A parlare del traffico dei rifiuti con il giudice Paolo Borsellino, fu Leonardo Messina, ex capo della famiglia mafiosa di San Cataldo.
Inchieste giornalistiche, indagini, commissioni antimafia, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma quando si parla di rifiuti è come se una pesante coltre finisse con il coprire ogni cosa.
Persino delle dichiarazioni di Leonardo Messina, rese al giudice Paolo Borsellino, non si parla più.
Mafia-appalti, l’indagine condotta dai Ros di Mario Mori, sembra doversi fermare a quanto cristallizzato in quel lontano 1992 quando a Capaci e in via D’Amelio l’esplosivo mise a tacere per sempre i due giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Anche Siino e Brusca parlarono di un giro di appalti truccati in materia di smaltimento di rifiuti, dichiarazioni che nel 1998 diedero luogo all’operazione “Trash” che portò a 31 arresti di politici, imprenditori e dirigenti.
Tra gli arrestai anche il consuocero di Vito Ciancimino.
In appello, però, vennero tutti assolti.
E mentre in Italia le inchieste finivano con l’impantanarsi o non trovare adeguati riscontri, altrove si allungava la lunga scia di morti.
Morivano uomini dei servizi, come Vincenzo Li Causi e Mario Ferraro, giornalisti come Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Graziella De Palo e Italo Toni.
Una lunga lista di morti che si allunga ogni qualvolta qualcuno indaga o è pronto a raccontare qualcosa.
È questo il caso di Natale De Grazia, capitano di corvetta, che indaga sulle cosiddette “navi a perdere”.
Una cena al ristorante e poi la morte improvvisa tra il 12 e il 13 dicembre del 1995.
Due autopsie attribuiscono la morte a cause naturali, ma nel 2012 ecco che in commissione parlamentare la morte viene attribuita a cause tossiche.
Anche di recente, Armando Palmeri, ex collaboratore di giustizia che era pronto a testimoniare sul progetto eversivo – antecedente ai fatti di Capaci e Via D’Amelio da parte di apparati dello Stato muore per cause naturali poco prima di rendere la sua testimonianza in aula.
Palmeri aveva paura per la sua incolumità, e aveva chiesto di rendere la sua testimonianza in videoconferenza.
Di cosa avrebbe voluto parlare?
In particolare di tre incontri tra uomini dei servizi segreti e il boss Milazzo, e di una strategia di destabilizzazione dello Stato con bombe e attentati.
Eppure, quello che sembrerebbe essere sfuggito all’attenzione di tutti, è quanto scrive anche nel suo libro-memoriale a proposito di inquinamento delle falde acquifere.
Per quale motivo uomini dei servizi segreti avrebbero dovuto parlare con un boss di mafia di qualcosa che poteva inquinare le falde acquifere?
Palmeri molto probabilmente non comprese che quegli uomini non si riferivano alla precisa volontà di inquinare le acque (strategia possibile se si fosse parlato di un acquedotto), bensì a qualcosa che si trovava già nel territorio e che molto probabilmente stava inquinando acque sotterranee.
Mirko Martini di Cigala, un oscuro faccendiere coinvolto nel traffico di rifiuti, aveva la residenza a Mogadiscio e vantava rapporti con Ali Mahdi, presidente ad interim della Somalia, affermando di appartenere ai servizi segreti italiani e di mantenere ottime relazioni con la Cia.
Un uomo di cui si dice fosse dedito al traffico di armi e a quello dei rifiuti.
Ancora una volta la morte metteva a tacere definitivamente un uomo che stava iniziando a parlare con i media di quegli strani traffici che collegavano l’Italia alla Somalia.
Avrebbe raccontato la verità, o avrebbe continuato a narrare storie utili a portare altrove l’attenzione degli inquirenti?
È la Somalia del dittatore Mohamed Siad Barre, del figlio Maslah Barre, accusato più volte di traffico di armi e ospitato in Italia da Ottavio Pisante.
