Nel corso della prima parte della nostra intervista la criminalista Katia Sartori, che ha analizzato i pizzini dell’allora boss latitante Matteo Messina Denaro, ha illustrato la storia di Antonio Vaccarino ex sindaco di Castelvetrano, che per conto del Sisde ebbe una corrispondenza epistolare con il latitante.
- Dottoressa Sartori, come mai si interessò della corrispondenza tra Antonio Vaccarino, con lo pseudonimo di Svetonio, e Matteo Messina Denaro, che usava il nome di Alessio?
- Tutto nasce da un’intervista andata in onda in una nota trasmissione televisiva che si occupa anche di raccontare fatti di mafia. Veniva mandato in onda un servizio nel quale, un soggetto reso irriconoscibile, confidava al giornalista di aver conosciuto personalmente un infiltrato dei servizi segreti. Questo amico che sotto copertura lavorava presso un istituto bancario e che consigliava dal punto di vista finanziario, a detta sua, anche alcuni appartenenti alla criminalità organizzata, gli aveva raccontato di scrivere per nome e per conto di Matteo Messina Denaro.
Questa testimonianza andata in onda aveva suscitato molti dubbi alla famiglia di Antonio Vaccarino, soprattutto sulla veridicità di quel racconto, poichè all’epoca dei fatti narrati, il professore era già un infiltrato del Sisde e pertanto appariva strana la circostanza per la quale, il servizio segreto si potesse servire di due infiltrati contemporaneamente. Sulla scia di quel servizio, si costruirono tesi e controtesi. Si arrivò persino ad instillare il dubbio nell’opinione pubblica, che il Sisde, avesse potuto mettere in atto una sorta di “doppio gioco”, creando ad arte i rispettivi personaggi. E non da poco, si fece una campagna incredibile di delegittimazione nei confronti del Professor Vaccarino e della sua collaborazione con il servizio segreto.
Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, avvenuta il 16 gennaio 2023, furono trasmessi dai media alcuni pizzini rinvenuti e sequestrati a casa della sorella Rosalia. La moglie del professor Vaccarino, si rese conto che la calligrafia di quel pizzino era estremamente somigliante, alla calligrafia della lettera di minacce ricevuta dal superlatitante. Così, mi fece contattare subito dai suoi legali affinché attraverso l’analisi della documentazione potessi stabilire l’eventuale paternità di questi scritti.
La famiglia del professore, come lo stesso Vaccarino, da sempre convinti che l’autore di quegli scritti a firma Alessio fossero davvero attribuibili a Matteo Messina Denaro, si trovarono di fronte ad una vera e propria opera di delegittimazione.
- In precedenza, non era mai stata effettuata una perizia comparativa tra gli scritti che il Messina Denaro inviava a Vaccarino e quelli rinvenuti in occasione dell’arresto di altri mafiosi?
- Negli anni, consulenti incaricati dalla procura, hanno escluso la possibilità che gli scritti inviati a Vaccarino potessero essere riconducibili al boss di Castelvetrano. Anche alcuni magistrati non hanno riconosciuto, nelle citazioni filosofiche, nei riferimenti storici, nonché nella cultura generale dimostrata, un patrimonio intellettuale riferibile a Matteo Messina Denaro. Certamente erano tutti convinti che avesse una certa caratura criminale, ma non ritenevano possibile che a scrivere in quel determinato modo, potesse essere davvero lui.
E forse, è stato proprio questo ad indurre in errore, una parte della magistratura inquirente: L’aver creduto che Matteo Messina Denaro, avesse un bagaglio culturale simile a Riina, a Provenzano o a Giovanni Brusca. Matteo è sempre stato un personaggio sui generis, rispetto ad altri e questo doveva essere preso in considerazione.
Non appena mi arrivò il carteggio, dove oltre alla lettera di minacce, vi erano anche i pizzini destinati ai Lo piccolo e alla sorella Rosalia, mi accorsi subito che vi erano delle incredibili somiglianze. Dico incredibili, perché lo stile era assolutamente caratteristico e si ripeteva in ciascun documento.
Per il carteggio che ho potuto analizzare, al di là del contenuto specifico, diverso poiché diversi erano i destinatari, si nota senza dubbio una certa proprietà di linguaggio, che aumenta con il passare degli anni. La proprietà di linguaggio riconducibile a pizzini scritti più recentemente è certamente più ricca rispetto a quella degli anni precedenti. Motivo per cui, ho pensato che Matteo Messina Denaro, durante gli anni della sua latitanza, abbia in qualche modo potuto arricchire il suo patrimonio intellettivo personale. I riferimenti storici e le citazioni filosofiche, mi hanno indotto a pensare che, a differenza dei suoi predecessori, il boss di Castelvetrano avesse attinto, attraverso la lettura, probabilmente gran parte delle sue conoscenze.
