In Occidente l’onda terroristica che ha caratterizzato il mese di luglio immediatamente dopo i fatti di Dacca, al momento sembra esseri fermata anche se l’ISIS risponde alle parole di conciliazione della Chiesa Cattolica minacciando di distruggere i Crocefisso nel mondo.
Non altrettanto avviene nelle “aree geografiche calde” come l’Afghanistan, la Siria e l’Iraq dove gli attentati si susseguono giorno dopo giorno, quasi un segnale di “allerta” per le cellule della Jihad sparse nel mondo.
In Afghanistan il 23 luglio a Kabul in piazza Deh Mazang due attentati suicidi rivendicati dall’ISIS, con 80 morti ed i ferimento di 250 persone. Ancora, scontro a fuoco a Kot ed il 31 luglio l’esplosione di un camion bomba di fronte ad un albergo che ospita stranieri e militari della NATO.
In Iraq continua lo stillicidio degli attentati kamikaze. il 24 luglio un attentatore si è fatto esplodere nei pressi di un ceck point a ridosso di un quartiere sciita a nord di Bagdad. Il 25 un ‘autobomba è esplosa nei pressi di un altro posto di controllo.
In Mali il 21 luglio ci sono stati molti scontri a fuoco tra ribelli tuareg della CMA (Comitato dei Movimenti dell’Azawad) coalizione che riunisce molti gruppi che rivendicano autonomie.
Nonostante tutto questo moltissime voci anche di spessore, quotidianamente si ostinano a negare l’evidenza. Se lo fanno per tranquillizzare le persone é un errore. Infatti, divulgare notizie tranquillizzanti in un momento di estrema incertezza induce una senso di “falsa sicurezza” e distoglie l’attenzione della popolazione verso un pericolo reale con cui é costretta a convivere. Israele insegna, invece, che i cittadini devono essere preparati e pronti a cogliere qualsiasi segnale che induca a sospettare che ci sia il pericolo di un attacco terroristico.
Altri si rifiutano di accettare la realtà per motivi politici, ma il risultato è sempre lo stesso e porta ad ignorare una situazione che, almeno per ora, dovrebbe entrare a far parte del nostro DNA.
Cercheremo, quindi di dimostrare questa evidenza ricorrendo ad un’analisi dei fatti non condizionata da preconcetti di natura socio / religiosa. Solo un’affermazione di base: lo Stato deve essere laico ed i rappresentanti di culto a qualsiasi livello e di qualsiasi credo religioso essi appartengano, siano devono esimersi dal negare ciò che invece é evidente e palesato dagli eventi.
Massimo rispetto per le Autorità religiose, civili ed istituzionali, ma quanto è accaduto ed continua ad avvenire in molte parti del mondo impone di mettere da parte i dogmi che portano a sconfessare l’evidenza dei fatti.
Se, invece. la negazione del pericolo terroristico deriva dal fatto che domenica 31 luglio venticinquemila mussulmani sui cinque milioni presenti in Italia, ha partecipato a funzioni religiose nelle nostre chiese, siamo di fronte ad un pragmatismo pericolosissimo degno di una cultura tradizionalista e demagogica, assolutamente pericolosa in questo momento. Alla stessa maniera affrettarsi a definire “psicopatici” gli attentatori come avvenuto in occasione degli ultimi atti eversivi distoglie l’attenzione da una realtà che si ripete da centinaia di anni. Uccisioni e vessazioni per opera di esponenti dell’Islam radicale impegnati a distruggere qualsiasi fede religiosa diversa da quella mussulmana.
Un target che i leader islamici hanno pianificato di raggiungere nel medio / lungo periodo ed a cui nel frattempo si avvicinano attraverso la strada del terrorismo per paralizzare con la paura tutto l’Occidente, destabilizzandolo anche attraverso l’immigrazione di massa.