È la Somalia dove trova la morte Ilaria Alpi, che proprio sul traffico di armi e rifiuti aveva accentrato la sua attenzione.
Ed è sempre la stessa Somalia dove troverà la morte il maresciallo Vincenzo Li Causi, sottufficiale dei servizi segreti che per un certo periodo ha guidato il Centro Skorpione di Trapani, base segreta della struttura Gladio.
Li Causi, in Sicilia, aveva svolto indagini sul mondo degli appalti, e una volta mandato in Somalia era entrato in contatto con quella realtà che aveva trasformato il paese africano nella più grande discarica di rifiuti pericolosi del mondo.
A Mirko Martini di Cigala il sottufficiale era stato presentato dal colonnello Mario Ferraro.
Un ufficiale del Sismi che il 16 luglio 1995 verrà trovato impiccato al portasciugamani.
Dopo la morte di Mirko Martini di Cigala, pare che dalla sua abitazione sparirono il cellulare e il computer, mentre ai suoi funerali erano presenti soggetti estranei che nessuno conosceva.
Quante stranezze dietro queste morti…
Come in un caso più recente, allorquando a seguito del decesso di un testimone, i carabinieri effettuano una perquisizione in casa di familiari, preoccupandosi poi di far cancellare quanto ripreso dalle telecamere di sicurezza.
Perché?
Ma qual è il nesso tra traffico di armi e traffico di rifiuti radioattivi?
Forse quello che i cosiddetti rifiuti radioattivi in verità non sono tali e possono essere riprocessati convertendoli in materiale bellico del valore di miliardi di dollari?
Comunque stiano le cose, sta di fatto che la Somalia fu il crogiolo di troppi traffici che videro la presenza e le connivenze dei nostri servizi segreti – oltre quelli di altri paesi – con strani personaggi in cerca di affari poco puliti nel Corno d’Africa.
Affari che non riguardavano più il solo traffico di rifiuti pericolosi o tossici, ma molto più probabilmente di materiali nucleari, così come emerso nel corso delle Commissioni che hanno indagato.
Navi cariche di rifiuti e scorie di vario genere, che trasportavano però nascosti in mezzo al carico materiali che emettevano una radioattività di tipo alfa.
Non è difficile scoprire quale possano essere questi materiali…
E per strana combinazione, anche Natale De Grazia, il capitano di corvetta che indaga sulle cosiddette “navi a perdere”, si era imbattuto in una nave, la Korabi, sulla quale veniva rilevata una radioattività di tipo alfa.
La storia di un traffico internazionale nella quale compaiono agenti dei servizi segreti che sembrerebbero muoversi per interessi diversi da quelli relativi alla sicurezza dello stato di appartenenza, come nel caso di Aldo Anghessa, già collaboratore dei servizi segreti italiani, poi arrestato e processato più volte.
E se all’interno dei confini della nostra nazione lo smaltimento dei rifiuti interessa la criminalità organizzata, quando lo smaltimento avviene all’estero, specie se si tratta materiali nucleari e non di rifiuti tossici, la parte del leone la fanno anche uomini che appartengono ai servizi segreti.
Ecco dunque che in questo contesto le dinamiche delittuose e storiche, s’intrecciano con quelle connesse al terrorismo, alle stragi e alle attività non proprio adamantine di apparati istituzionali.
Ma per meglio comprendere cosa avveniva, e forse ancora avviene, in quegli anni, dovremo ancora una volta tornare indietro nel tempo, ad un periodo che sembra oggi tornare prepotentemente di grande attualità, quando ufficiali dell’allora servizio segreto SID, e subito dopo Sismi, facevano il bello e il cattivo tempo, utilizzando strutture parallele a quella alla quale ufficialmente facevano parte.
Di questo torneremo a scriverne entrando anche in dettagli meno noti ai più