Foto, documenti, un immaginabile groppo alla gola, lacrime di dolore e di rabbia. Sono i figli che leggono la storia della fine del padre.
Questa è la storia di un uomo, un padre di famiglia, un carabiniere. Un uomo con gli alamari cuciti sulla pelle, ma al quale dentro la divisa batte un cuore che pulsa d’amore per la moglie e i figli. A volte il destino sa essere veramente crudele.
Si chiamava Antonino Lombardo. Un Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, che il 4 marzo 1995, decide di togliersi la vita, sparandosi con l’arma d’ordinanza nell’auto parcheggiata nel cortile del Comando Legione carabinieri Sicilia di Palermo. Accanto a lui, una lettera e mille dubbi.
Rossella Lombardo è la figlia del Maresciallo Lombardo.
“Una settimana prima della morte di mio padre, guardavamo il telegiornale che dava notizia di un uomo che si era tolto la vita perché aveva perso il posto di lavoro. Non dimenticherò mai quella scena, mio padre diede un pugno fortissimo sul tavolo dicendo che non bisognava mai arrivare a quel punto, che a tutto c’è un rimedio, a tutto c’è una soluzione”.
Eppure suo padre arrivò a quel punto…
“No, è impensabile che una settimana dopo mio padre potesse fare un gesto simile… è follia pura. Io da subito ho urlato che secondo me mio padre non ha assolutamente compiuto quel gesto, proprio perché conoscevo mio padre. Di cosa avrebbe dovuto avere paura?”
Nel corso della trasmissione “Tempo Reale”, condotta da Michele Santoro, suo padre era stato accusato da Leoluca Orlando e Manlio Mele, rispettivamente sindaco di Palermo e sindaco di Terrasini, di “stare dalla parte della mafia”…
“Le dichiarazioni di Orlando? Mio padre sapeva perfettamente che si sarebbe difeso da quelle assurde infamanti accuse. Sì, papà provò una grandissima delusione per il fatto che l’Arma dei Carabinieri non prese pubblicamente le sue difese, visto che a lui non veniva data la possibilità di farlo, così come avevano impedito al Generale Federici che immediatamente aveva provato a chiamare in trasmissione e gli venne negata la possibilità di intervenire. In procura non c’era nulla contro mio padre, al contrario di quello che diceva Orlando… non fu certamente questa la causa della sua morte. La sera stessa aveva scritto con il suo avvocato una querela… l’unica cosa che mi viene in mente per giustificare un gesto simile, il fatto che avevano detto che avrebbero toccato la sua famiglia?”
Poteva essere una forte motivazione…
“Certo, papà era molto legato a noi, ai figli, a mia madre… ma in quel caso si dovrebbe parlare di istigazione al suicidio… Perché la Procura di Palermo ha avuto fretta di archiviare? Dopo la morte di mio padre, ci fu un’altra puntata della stessa trasmissione, nella quale intervennero ufficiali dei Carabinieri, ma a quel punto, per quanto mi riguarda, non serviva più a niente. Sarebbe servito prima, non dopo”
La voce di Rossella, si incrina un po’, tradisce un sentimento misto di dolore, delusione e rabbia, ma anche quel misto di angosce e dubbi che nascono da una mancata verità, una mancata giustizia come nel nostro Paese ce ne sono tante, troppe…
“Perché è morto mio padre? Io ancora a distanza di 25 anni non lo so. Perché non è stata effettuata l’autopsia? Un carabiniere decide di togliersi la vita all’interno della caserma e non si ritiene importante l’autopsia? A noi viene detto che non è stata fatta per una questione di umanità, ma stiamo scherzando? Si ritiene di poter offendere l’intelligenza delle persone?”
Cosa sarebbe cambiato?
