
“Oggi parlerò principalmente del cosiddetto filone mafia-appalti perchè abbiamo ottenuto, secondo la nostra valutazione, i migliori risultati proprio in questo filone di indagine”. Queste le parole pronunciate dinanzi la Commissione nazionale antimafia guidata da Chiara Colosimo dal Procuratore capo di Caltanissetta.
L’audizione del Procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore De Luca, dinanzi la Commissione nazionale antimafia ha sollevato diverse considerazioni riguardo l’interpretazione e la diffusione delle sue dichiarazioni.
Secondo la valutazione dei magistrati di Caltanissetta, come riportato dalle parole di De Luca il filone d’indagine “mafia-appalti” è quello dal quale hanno ottenuto i “migliori risultati”– per chi ha avuto la pazienza di ascoltare la sua audizione senza copiare veline – sono bem diverse dalla successiva interpretazione giornalistica, che parla di “certezze” e lo definisce l’unico filone che avrebbe dato risultati certi. L’espressione “migliori risultati” – nella lingua italiana -suggerisce un successo investigativo relativo all’interno di un quadro di indagini ancora in corso e che copre tutte le principali ipotesi, come precisato dal Procuratore.
Inoltre, a sintesi giornalistica riporta in modo netto che su tale pista il Procuratore De Luca avrebbe detto: “Vale zero tagliato, non c’è alcun riscontro”, omettendo una distinzione fondamentale. Il Procuratore, infatti, ha subito precisato che le indagini sulla pista nera sono in corso: “Noi abbiamo in corso delle indagini sulla pista nera.” La frase “Vale zero tagliato” è stata specificamente riferita alla “pista Delle Chiaie, a seguito delle dichiarazioni rese da Maria Romeo e anche dal luogotenente Giustini” e alle presunte dichiarazioni di Alberto Lo Cicero.
È evidente come il giudizio lapidario del Procuratore non fosse un’esclusione generale di tutte le ipotesi investigative legate alla pista nera, ma una netta svalutazione di un specifico filone (quello Delle Chiaie/Romeo/Giustini), mentre altre indagini sulla pista nera risultano essere ancora in corso. Appare ovvio come la sintesi giornalistica, magari con titoli ad effetto, finisca con il fuorviare l’opinione pubblica, portandola a considerare concluso un filone di indagine che, nella sua interezza, non lo è.
Che si tratti solo una scarsa conoscenza della lingua italiana? A giudicare dal proseguo e da come la stampa non si ponga domande, adottando il metodo De Luca applicato in Commissione, ovvero quello più favorevole al soggetto o ai soggetti ai quali ci si riferisce, diciamo che la lingua italiana per certi giornalisti è aramaico.
Il Procuratore ha definito la gestione delle indagini su mafia e appalti presso la procura di Pietro Giammanco come “la concausa della strage Borsellino e anche di quella Falcone”. Nella lingua italiana, il termine concausa indica il rilievo di più cause nel verificarsi di un medesimo evento delittuoso o dannoso. Affermando che la gestione di quel filone investigativo è stata una concausa, si implica necessariamente l’esistenza di altre cause che hanno contribuito all’evento delittuoso delle stragi. Quali?
Era opportuno audire il Procuratore capo?
La decisione di audire un Procuratore capo riguardo a indagini delicate e in corso, con la consapevolezza che avrebbe inevitabilmente fatto riferimento a filoni ancora aperti (come dimostrato dalla sospensione della seduta e dal blocco dei microfoni dopo la dichiarazione “abbiamo intercettato….”), solleva un interrogativo sull’opportunità di tale audizione.
Il rischio – o forse la volontà di alcuni – è che la diffusione parziale e talvolta travisata delle dichiarazioni da parte dei mezzi di comunicazione possa influenzare l’opinione pubblica e, potenzialmente, l’andamento delle indagini stesse, privilegiando una pista investigativa (mafia-appalti) a discapito di altre, o liquidando frettolosamente filoni (come la pista nera) che sono, in realtà, ancora oggetto di accertamento.
Gian J. Morici