Ampio spazio questa settimana su Centonove – rivista regionale di attualità politica ed economia – alle vicende che riguardano il paese di Leonardo Sciascia, ma che hanno ripercussioni anche a livello regionale e nazionale.
Due brillanti articoli a firma di Alida Amico e Franco Castaldo:
Racalmuto, in nome della ragione
Il ministro Cancellieri nel Comune sciolto per infiltrazioni mafiose
DI ALIDA AMICO
RACALMUTO. Quando al Viminale, le portarono sul tavolo la relazione per firmare lo scioglimento del consiglio comunale, rimase allibita. “Come è possibile, mi sono
detta, il paese di Sciascia, della cultura e della ragione, in mano alla mafia?”. Ma subito dopo l’esame del “malloppo” predisposto dai 3 ispettori prefettizi – che hanno passato al setaccio l’attività amministrativa svolta dal chiacchierato sindaco Salvatore Petrotto – il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, capì che doveva dare immediatamente l’okay allo scioglimento. “Sono sicura che anche Sciascia avrebbe capito e non poteva che stare dalla nostra parte…”. A pochi giorni dallo scioglimento del Comune (deliberato lo scorso 23 marzo dal Consiglio dei Ministri), per infiltrazioni mafiose – che ha comportato anche lo slittamento delle elezioni amministrative (avrebbero dovuto svolgersi a maggio) – il ministro dell’Interno arriva nella cittadina agrigentina in coincidenza con l’insediamento della commissione prefettizia (capeggiata dal prefetto Gabriella Tramonti), che dovrà guidare il “paese della ragione” tanto caro a Sciascia, nei prossimi 18 mesi. “Lo stato è vicino ai racalmutesi ed a tutti i siciliani – ha assicurato Cancellieri – in nome della legge e della ragione, che per Sciascia era un punto di riferimento, chiedo a tutti i cittadini di Racalmuto di credere che questo può essere un momento di rinascita…”.
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La testimonianza del boss pentito che ha detto ai giudici dell’okay al Mpa
DI FRANCO CASTALDO
PALERMO. Raffaele Lombardo lo ha attaccato a testa bassa, ma la sua deposizione nell’ambito del processo a carico del presidente della Regione e del fratello Angelo per reato elettorale “pesano come macigni”. Così, anche se al governatore «viene la nausea a sentire gentaglia da strapazzo e farabutti, ai quali non ho mai dato confidenza, dire sciocchezze di dimensioni mondiali che vengono prese da qualcuno come oro colato», le parole di Maurizio Di Gati hanno avuto vasta eco, soprattutto alla luce della richiesta di rinvio a giudizio nell’ambito dell’altro procedimento a carico dei fratelli Lombardo, quello per concorso esterno in associazione mafiosa. CHI è DI GATI. Prima boss mafioso e reggente di Cosa nostra in provincia di Agrigento, poi pentito eccellente e grande accusatore del Movimento per l’autonomia, Di Gati, ex barbiere, ex calciatore, sta vivendo adesso il massimo della sua popolarità, da quando le sue dichiarazioni contro Lombardo hanno fatto il giro d’Italia. Neanche quando svelò agli inquirenti il progetto di uccidere i magistrati Anna Maria Palma e Ottavio Sferlazza o il deputato Beppe Lumia (che oggi appoggia Lombardo) ebbe tanta notorietà. Maurizio Di Gati è cresciuto a pane e mafia.
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