“Forse molto… ci sono troppe anomalie… Dalle fotografie di quella sera, delle quali siamo venuti in possesso da poco, ci sono tanti particolari che a tutto portano tranne che a pensare a un suicidio. Accanto al corpo di mio padre, sul sedile al lato destro, viene rinvenuta la presunta lettera nella quale scrive: ‘Mi sono ucciso per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita’. Come si spiega che la lettera è pulita? Com’è possibile che all’esterno del sedile dov’è il corpo di mio padre, ci sono delle macchie di sangue, come nel solo bordo sinistro del sedile passeggero, mentre questa lettera non ha una macchia di sangue? Soltanto se si apre la lettera, c’è qualche schizzo di sangue qua e là…Un’altra stranezza da film hollywoodiano, è vedere questo corpo in macchina che impugna ancora la pistola, in grembo, con il dito sul grilletto. Io non sono un perito balistico, non sono un medico legale, ma con chiunque parlo tutti mi dicono che è impossibile che la mano possa ritrovarsi in quella posizione. Lo stesso rinculo dell’Arma porterebbe il braccio a cadere in perpendicolare… invece no, la posizione è completamente diversa…”
Faccio una breve pausa, ho l’impressione che lei stia rivedendo nella sua mente le immagini… quelle immagini che certamente l’hanno sconvolta, che sicuramente l’avranno fatta piangere le stesse lacrime di 25 anni prima.
“Come è possibile che il PM che si è trovato là quella sera, abbia preso la decisione di non effettuare l’autopsia? Anche per quanto riguarda l’ogiva, doveva essere deformata… è integra, pulita… almeno quella che noi vediamo in foto. In un articolo di Attilio Bolzoni, pubblicato pochi giorni dopo la morte di mio padre, il giornalista aveva scritto che questa ogiva non si trovava. Un altro mistero, se non si trovava l’ogiva, quella in fotografia qual è? Dove l’hanno presa? Leggo dai verbali della Scientifica, che il proiettile viene ritrovato dietro la macchina. Che traiettoria ha fatto quel proiettile?”
Voi non avete nominato un perito balistico di parte?
“Sì, per il nostro perito è pura follia. Lo è lo stato dell’ogiva, la traiettoria che espongono, la canna della pistola pulita senza neppure una goccia di sangue… poi, non si trova l’ogiva, non si trova la pistola… Fabio, mio fratello, in Procura ha chiesto sia l’ogiva che la pistola per farle analizzare al nostro perito balistico. Non esiste nè l’una e nè l’altra. Anche questo è possibile? Di stranezze ne sto vedendo e sentendo una marea…”
I dubbi sono tanti e certamente a dissolverli non aiuta il modo in cui sono state condotte le indagini, la fretta nell’archiviare il presunto suicidio. Un suicidio archiviato, ma i cui atti erano secretati.
“Le sembra normale che tutta questa documentazione sia stata desecretata dopo tutti questi anni? – prosegue Rossella Lombardo – Perché tenerli secretati visto che era stato archiviato come suicidio, c’è forse qualcosa che porta a pensare che di tutto si tratta tranne di suicidio?”
Già, perché secretare gli atti inerenti un caso risolto e archiviato?
“A me vengono in mente soprattutto gli ultimi giorni di papà. Ripensando a quei giorni non posso mai credere che mio padre abbia preso questa decisione… Sicuramente era molto amareggiato per quanto accaduto, questo sì, ma forse lo era ancora di più per l’essersi sentito solo, isolato… Papà doveva partire per andare negli Stati Uniti… Aveva incontrato due volte Badalamenti e questa terza volta sarebbe stata quella determinante perché Badalamenti potesse venire in Italia. Non sarebbe venuto come pentito, questo lo ha sempre detto, ma soltanto come testimone. A lui premeva soprattutto il processo per l’omicidio del giornalista Pecorelli…”
Non pensa che tutto questo avrebbe potuto mettere in discussione le attività svolte dai magistrati rispetto ai processi o talune ipotesi investigative e che dunque ci potesse essere anche qualche perplessità anche in ambito giudiziario?
