che forse potrebbe salvare l’Europa e con essa il capitalismo globale, è la Cina. Migliaia di miliardi di dollari in denaro contante, che potrebbero arrivare in aiuto e salvare i paesi occidentali che, grazie a stili di vita irresponsabili, hanno buttato via centinaia di miliardi di euro.
Il governatore della Banca popolare cinese, Zhou, invita alla prudenza: “È troppo presto per stabilire in che modo si possono aiutare le economie emergenti dell’area euro per superare la crisi””.
Un modo forse di auto compiacersi, visto che anche lui sa che si tratta solo di una questione di tempo, ma poi le nazioni BRIC – Brasile, Russia, India e Cina – che hanno 4.300 miliardi dollari di riserve, e hanno nell’Europa un partner commerciale importante, finiranno con l’investire e calmierare i mercati.
Il rischio, è quello che eventuali ritardi potrebbero portare ad una manovra economica che non servirebbe più a nessuno. Se è pur vero che la Cina con i suoi 3000 miliardi dollari rappresenta al momento una delle nazioni con maggiori riserve e che un suo intervento potrebbe scongiurare la crisi, altrettanto vero è che il paese asiatico deve fare i conti con una povertà interna e con un notevole sforzo da fare, nell’ordine di centinaia di miliardi di dollari, per far fronte alla spesa pubblica. Un debito, che potrebbe non poter ripianare se le cose a livello mondiale dovessero andar male.
È il cane che si morde la coda. Nel frattempo, l’Italia va. Va con i suoi bunga bunga, con processi, escort e tangenti, con il suo malaffare. Tra latitanti, invitati ad esser tali, secessionisti dal dito teso e strimpellatori di mandolino, la barca Italia affonda e gli italiani continuano come allo stadio a fare il tifo.
“C’è qualcosa di osceno nel vedere paesi poveri e parsimoniosi dover andare in soccorso di quelli più ricchi e dissoluti”, ha scritto William Pesek. Osceno almeno tanto quanto vedere un popolo dividersi in tifoserie…
Ma, forse, gli italiani non sono mai stati un popolo. Forse sono sempre stati tifosi di due squadre diverse, alle quali interessa soltanto lo scudetto.
Gian J. Morici
* Le immagini in bianco//nero, sono tratte da Wikipedia e raffigurano momenti della grande crisi americana del ’29.
* La vignetta a colori (Berlusconi e la Marcegaglia – Parodia della tragedia del
Titanic!), è stata realizzata da Lillo Siracusa nel 2009. A distanza di due anni, rimane un tema di grande attualità, tornato prepotentemente alla ribalta dopo le ultime manovre economiche del governo.
Il mondo continua ad affondare nel caos: la miseria si estende fino al cuore dei paesi più sviluppati, la disoccupazione massiccia e di lunga durata non risparmia più nessuno, la guerra tra Stati tocca quasi tutti i continenti. Tuttavia, di fronte a questa distruzione permanente, certi governi non smettono di parlare di benessere, di prosperità, di progresso: dov’è il progresso nella guerra che, quasi dovunque, decima le popolazioni e distrugge le città, i campi, le foreste? Dov’è il benessere quando migliaia di esseri umani muoiono tutti i giorni di fame? Dov’è la prosperità quando più nessun uomo su questa terra può sapere quale futuro lo attende?
Di fronte a questo paradosso si è costretti a porsi delle domande: perché una società che si suppone debba progredire, portare sempre più benessere e sicurezza, riversa invece l’esatto contrario sull’umanità? Perché succede tutto questo? E’ forse una fatalità? La classe dominante dei paesi “ricchi” ha delle risposte: ci assicura che si tratta della “cattiveria” umana, della mancanza di democrazia, di difficoltà economiche passeggere dovute ad una cattiva regolazione dei flussi finanziari, al rialzo del prezzo delle materie prime sui mercati, all’appetito immorale degli speculatori sugli stessi mercati, ecc.
Ma queste “spiegazioni” stonano con lo stato della situazione e nonostante che le propinino da tempo le cose non migliorano, anzi proprio il contrario. Allora, perché un tale disastro dopo tutti i progressi che ha conosciuto l’umanità? Perché tutta questa miseria quando sembrano esserci tante ricchezze da sfruttare? In effetti queste “spiegazioni” passano accanto, evidentemente volontariamente, alla sola realtà in grado di permetterci di capire. Questa realtà è quella di una crisi economica molto più profonda, internazionale (la Cina è ricca ma il suo popolo affamato….), il fallimento della globalizzazione. queste considerazioni non sono mie, ma le faccio mie e le condivido con voi, come una ulteriore “appendice” ad un articolo che, a mio avviso, coglie la “non speranza” di tempi migliori. buon lavoro!