Il 7 luglio del 2005 il primo attentato “fai da te” dopo il devastante attacco terroristico dell’11 settembre 2001 a New York e quello dell’11 marzo 2004 a Madrid.
A Londra protagonisti islamici di terza generazione. Un segnale importantissimo che indicava l’esistenza di una potenziale minaccia di cittadini occidentali se con lontane origini islamiche, pronti ad agire come “lupi solitari” dietro la spinta propagandistica dell’estremismo religioso. Azione oggi semplice, garantita dalla tecnologia del mondo del Web, in grado di esercitare una pressione psicologica costante nei confronti di soggetti che convivono con situazioni estreme di disagio.
A Londra, infatti, hanno agito terroristi non infiltrati per seminare terrore, ma cittadini dello Stato obiettivo dell’azione eversiva.
A luglio nel 2005 è nato un nuovo pericolo terroristico destinato ad essere confermato da eventi successivi. Il fallito attentato a Times Square a New York nel maggio 2010 pensato da Faisal Shahzad, pakistano naturalizzato americano residente negli USA. Il successivo tentativo di far esplodere in volo un aereo della Delta Northwest Airline da parte di Abdul Farouk Abdulmutallab, un nigeriano di 23 anni, preceduto della strage nella caserma di Fort Hood per opera di Nidal Hasan, ufficiale musulmano statunitense. Faisal interrogato dalla FBI ammise di essere stato addestrato in Pakistan nella regione del Wariristan a costruire “Improvised Device Explosive” (IED) nel più assoluto rispetto delle tradizioni dell’intransigenza islamica.
Il 16 aprile 2013 l’attentato a Boston ripropone la nuova minaccia. Gli autori i due fratelli Tsarnaev, di origine cecena. Dzhokhar Tsarnaev, 19 anni, è stato catturato ed il fratello Tamerlan, 26 anni, morto dopo uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine statunitensi.
Ragazzi arrivati negli Stati Uniti quasi in coincidenza dei fatti di Londra, assolutamente insospettabili, fuggiti dalla guerra civile cecena dopo aver vissuto in Kazakhstan. Mussulmani praticanti, come ha confermato il padre dal Dagestan, Repubblica caucasica della Federazione Russa.
L’attentato è stato compiuto con mezzi “artigianali”, due pentole a pressione imbottite di esplosivo non eccessivamente potente ed assemblate con tecniche consolidate e comuni agli elementi eversivi che vivono nelle enclavi terroristiche dell’Afghanistan, nei Balcani in Bosnia ed in Kosovo, in Iraq ed in Corno d’Africa.
A seguire gli eventi di Boston lettere contaminate con ricina, un potente veleno di origine naturale tra i più pericolosi, sostanza che non è di libera vendita né di facile reperimento, seguite da pacchi sospetti individuati in due edifici del Congresso, l’Hart e il Russell Buildings del Senato.
Un copione che ha già caratterizzato gli eventi post 11 settembre con i plichi all’antrace spediti a vari esponenti del Congresso Statunitense. Si ripropone, quindi, un “homegrown terrorism”, ossia un terrorismo nato in casa, con protagonisti ideatori ed esecutori cresciuti in realtà sociali non condivise e coinvolti da un disagio sociale religiosi fondamentalisti. Giovani considerati gente normale, spesso studenti modello, accumunati tra loro dall’interpretazione radicale delle regole religiose.
Gli attentatori del 2005 a Londra figli di immigrati pakistani ed assidui frequentatori delle moschee più radicali.
Tamerlan, uno dei due fratelli ceceni coinvolti nell’attentato di Boston, autore di un filmato pubblicato su Youtube intitolato “terroristi”, accompagnato da una colonna sonora inneggiante ad Allah. Non fondamentalisti arabi ma mussulmani europei estremisti. Gli attentatori di Londra nati in Gran Bretagna da genitori pakistani, i fratelli Tsarnaev nati in Cecenia, islamici europei.
Membri di una nuova matrice terroristica difficile da prevedere e sfuggente all’attenzione investigativa di chi è “professionalmente” concentrato a controllare solo il marocchino, l’algerino o il tunisino.
Se le ipotesi della FBI venissero confermate la nuova minaccia è rappresentata da “schegge impazzite” che potrebbero agire di iniziativa per affermare il “proprio io” attraverso atti eclatanti per cancellare la frustrazione indotta in loro dalla costrizione di dover vivere in società in cui non si riconoscono.
Piccoli gruppi su tre o quattro persone al massimo o singoli individui non collegati al network internazionale di Al Qaeda, ma che agirebbero in modo autonomo. Cellule che potrebbero essere collegate a forme di terrorismo interno indotte da estremismi di natura politica catalizzati dall’attuale recessione economica.
Facili prede della propaganda del fondamentalismo religioso sempre di più riconducile all’iniziativa di formazioni islamiche radicali residenti fuori del mondo mussulmano tradizionale. Primi fra tutti i wahhabiti residenti in Bosnia Herzegovina dove sono rimasti moltissimi jihadisti alla fine della guerra e che oggi ospita numerose madrasse disseminate nel Paese che propongono l’Islam più intollerante, tutte finanziate dall’Iran.
Forze che esercitano una forte pressione propagandistica attraverso il Web, come Bilal Hussein Bosnic, leader del movimento wahhabita in Bosnia Herzegovina che in questi giorni pubblica su Yu Tube “Abbiamo bisogno di mobilitare tutti, dovremmo stare tutti in difesa dell’Islam, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Dichiarazioni alle quali si sovrappongono le parole di un altro leader dei Wahhabiti quando afferma “Dobbiamo amare chi ama Allah ed odiare chi lo odia. ….. odiare gli infedeli anche coloro che sono i nostri vicini di casa ………”.
Una realtà quella del fondamentalismo islamico in Bosnia in crescita da anni e che gli USA hanno sempre sottovalutato, nonostante che quasi tutta l’Intelligence occidentale indichi la Bosnia come terreno fertile per il reclutamento di estremisti islamici.