“Questo non posso affermarlo con certezza, ma credo che ci sarebbe stato un terremoto a livello giudiziario. Credo che il rientro di Badalamenti in Italia non avrebbe fatto piacere a molti. Poi le cose sono andate come sono andate… Il viaggio in America per portare Badalamenti in Italia non si fece più, papà è morto e Badalamenti non è più venuto in Italia… è come se qualcuno avesse voluto fermare questo viaggio, avesse voluto fermare mio padre. Badalamenti in Italia non doveva venire. L’unico modo per fermarlo qual era? non fare partire il Maresciallo Lombardo, perché lo sapevano tutti che Badalamenti in Italia sarebbe venuto soltanto con mio padre. Dopo la morte di papà, ci furono altre stranezze. Non si doveva venire a sapere che Badalamenti doveva venire in Italia con mio padre… sono scomparse relazioni a firma di mio padre… si è fatto di tutto per non fare sapere quello che era successo prima della morte di mio padre”
Perché?
“Questo andrebbe chiesto a qualcun altro, non a me… Mio padre è morto e tutto è rimasto per com’era… Del viaggio americano che non si fece più nulla, l’Arma disse che volevano tutelarlo, che non volevano sovraesporlo. Non lo mandi in America per non sovraesporlo e me lo mandi a portare il pentito Salvatore Cangemi… non mi sembra una cosa meno pericolosa… Secondo me papà si aspettava qualcos’altro dai suoi superiori. Stava vivendo un periodo caldo. Una settimana prima, qui a Terrasini, era stato ucciso il suo confidente. Era stato un duro colpo per mio padre, un colpo devastante, ma non si spaventava mai per sè stesso, pensava alla sua famiglia. Pensava a noi figli, alla moglie… credo che vivesse quel periodo con la paura che potesse succedere qualcosa a noi. La notte prima che mio padre morisse ci hanno fatto pure scappare il cane che non si è mai più trovato. Tanti piccoli particolari che sicuramente ci hanno fatto preoccupare, ma non a tal punto da prendere quella decisione… a questo non ci crederò mai. Quando morì papà, io avevo 16 anni. Ero nel periodo più delicato della mia vita. Mio padre per me era tutto, era il punto di riferimento… lo era per tutta la famiglia, ma con me aveva un rapporto particolare… Per me è stato come morire con lui. Da allora si è continuato ad andare avanti, a vivere non lo so. Solo andare avanti… la mia vita si è fermata a quel maledetto 4 marzo 1995. Vederlo poche ore prima a casa, parlargli e poi vederlo dentro una bara con una fascia in testa sporca di sangue, non è stato un trauma, di più… Nessuno aveva avuto il coraggio di dirci come era morto. Ci diedero soltanto la notizia che era morto. Noi demmo per scontato che fosse stato ucciso visto il momento che si stava vivendo… L’abbiamo scoperto soltanto quando siamo arrivati al Comando Legione quello che era successo. La morte di papà è un dolore vivo che viviamo ogni giorno, perché a casa mia non c’è giorno che non si parli di mio padre. Ogni giorno lo ricordiamo e riviviamo quei momenti…”
Mentre ascolti la voce della figlia, il pensiero va alla figura del padre, non del Maresciallo Lombardo, ma di Antonio Lombardo, una moglie, i figli, le piccole e grandi gioie che la vita può regalarti. Morire quando hai solo 49 anni… e poi, morire in quel modo, senza un perché e senza che neppure si sappia con certezza come e perchè sei morto. Di ambiguità ce ne sono tante in questa storia di sangue, dolore, ma anche di tanto amore per la famiglia.
