Di lì a breve sarebbe iniziato il suo calvario.
Cutrò iniziò a collaborare con la Giustizia, quando gli inquirenti a seguito di alcune intercettazioni telefoniche scoprirono le pressioni mafiose a cui era costretto a sottostare.
Inizialmente collaborò alle indagini in assoluto segreto, ma questo non fu garantito a lungo.
Ci fu una fuga di notizie che rese la sua collaborazione di dominio pubblico, portando lo stesso Cutrò, in un successivo dibattimento, a negare alcuni degli aspetti che riguardavano la sua collaborazione e arrivando ad essere indagato per falsa testimonianza.
A seguito dell’indagine su di lui, decise di raccontare tutto, sia dei soprusi mafiosi, sia delle vicende giudiziarie che lo vedevano protagonista, diventando per mezza Italia l’imprenditore “Coraggioso”.
Le sue dichiarazioni però risultarono fastidiose soprattutto per le forze dell’ordine, le stesse che si erano occupate fin dal principio della sua collaborazione, che videro messo in discussione il loro modus operandi a causa di un “pizzino”, consegnato al Cutrò da un Capitano dei Carabinieri, con su scritto: “la parola migliore è quella che non si dice”.
L’imprenditore di Bivona viene lasciato solo sia dalle Istituzioni (le stesse nelle quali credeva) sia da Confindustria.
Dal Confidi ( consorzio di garanzia collettiva dei fidi della Confidustria), gli venne negata la garanzia presso il Banco di Sicilia, riducendo sul lastrico lui e la sua famiglia.
A sua volta, il Banco di Sicilia, negò l’accesso al credito di Cutrò, condannandolo ad affermare il fallimento.
Ai piani alti della cosca hanno già decretato l’omicidio di Ignazio.
In Prefettura, nei Sindacati, in Confidustria e ai piani alti dell’Arma tutto continua a tacere, nonostante l’annunciata morte dell’Imprenditore.
“Dove non ha potuto la mafia – dice Cutrò – lo sta facendo chi ci doveva dare un mano d’aiuto”.
Dopo undici anni di interminabile calvario, Cutrò è un uomo solo, con gravissimi problemi finanziari, costretto per sfamare la propria famiglia a mettere in vendita il suoi organi su Ebay, la casa d’aste online.
Non ci resta che aspettare le risposte, non solo dalla classe politica, ma da Confindustria e dall’Antimafia.
Se la mafia non ti uccide fisicamente, fa si che siano gli altri a farlo attraverso l’emarginazione.
Debora Morici
Stento a credere che le istituzioni che dovrebbero aiutare chi denuncia mafia e malaffare diamo – così facendo – indirettamente una grossa mano alle mafie.
Quale fiducia può nutrire un onesto cittadino in in istituzioni quali forze dell’ordine, prefettura, banche, etc. e quale significato dare a parole come patria, onestà, legge, legalità, trasparenza.
Se le cose funzionano come è riportato da questo articolo la gente per bene cercherà sempre più in false ma certamente più rassicuranti divinità quali omertà e silenzio.
Speriamo che chi di dovere dia le risposte richieste ma, soprattutto, si diano da fare per aiutare cutrò e con lui tutte le persone oneste che quotidianamente lottano per un vero riscatto sociale ed economico della nostra terra.
Una volta un anziano, senza scuola..ma con tanta esperienza di vita mi disse che gli esseri umani sono divisi in tre gruppi : quelli che appartengono alle istituzioni; quelli che appartengono alle organizzazioni malavitose; infine il gruppo più numeroso…tutti gli altri….noi cittadini comuni…. praticamente.
Orbene, mi disse, quelli che appartengono alle Istituzioni hanno un poco di paura di chi appartiene alle organizzazioni malavitose perchè questi ultimi “ammazzano”. Quelli appartengono alle organizzazzioni malavitose hanno un poco di paura di chi appartiene alle Istituzioni perchè questi ultimi “arrestano e condannano”. Poi infine c’è il terzo gruppo… i cittadini comuni … che non fanno paura a nessuno e devono temere sia talune Istituzioni che i delinquenti. Ha ragione l’anziano ignorante ? potrebbe essere il caso di Cutrò ? Se è così….è desolante! Un saluto.
complimenti debora kiss