Particolari poi, le espressioni utilizzate da “Alessio” nel carteggio con “Svetonio”.
Antonio Vaccarino era un politico e un professore. Di certo era un personaggio dotato di una brillante caratura intellettiva e l’ego di Matteo Messina Denaro, non poteva certo permettere di mostrarsi a lui inferiore. Al contrario dei pizzini scambiati con la sorella Rosalia, dove il lessico utilizzato è meno articolato e più semplice, nello scambio epistolare con il professor Vaccarino, la proprietà di linguaggio cambia radicalmente e diventa più ricca e articolata. Quasi come se Matteo Messina Denaro volesse dimostrare al Professor Vaccarino di essere sullo stesso piano culturale.
- Prescindendo dalle somiglianze espositive, cos’altro è emerso dalla comparazione degli scritti?
- Dal punto di vista della calligrafia, in tutti i documenti esaminati, sono stati rilevati alcuni connotati personali e connotati salienti. Per quanto concerne i contrassegni particolari, sono stati rilevati elementi riconducibili a verosimili disgrafie e spezzettamenti di parole forse riconducibili allo strabismo di cui era affetto. Questi contrassegni particolari riscontrati analogamente in tutti i documenti analizzati, sono caratteristici dei singoli individui. Sono personali e riconducibili ad un particolare soggetto e solo allo stesso riferibili.
Pertanto, il 27 marzo 2023, scrissi nelle conclusioni della mia consulenza che tutti i documenti sottoposti alla mia attenzione erano riconducibili, con un’altissima probabilità tutti alla medesima persona e pertanto attribuii la paternità degli scritti a Matteo Messina Denaro, nonostante una precedente perizia voluta proprio dalla procura di Palermo, sosteneva l’opposto delle mie conclusioni.
Seppi solo a luglio di quest’anno, una volta reso pubblico il primo interrogatorio di Matteo Messina Denaro, che lo stesso, aveva confermato dinnanzi al procuratore De Lucia e al sostituto procuratore Guido, di essere lui a scrivere al Professor Vaccarino alias Svetonio, confermando di fatto le conclusioni alle quali ero giunta io nella mia consulenza per la moglie e la famiglia Vaccarino.
- Nel corso di quell’interrogatorio Matteo Messina Denaro disse che aveva capito che Vaccarino faceva il doppiogioco…
- Durante il suo primo interrogatorio, Matteo Messina Denaro dichiara di aver capito in maniera autonoma che Vaccarino potesse essere in qualche modo collegato al Sisde.
In realtà io non credo che lui l’avesse realmente capito. Lo dichiara dinanzi agli inquirenti, perché molto semplicemente, non vuole fare la figura del fesso.
Quando venne arrestato Provenzano e Matteo Messina Denaro seppe che i pizzini da lui inviati, non venivano distrutti come solitamente si usava fare, ma venivano gelosamente custoditi (collezionati dirà lui),si ricorda che all’interno degli stessi, aveva utilizzato il termine VAC, quando si riferiva appunto alla persona di Vaccarino.
ll professore Vaccarino, dopo qualche tempo dall’arresto di Provenzano, infatti, riceve una lettera da parte di Alessio e cioè da Matteo Messina Denaro che lo avverte: Avendo trovato nel covo di Bernardo Provenzano i suoi pizzini dove si parla di Vaccarino, proprio per questo motivo e quindi per sicurezza, per un certo periodo i due non si dovranno più sentire.
Un’improvvisa fuga di notizie porta a conoscenza della stampa (anche quella internazionale) del ruolo di Vaccarino-Svetonio, mandando in fumo ogni progetto di cattura del boss e la mappatura delle famiglie mafiose siciliane, esponendo, nel contempo, Vaccarino alla furia del latitante. Tant’è che questi, firmandosi con il suo nome e non più come Alessio, gli scrive: “Ha buttato la sua famiglia in un inferno. La sua illustre persona fa già parte del mio testamento.”
Ma questa lettera di minacce arrivò dopo la fuga di notizie alla stampa e non prima.
Per questo sono restia a credere alle parole del latitante durante il suo primo interrogatorio.
Personalmente invece ritengo più plausibile che sentendosi ferito nell’orgoglio, per essersi fidato di Vaccarino e quindi di essere caduto nel tranello, abbia sentito la necessità di raccontare la sua versione dei fatti, al fine di dimostrare una maggiore scaltrezza rispetto a quella realmente avuta.
- Vaccarino, dunque, si era realmente attivato perché il boss latitante venisse assicurato alla giustizia?