“Dietro la morte di mio padre, ci sono delle cose molto pesanti che riguardano alcuni pezzi dello Stato. Che questa morte sia stata voluta, ne sono pienamente convinta. Da chi, mi piacerebbe scoprirlo. In questi 25 anni non ho mai parlato, sono stata sempre zitta, non ho mai detto nulla… Adesso sento il bisogno di parlare perché è una cosa che mi brucia molto. È inutile nascondere ancora dopo 25 anni certe verità che secondo me sono talmente palesi… Vogliamo fare finta ancora di non vederle, di non capirle? Che ci sia una responsabilità da parte di alcuni esponenti dell’Arma dei Carabinieri lo penso pure io, non è solo un pensiero di mio fratello. Mio padre per l’Arma ha dato la vita e per i suoi superiori avrebbe fatto qualsiasi cosa, perché mio padre era uno che diceva sempre ‘Comandi… Signorsì…’ e sono sicura che mio padre è morto dicendo ‘Comandi, Signorsì’. Papà aveva cercato un aiuto da parte dei tuoi superiori, un aiuto che non c’è stato. Una settimana prima di morire aveva chiesto di andare via per un po’ dalla Sicilia, perché aveva capito che il territorio era diventato pericoloso per la sua famiglia… Papà ne aveva parlato con noi, ci aveva chiesto se eravamo disposti ad andare per un po’ di tempo all’estero per fare calmare le acque… Noi ovviamente eravamo d’accordo, perché capivamo quello che stava succedendo. Dinanzi la sua richiesta ci fu un muro insormontabile, gli venne detto che lui serviva qui. Com’è possibile che non volete mandarlo in America per non esporlo, però mio padre vi chiede di andare via per un po’ di tempo e voi dite no, tu ci servi qui? Sapevano benissimo che qui il territorio scottava, che era stato ucciso il suo confidente… Per questo dico che in ogni caso ci sono delle responsabilità nella morte di mio padre. Un suo superiore, del quale non voglio fare il nome, che si riteneva molto amico di mio padre, anni fa venne casa mia e prima di andare via mi disse: ‘La verità, quella vera, vi farebbe ancora più male’. Mi dici una frase del genere ma non mi dici il perché mi sta dicendo questa frase? Di quale verità stai parlando?”
Nella voce si sente un moto di rabbia, quella rabbia che nasce dal non sapere, dal non aver ricevuto giustizia.
“C’era anche una relazione del Sisde, questa relazione è stata mai analizzata da parte della Procura di Palermo? Qualcuno si è preso mai la briga di vedere e verificare quello che c’era scritto in quella relazione? La Procura di Palermo, che ha fatto? Perché non si è smosso niente, perché si è avuta la fretta di archiviare il caso come suicidio? Cos’è che fa pensare a un suicidio, una lettera e una pistola? Io ho visto quelle fotografie, quelle maledette fotografie, e ho letto le dichiarazioni di chi era presente quella sera…Mi viene da piangere… Com’è possibile che nessuno ha visto ne sentito niente?”
Una caserma, un sabato sera, quando il silenzio è assordante. Due piantoni, uno al comando Battaglione e uno al comando Legione, non vedono entrare quest’uomo. Possibile che nessuno lo abbia visto, che nessuno senta il colpo di pistola? Troppi interrogativi irrisolti. Tanti dubbi, nessuna certezza.
“Solo uno lo sente, dice di sentire un tonfo. Dai verbali risulta che l’allora Capitano Ultimo dice di aver sentito un tonfo alle 22:30 e pensa che arrivi dall’ufficio dove si trovano le armi. Lo sente lui che si trova a 70 m di distanza e non il piantone che si trova a 20 m di distanza? L’auto di papà era un’auto di servizio, possibile che nessuno registrò l’ingresso di quell’auto, che nessuno lo vide? Non hanno visto entrare l’auto e hanno saputo della sua morte la mattina successiva. Uno dei piantoni parla di un’ambulanza che all’improvviso si presenta lì al Battaglione. Lui la ferma e chiede dove stia andando e cosa sia successo. L’autista risponde che c’è un uomo che sta male… che sono stati chiamati perché c’è un uomo che sta male. Il piantone fa entrare l’ambulanza che fa il giro del cortile ed esce immediatamente. Perché arrivò l’ambulanza, cosa ha fatto, chi era che stava male? Il Capitano Ultimo dichiara che un Brigadiere gli riferì che c’era un uomo in un’auto che stava male… Un uomo sta male e te ne vai? Non chiami aiuto, non chiami i soccorsi, non fai nulla? Non ti avvicini per vedere che cos’ha, per vedere chi è? Cosa hai visto per dire che c’è un uomo che sta male? Guarda caso, tutti vengono interrogati tranne questo Brigadiere. non c’è nessuna dichiarazione da parte sua… nessuno ritiene importante chiedere al Brigadiere cosa avesse visto, chi avesse visto, chi è che stava male…”
Ma le stranezze non finiscono qui. Quella sera, al Comando Legione, il Maresciallo Lombardo s’incontrò con il Generale Cagnazzo, l’ultimo che lo vide vivo. Cosa si dissero? Questo non è dato saperlo. Il Generale riferì che Lombardo era tranquillo e sereno, addirittura rideva. Era talmente tranquillo e sereno da scendere in cortile e decidere di suicidarsi? Non fu quello l’unico incontro della giornata.
