70 pagine di interrogatorio. Un’ora e 40 minuti nel corso dei quali è Matteo Messina Denaro a decidere se e come rispondere alle domande del procuratore capo Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido.
“Io non mi farò mai pentito”, dichiara l’ex boss castelvetranese. Eppure di cose ne dice in quelle settanta pagine ricche si omissis, evidentemente dichiarazioni meritevoli di attenzioni da parte degli inquirenti, che andranno approfondite e verificate nel corso delle indagini.
Nega l’appartenenza a “Cosa nostra” – della quale ne conoscerebbe l’esistenza per averne letto sui giornali -; nega la propria responsabilità nelle stragi e negli omicidi. Non sa neppure se suo padre fosse un “uomo d’onore” (P M de LUCIA “Perchè suo padre non era uomo d’onore o sì”. Messina Denaro “Non gliela feci mai questa domanda”).
Il “criminale onesto” – così come si è autodefinito – diventa quasi un perseguitato della giustizia.
Non ha mai trafficato in stupefacenti, non ha mai commesso neppure estorsioni.
Non ne aveva la necessità, poiché suo padre “era un mercante d’arte” e tutto ciò che veniva saccheggiato nell’area archeologica di Selinunte, “il 100% di queste cose li comprava mio padre che poi venivano vendute in Svizzera e poi arrivavano dalla Svizzera dovunque in Arabia negli Emirati Arabi in America noi vedevamo cose che passavano da mio padre nei musei americani non so come poi ci sono arrivati nei musei però poi si partiva tutto dalla Svizzera”.
Niente mafia dunque, per un latitante in contatto con boss come Bernardo Provenzano che non avrebbe mai conosciuto personalmente e il cui contatto epistolare nasceva dal fatto che entrambi erano latitanti per fatti di mafia e necessitavano di potersi scambiare favori l’un l’altro.
Favori di soldi, a cominciare da quello reso “ad un amico mio, paesano mio, Giuseppe Grigoli, ché glieli avevano rubati. Siccome io a questo di Ribera non lo conoscevo, mi sono rivolto a lui… – A lui chi? – Provenzano – E come ha fatto a rivolgersi a Provenzano? – Perché sono un latitante e lui era pure latitante e quindi i canali li conosciamo, non c’è bisogno di essere affiliato. Se io cerco una persona normale, mi viene difficile, ma se cerco un latitante come me, ci troviamo. Abbiamo i nostri sistemi”.
E di “sistemi” ne avevano tanti, compreso quelli che permettevano di conoscere l’indirizzo di collaboratori di giustizia – come nel caso dell’ex gioielliere Francesco Geraci, recentemente scomparso – che accusa di avergli rubato “la metà di quella gioielleria, l’ingrosso non quella delle sorelle, perché loro avevano l’ingrosso allora, la metà era mia”.
Eppure, nonostante ciò, e nonostante sapesse dove viveva sotto copertura, non lo uccise né lo fece uccidere. Anzi, lo perdonò.
Tornando alla corrispondenza (pizzini) con Provenzano, è il pm de LUCIA a chiedere perchè si firmasse Alessio.
Lo stesso pseudonimo utilizzato in un’altra famosa corrispondenza, quella con l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino che per conto del Sisde entrò in contatto con l’allora latitante nel corso di un’operazione che mirava alla cattura del boss.
Un’operazione sulla quale si è a lungo favoleggiato, a partire dal fatto che i pizzini a firma Alessio (Matteo Messina Denaro) scritti a Svetonio (Vaccarino), sarebbero stati opera grafica di un fantomatico amanuense.
Un’operazione, quella condotta dal Sisde con Vaccarino, che venne “bruciata” nonostante – secondo quanto affermato nel corso di questo interrogatorio – stesse producendo risultati.
A parlare della corrispondenza Alessio-Svetonio, nonostante i pm non avessero chiesto nulla, è Matteo Messina Denaro:
- Su Svetonio fu una cosa mia che lo chiamai così ma Alessio potevo scrivere pure Fabrizio
- Quindi Svetonio chi è?
- Vaccarino
- Che lei conosceva
- Da bambino… io mi ricordo che lui parlava con mio padre ed io da bambino e lui mi accarezzava i capelli, cose, cioè c era un rapporto diciamo familiare
È Matteo Messina Denaro a confermare che i pizzini firmati Alessio fossero scritti da lui, smentendo decenni di fantasie giornalistiche, avvalorate in ambito giudiziario da una perizia della grafologa Contessini, incaricata a suo tempo dalla procura, la quale escluse che i pizzini firmati Alessio (Matteo Messina Denaro) inviati a Svetonio (Antonio Vaccarino) fossero opera grafica del boss castelvetranese.
Teoremi e fantasticherie sonoramente smentite nei mesi scorsi dalla criminalista Katia Sartori, che con 237 pagine di perizia, redatte su incarico della moglie dell’ex sindaco Vaccarino, ha stoppato gli onanismi compulsivi di quanti per anni hanno giocato sporco per screditare l’operazione condotta a suo tempo dal Sisde.
U siccu, nell’accusare Vaccarino per aver intrattenuto intimi rapporti con il padre, Francesco Messina Denaro, fa un paio di affermazioni molto interessanti.
La prima contenuta nella lettera di minacce inviata dal boss a Vaccarino, dopo che ne aveva scoperto il gioco, con la quale lo accusava del coinvolgimento nell’omicidio del Sindaco Lipari, solo per vederne la reazione, ovvero se l’avrebbe consegnata ai carabinieri.