- Nella sentenza di condanna di Salvatore Messina Denaro e altri, del 4 novembre 2011, si parla anche della vicenda Vaccarino e in riferimento all’operazione Svetonio Alessio si dice che:
“Il VACCARINO aveva consolidato il contatto con il latitante ed instaurato cadenzate comunicazioni con quest’ultimo in esecuzione di un accordo di collaborazione avviato con il Sisde.
Allorché – a seguito della pubblicazione di articoli di stampa – erano divenuti di dominio pubblico l’effettivo ruolo di VACCARINO ANTONINO e la matrice autentica dell’attività di infiltrazione nel sodalizio da quest’ultimo realizzata, la cesura dello scambio di pizzini tra il Vaccarino ed il latitante era stata significativamente contrassegnata da una missiva firmata M. Messina Denaro dal contenuto indiscutibilmente minatorio:
(“…ha buttato la sua famiglia in un inferno… la sua illustre persona fa già parte del mio testamento… in mia mancanza verrà qualcuno a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti…”).
Con l’evidenza delle cose, il contatto tra il VACCARINO ed il MESSINA DENARO era stato reale ed importante ed il “tradimento” non solo aveva posto in pericolo la latitanza del “Numero Uno” di “Cosa Nostra”, ma gli stessi vitali interessi dell’organizzazione tanto da meritare di essere punito
con la più severa tra le pene, estesa all’intera famiglia”.
Uno degli aspetti più critici dell’operazione Svetonio Vaccarino, quindi, fu proprio data dal momento in cui la notizia fu riportata dagli organi di stampa. L’esposizione mediatica a cui fu soggetto il Professore, espose lui e la sua famiglia all’ira furibonda del latitante che sentendosi tradito, e ferito nell’orgoglio, non poté fare altro che mandare un messaggio intimidatorio e di minaccia a colui che tentò, di destabilizzare gli ambienti di cosa nostra e a colui che ebbe il coraggio di prendersi gioco del super latitante Matteo Messina Denaro.
Uno degli aspetti caratteristici della lettera di minacce è il riferimento all’omicidio del sindaco Lipari.
Nella lettera, infatti, Matteo Messina Denaro lancia una chiara accusa al Prof. Vaccarino. Lo accusa infatti di essere il mandante dell’omicidio, poiché lo scopo era quello di prenderne il posto, come sindaco. Ovviamente, il Prof. Vaccarino, come dallo stesso Messina Denaro poi dichiarato in sede di interrogatorio, nulla centrava con l’omicidio del sindaco Lipari.
Fu un atto, dettato dall’ira del latitante, che lanciando quella specifica accusa, voleva in qualche modo che colui che era riuscito così scaltramente a prendersi gioco del boss castelvetranese, decidesse se portarla al Sisde o tenersela per sé. Fu quindi una messa alla prova. Matteo Messina Denaro voleva capire se il Professore Vaccarino aveva più timore di lui o dell’essere accusato dalla magistratura, di un reato non commesso realmente.
Si conclude così la nostra intervista alla Dottoressa Sartori, la criminalista che prima ancora che Matteo Messina Denaro confermasse di essere l’autore dei pizzini inviati all’ex sindaco di Castelvetrano, analizzandone gli scritti aveva redatto una perizia di 237 pagine smentendo teorie complottiste e ribaltando l’esito di precedenti analisi redatte da noti colleghi.
Non si conclude però il percorso di confronto intrapreso con la Sartori, insieme alla quale andremo ad affrontare altre vicende.
La Sartori, infatti, è stata professionalmente vicina a un altro soggetto che sembra avesse da fare importanti dichiarazioni in merito ai rapporti intercorsi tra soggetti politici, mafiosi e uomini dei servizi segreti.
Armando Palmeri – questo il nome dell’uomo – aveva infatti rilasciato dichiarazioni in merito a un progetto di destabilizzazione del Paese, e altre ancora ne avrebbe dovute fare se non fosse morto, per cause naturali, poco prima di deporre al processo in corso a Caltanissetta?
Storie di mafia, politici, servizi segreti, ma anche storie di un business che ha visto morire molte persone, tra le quali giornalisti, uomini in uniforme e 007 che forse avevano scoperto grandi traffici ai quali non volevano prendere parte.
Gjm
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Katia Sartori è anche l’autrice di un viaggio lungo 100 pagine per raccontare Matteo Messina Denaro.
Dalle origini alla sua morte, passando per le stragi, l’incredibile latitanza e il suo arresto.
Matteo nudo e crudo, senza gossip e fronzoli.
Un analisi dettagliata del suo primo interrogatorio con un intero capitolo dedicato all’operazione “Alessio/Svetonio”.
Disponibile nella versione online a soli 3 euro, come “Edizione speciale” della rivista scientifica “Criminologicamente” a cura dell’ Associazione Nazionale Formatori, Criminologi e Criminalisti
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