I terroristi, infatti, sono veri e propri mujaheddin a cui è affidato un compito fondamentale, quello di indebolire la resistenza dell’avversario sul piano fisico e di indurre divisioni su quello politico. Una pratica che da sempre caratterizza il mondo islamico attraverso la “taqiyya” (bugia, dissimulazione). Una pratica finalizzata a plagiare i non islamici (i miscredenti), attraverso messaggi mendaci, finalizzati a convincere dell’ assoluto pacifismo dell’Islam.
Un concetto quello della tagyya che è possibile trovare anche nel Corano (3.28), un versetto che nel nome di Allah allontana i musulmani dagli “infedeli” ed i cui contenuti si richiamano all’affermazione di machiavellica memoria “il fine giustifica i mezzi”. Ossia “tu islamico puoi accettare un cristiano piuttosto che un buddista come amico” solo se costui può essere di aiuto per difendere l’Islam.
Altri versetti, invece, inducono alla violenza contro i non islamici. (2-191) “Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa è la ricompensa per i miscredenti”, (2.216) “Vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite”.
“Dogmi” che confermano l’evidenza del pericolo terroristico islamico, attualizzato da realtà incontrovertibili fra cui posiamo ricordare le principali. Erano mussulmani i Beltway Snipers, il tiratore di Fort Hood, gli attentatori del treno a Madrid e coloro che hanno attaccato il al Night Club di Bali.
Ed ancora, erano mussulmani gli attentatori alla metropolitana di Londra, gli aggressori al Teatro di Mosca, coloro che hanno abbattuto il volo PAN-AM ed i kamikaze di Beirut, dell’Ambasciata USA in Libia e coloro che uccisero gli atleti israeliani in occasione delle Olimpiadi a Monaco di Baviera.
Erano anche islamici gli attentatori al World Trade Center, gli aggressori a Mumbai in India come i dirottatori della nave da crociera Achille Lauro.
Per contro non esiste qualsiasi problema di convivenza con i Buddisti che vivono con gli indù, con gli Indù che convivono con i cristiani e con gli ebrei piuttosto che i cristiani che vivono con Shintos o gli Shintos che vivono con i confuciani, gli ebrei che vivono con Atei, gli atei che vivono con i buddisti.
Ci sono, invece, problemi di convivenza fra musulmani e indù, buddisti cristiani, ebrei ed Atei.
Realtà di intolleranza portate avanti in maniera cruenta da organizzazioni eversive islamiche come ISIS, Al-Qaeda, i Talebani: Hamas: Hezbollah, Boko Haram, Al-Nusra, Abu Sayyaf, Al-Badr, Fratelli musulmani: Lashkar-e-Taiba, Fronte per la Liberazione della Palestina, Ansaru, le Brigate Jemaah Islamiyah, le Brigate Abdullah Azzam Brigate,CAIR.
Un quadro di situazione che coniugato con i contenuti del Corano smentisce coloro che rinnegano l’evidenza del rischio terroristico e tutte le forme di intolleranza religiosa e culturale. Un rifiuto preconcetto che porta a non accettare, almeno sul piano probabilistico, una realtà che intacca le condizioni di sicurezza della popolazione.
Peraltro i successi della coalizione internazionale contro l’ISIS in Iraq ed in Siria ed ora anche in Libia, aumentano il rischio di possibili attentati terroristici “di reazione” in Europa e negli Stati Uniti. Lo stesso capo della FBI ha ammesso recentemente che è molto difficile fermarli od individuare le cellule specialmente se isolate.
Invece di negare, sarebbe più opportuno impegnarsi a divulgare i consigli di Ely Karmon, uno dei maggiori esperti israeliani di antiterrorismo. Karmon suggerisce di non ignorare o sottovalutare la minaccia ma di essere consapevoli che l’atto terroristico sia qualcosa che può avvenire in qualsiasi momento e coinvolgere tutti.
E’ quindi assolutamente opportuno non nascondere la testa sotto la sabbia, ma guardarsi intorno con vigile attenzione, segnalando qualsiasi particolare diverso dall’usuale che potrebbe indurre a pensare ad un atto terroristico.
Fernando TERMENTINI