Cosa che l’ex sindaco fece:
- Dissi, Vediamo cosa fa questo. Ma secondo me era tanta la paura che l’ha portata: l’ha portata, perché poi la lettera spuntò, quindi lui andò in corso come mandante di un omicidio e se ne fregò, perchè lui aveva più paura di me e non di altro…
- Però lei è uno che non è uomo d’onore, omicidi non ne ha mai fatti: tutta sta paura Vaccarino perchè la doveva avere?
- Eh, perchè conosceva a mio padre conosceva…
La falsa accusa a Vaccarino, contenuta nell’ultima lettera di Matteo Messina Denaro a Svetonio, è la stessa a suo tempo mossa dal discusso ex pentito Vincenzo Calcara, il quale, nonostante da tempo smentito da sentenze e testimonianze di tanti collaboratori di giustizia, fino a qualche anno fa godeva ancora di credibilità negli ambienti giornalistici e in quelli giudiziari.
Una figura, quella di Calcara, che ancora oggi meriterebbe di essere approfondita.
A rendere poco credibile quanto affermato da Matteo Messina Denaro in merito al timore di Vaccarino verso il padre di U siccu, il fatto che Francesco Messina Denaro, all’epoca in cui si scoprì la collaborazione tra l’ex sindaco e il Sisde, era morto da 8 anni.
A prescindere dei presunti rapporti tra Vaccarino e Francesco Messina Denaro, dei quali parla U siccu nel corso dell’interrogatorio (entrambi sono ormai morti), rimane un dato che se verificato dovrebbe essere oggetto di approfondite indagini.
Matteo Messina Denaro, infatti, nel corso dell’interrogatorio ammette che l’operazione del Sisde (Svetonio-Alessio) produceva dei risultati e che l’intento di Vaccarino e dei servizi segreti di Mori, era quello di arrivare alla sua cattura:
- Ma se lo è spiegato perchè VACCARINO ad un certo punto l’ha voluta in qualche modo diciamo tradire?
- No no… sì lo so per soldi l’ha fatto. Lui non è che l’aveva con me, lui lo fece per soldi, però era sicuro di non essere mai scoperto. io invece l’avevo scoperto […] io l’avevo scoperto tre o quattro mesi prima (dell’arresto di Provenzano – ndr) che lui mi tradiva […] io feci una lettera ai miei familiari […] questi arrivano alla mia famiglia e questi arrivano agli amici… E qua erano 15 biglietti. La mia famiglia mi fa capire: Vedi che… – mi fa sapere – Vedi che quel giorno che sono arrivati i biglietti sono arrivati i Carabinieri, il ROS, ed hanno fatto una perquisizione però cercavano cose piccole. Allora, siccome io non credo nè alle coincidenze e nemmeno alle casualità, dalla mia famiglia non ho niente da temere, però da questo lato erano 15 persone, pensavo tutte di fiducia dissi: Ora faccio un altra cosa. Divisi questi 15 in blocchi di 7 e di 8, e faccio altre lettere la seconda volta però a 7, gli 8 no, e vediamo chi è il traditore…
Utilizzando questo sistema, dividendo più volte i blocchi dei pizzini, Matteo Messina Denaro si accorge che ogni qualvolta all’interno di un blocco c’è Vaccarino, arrivano i carabinieri.
Ancor più significativo questo passaggio dell’interrogatorio:
- Ah, addirittura, una mattina lui voleva fatto un favore in un altro paese, a Partanna, di un lavoro e là successe, a quanto pare, un inferno, perché, non so, lui capì che ci andavo io quindi preparò la trappola, ma io non avevo dove andare…
È evidente, dunque, che Vaccarino effettivamente forniva le giuste informazioni in merito a chi fossero i corrieri dei pizzini e quanto altro di sua conoscenza.
Se anche fosse vero che U siccu aveva scoperto il doppiogioco di Vaccarino – e di conseguenza non si sarebbe potuti arrivare alla sua cattura – certamente questo non potevano saperlo coloro i quali bruciarono l’operazione Svetonio-Alessio.
Perché dunque si permise persino agli organi stampa di rendere noto il nome dell’infiltrato del Sisde?
Troppe domande destinate a rimanere senza risposta – viste anche le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro e la sua volontà a non voler collaborare – che suscitano non poche perplessità in merito a quello che fu l’operato di alcuni inquirenti.
E come se non bastasse, a suscitare altre perplessità è questa risposta data da U siccu ai pm, seguita, purtroppo, da un omissis:
- Però prima, se mi è permesso, vorrei dire un altra cosa, perché voi due da quando lei è Procuratore – lui è da molto Procuratore – da quando lei è Procuratore, una persona seria, non perchè è qua, io non faccio paggerie a nessuno, non vado bene: fucilata e chiudiamo Però poi ognuno di noi si fa un impressione…
Cosa avrà aggiunto a questa considerazione?
Non possiamo saperlo, ad oggi è solo un omissis.
Matteo Messina Denaro, nel corso dell’interrogatorio parla anche del dottore Tumbarello, che a suo dire non sapeva nulla in merito a chi fosse in quel momento la persona che stava assistendo.
Tace i nomi di chi lo ha aiutato durante la sua lunga latitanza, anche se – stranamente – fa i nomi di medici che lo hanno assistito, evidentemente, si presume, inconsapevoli di chi fosse.
Prende le difese di amici e famigliari, ma non lesina critiche e accuse ai soggetti che ritiene non appartenere a questa schiera.
Sono credibili le dichiarazioni di Matteo Messina Denaro?
Anche a questa domanda – e solo se lo vorranno – potrà essere soltanto il tempo a dare la risposta.
Gian J. Morici