“Il Capitano Baudo, riferisce che incontra papà via Belgio, a Palermo, intorno alle 18:00 e di avergli detto di non andare assolutamente al Comando Legione e di non rispondere per nessun motivo al Generale Cagnazzo se lo avesse cercato per telefono. In Procura qualcuno ha chiesto al Capitano Baudo perché ha dichiarato questo? Perché il Capitano Baudo dice a mio padre di non andare assolutamente al Comando Legione e di non rispondere alle chiamate del Generale? Qualcuno se lo dovrebbe chiedere come mai… non mi sembra normale che tu consigli a mio padre di non andare al Comando e dopo poche ore viene trovato morto proprio lì…”
Sono tante le anomalie e a distanza di 25 anni diventa sempre più difficile far chiarezza. Ma Fabio e Rossella, i figli del Maresciallo Lombardo, non demordono, vogliono la verità, costi quel che costi.
“Le dico una cosa molto forte, preferirei sapere che mio padre è stato ucciso… conoscendo mio padre sono convinta che quella non fu una sua decisione, non fu un atto voluto da mio padre. Mia madre era la persona che viveva più direttamente la situazione… Papà si confidava con mamma, parlava di tutto con lei. Con noi figli certe cose non le affrontava, magari perché eravamo ancora dei ragazzi e non voleva metterci tensione. Di molte cose però ce ne parlava. Soprattutto negli ultimi tempi, in particolare con mio fratello Fabio… Mamma ricorda sempre che negli ultimi periodi lui era molto teso, molto in tensione. Anche quando uscivano magari per andare a cena fuori, la mamma notava che papà aveva degli atteggiamenti che di solito non aveva. Tendeva a proteggerla, anche in macchina… e lei capì che era un periodo particolarmente delicato. Una notte mio padre scoppiò a piangere all’improvviso. Una cosa che non aveva mai fatto. L’abbracciò fortissimo e le disse che se fosse successo qualcosa a lei o a noi figli non avrebbe potuto vivere senza di noi… Mamma chiese perché stesse dicendo così, se avesse saputo qualcosa o se avesse scoperto qualcosa. Papà le fece solo capire che c’era qualcosa che non andava, che era un periodo troppo ‘caldo’ e che aveva paura per la nostra incolumità. Mia madre ricorda questo particolare che la porta a pensare che mio padre avesse saputo qualcosa che la preoccupava molto. Mamma ha sempre raccontato anche un altro particolare. Fino ai primi di gennaio del 95, abitavamo in caserma a Terrasini. poi andammo a stare in una casa nostra, perché papà aveva lasciato la stazione dei Carabinieri per andare al Ros. Papà prima di lasciare la caserma disse mia madre che voleva portarla all’archivio per farle vedere una cosa e così un giorno andarono in caserma e la porto nella stanza dell’archivio e disse a mia madre ‘Vedi questo faldone? Se mi succede qualcosa, qua troverai la verità sul perché mi hanno ammazzato’…”
Rossella fa un’altra breve pausa, quasi a rimarcare con il suo silenzio quel ‘perché mi hanno ammazzato’ pronunciato da suo padre. Poi riprende…
“Ovviamente sentirsi dire queste cose non fa piacere… ma davanti a lui mamma si fece coraggio e gli disse di non preoccuparsi, che avrebbe tenuto bene a mente quello che gli aveva detto. Mia madre viveva quei momenti pesanti, pesanti dal punto di vista della paura. Sicuramente c’era la paura che qualcosa potesse accadere. Mamma l’aveva percepito e in casa non si viveva più quella serenità che avevamo sempre avuto in famiglia. Anche il fatto stesso che papà si volesse allontanare dalla Sicilia per un po’ di tempo, ci portava a pensare che ci fosse qualcosa. Credo che per lui il colpo peggiore sia stato l’omicidio del suo confidente… Il suo terrore era quello che potesse succedere qualcosa a noi… Quando muore papà, a mia madre viene immediatamente in mente il faldone in archivio. Si fa accompagnare in caserma per cercare questo faldone, ma stranamente non si trova più. La stessa sera che mio padre muore, era stata fatta una perquisizione a casa nostra. Io vorrei capire chi avuto la premura quella notte di andare a cercare non so cosa… sono venuti a casa, penso siano andati anche in caserma…”
Suo padre teneva tutto in caserma?
