A prescindere da chi pronunciò realmente la frase “eppur si muove” attribuita a Galilei a proposito del movimento della terra, se lo scienziato vivesse oggi ad Agrigento, osservando l’immobilismo di taluni uffici, dovrebbe rubare la frase del Buonarroti: “mi guardi e non favelli!”.
Non “favella” il sindaco, nonostante le istanze protocollate da qualche cittadino, e le domande alle quali non ha (ancora) risposto, pubblicate da “L’Amico del Popolo”, il settimanale cattolico agrigentino.
Non “favella” qualche astuto dirigente che dopo aver fatto finta di non aver compreso quanto chiestogli, adesso tace.
Forse per errore la “favella” fu scambiata per favetta (detta anche favino), e a causa dell’erroneo scambio con un vegetale, il sindaco ben pensò di “inaugurare” un albero d’ulivo.
L’ulivo, simbolo di pace.
E Agrigento sembra avvolta dalla pace, quella eterna.
Come un malato terminale, in coma irreversibile, pare anelare un’impossibile eutanasia che le eviti ulteriori inutili sofferenze.
Se Galileo Galilei avesse modo di osservare tutto questo, oggi dovrebbe abiurare quelle teorie che poi furono scientificamente dimostrate.
La terra forse si muove, come disse Galileo, ma Agrigento è immobile, di un immobilismo mortale.
Ciò che non è immobile, ciò che si muove, si muove soltanto perché crolla.
Crollano vecchie case fatiscenti, muri, archi e palazzi.
In un silenzio cimiteriale, gli unici rumori che si odono sono quelli dovuti alla posa delle transenne volute dalla Protezione Civile.
E tra una transenna e l’altra, sulla pubblica via, sorgono le discariche.
Come nel caso della via Zuppardo, dove a distanza di oltre sei anni dalle ordinanze sindacali emesse in danno dei proprietari di edifici pericolanti (alle quali avrebbero dovuto ottemperare entro trenta giorni e che rimangono invece a sonnecchiare nei cassetti) non cambia nulla.
A nulla servono neppure gli esposti presentati in Procura.
Un gatto randagio (a sinistra sopra la transenna) sembra osservare l’installazione artistica della Protezione Civile.
Poi, anche lui, schifato se ne va.
Chi proteggerà Agrigento dalla Protezione Civile?
Agrigento muore di una morte lenta.
Eppure cambiano le amministrazioni.
Si alternano tra un peggio, un sempre peggio, un meno peggio del peggio, rimanendo però sempre fedeli a quel “cambiare tutto per non cambiare niente”, di gattopardiana memoria.
Agrigento, prossima Capitale della Cultura, avrà ai suoi ingressi cittadini l’onore di poter apporre cartelli di benvenuto con una frase del Sommo poeta: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”.
Gian J. Morici