“No. Papà aveva una valigetta 24h che portava sempre con sé. Anche quella mattina uscì con la sua 24h che conteneva documenti dai quali non si staccava mai… ma, stranamente, con la morte di papà sparisce anche la sua 24h…la valigetta in macchina non si è trovata… Ci danno la notizia che mio padre è appena morto e ci perquisiscono casa… i documenti di mio padre spariscono… io non so più cosa pensare…A volte si pensa che dopo tanti anni il dolore si lenisca. Purtroppo non è così… certi dolori non è il tempo che ci aiuta a guarirli… Forse avremmo bisogno di verità. Di verità e di giustizia. Non dico che se un giorno ottenessi verità e giustizia potrei dimenticare, ma sicuramente servirebbe a dare una maggiore serenità alla mia vita. Finché non ci sarà giustizia questo non sarà possibile. L’amore nei confronti di mio padre era ed è immenso. Mi hanno privato dell’amore più grande che avessi nella vita. Io rinunciavo a uscire con le amiche per stare con mio padre. Amavo stare con lui, amavo ascoltarlo, guardarlo, parlare con lui… Avevamo una sintonia particolare. Credo che il rapporto tra padre e figlia sia veramente un rapporto unico. Non tutti hanno la fortuna di averlo… io ho avuto la fortuna di averlo e mi è stato tolto. Ma continuo a volerlo sentire sempre vicino… con lui parlo, piango… con lui rido… lui, in un modo o in un altro, devo sentirlo accanto a me…”
La voce di Rossella ha perso pure quella punta di rabbia che aveva. Sento il dolore, le lacrime che a breve scenderanno lungo il suo viso. Non pongo altre domande. A chi chiedono aiuto Fabio e Rossella, a quello Stato assente 25 anni fa come lo è oggi? Chi risponderà alle tante domande e ai tanti perché di un suicidio con tante anomalie? È meriggio. Il sole è alto e quest’estate sembra ancora più calda di quelle passate. Eppure, ripensando a quanto mi ha raccontato Rossella Lombardo, alla sua voce, ora stizzita di rabbia, ora roca di pianto, sento un brivido gelido attraversare il mio corpo…
Gian J. Morici
Nel dettagliato racconto di Rossella non trovo alcun riferimento all’esecuzione dell’esame tecnico del guanto di paraffina che avrebbe tolto ogni dubbio.
Signor Olino Renato le rispondo in merito alla sua domanda. È stato eseguito lo stub dal emergono incongruenze. Per quanto mi riguarda trovo gravissimo non aver fatto l’autopsia rispetto al quasi nulla eseguito con i piedi. Hanno analizzato gli indumenti dopo essere stati lavati, le sembra normale!? Poi su cosa hanno lavorato visto che l’arma e l’ogiva non si trovano, vorrei proprio saperlo.