(sembra un monologo)
di Salvatore Nocera Bracco
Ogni tanto guardo il mare di fronte casa mia, lontano all’orizzonte, ma così ugualmente vicino: il Mare Africano! Una volta, da questo Mare Africano, arrivavano i pirati, i saraceni. Una canzone popolare esprime bene il sentimento di paura della gente: Allarmi, allarmi la campana sona / Li Turchi su’ sbarcati a la marina / Cu avi i scarpi rutti si li sola / Ca iu mi su sulati stamatina. Erano tutti Turchi, così come ricordato da un detto proverbiale: Cu piglia un turcu è so’!, riferito ai pirati ottomani che dal XVI secolo fino agli inizi del XX secolo venivano sistematicamente a saccheggiare le popolazioni attigue alle nostre coste. Da qui ebbe origine la “naturale” sospettosità delle popolazioni siciliane costiere, quel senso di protezione poi trasformatosi in possesso, e da cui è scaturito uno dei luoghi comuni e stereotipi più deleteri e radicati nel siciliano-tipo: la gelosia. Ma cu piglia un turcu e so’, sottolineava ancora di più lo stato di completa disorganizzazione delle difese costiere, fondate su un sistema di torri di avvistamento disseminate lungo tutte le coste dell’Isola, compresa quella sud-occidentale, presidiate da pochi soldati demotivati e da una “guardia popolare volontaria” poco incline al rispetto delle regole e della disciplina. Non a caso molto più spesso di quanto non ci si aspettasse, i pirati riuscivano ad eludere questo sistema difensivo, e sbarcavano a Punta Bianca, a Porto Empedocle, a Scala dei Turchi, a Monterosso, fino a Sciacca e oltre. A Lampedusa!
Anche sulla costa di Crotone esiste una simile struttura di torri di avvistamento, con finalità assolutamente identiche a quelle agrigentine, e rilevanti analogie riguardo l’efficienza e l’organizzazione degli avvistamenti. Sarebbe bastato andare a controllare. Sono passate più di sette ore, a quanto sembra, dalla prima segnalazione di Frontex. Un tempo lunghissimo che non si perdeva nemmeno tra gli sgangherati drappelli di soldataglia e volontari del ‘500. Quanti novelli saraceni adesso approdano sulle nostre spiagge già morti? E quanti ne muoiono prima di approdare sulle nostre coste con le loro carrette del mare, provenienti dalle coste libiche? Non da meno è la rotta balcanica. Anche se un paio di accordi negli anni scorsi hanno pur minimamente lenito le sofferenze di queste persone. E noi siamo sempre i primi a lamentarci. Ma sembra che almeno dal 2021, in Libano convivano in maniera più o meno tollerante 134 profughi ogni 1.000 abitanti, in Giordania 69, in Turchia 43, in Svezia 25, in Germania 14 e in Italia all’incirca 3 persone su 1000 (fonte Avvenire). Di sicuro le persone che riescono ad arrivare vive, sono una sparuta minoranza in confronto a quelle che partono. La maggior parte di loro muore strada facendo: nel deserto, nei campi profughi, rapiti dai predoni, nei lager libici, nel Mar Mediterraneo, diventato ormai una fossa comune. Dovrebbero starsene a casa loro, giusto! Ma come si permettono? Soprattutto i delinquenti: a casa! Non abbiamo lavoro per noi e lo diamo a loro? A casa, certo! Poi, però, chissà perché, i nostri governi, europei, destabilizzano politicamente i loro governi, africani. I nostri governi, europei, creano le condizioni per una guerra civile, africana. I nostri governi, europei, e non solo, vendono loro le armi che noi produciamo, europee, e non solo. I nostri governi, europei, americani, cinesi, sfruttano le loro grandiose materie prime, solo africane. Questi sono fatti secondari, cosa c’entra che vengono da noi? Ma che vengono a fare da noi? Ogni tanto doniamo qualche sms di due euro, giusto per metterci a posto con la coscienza. Perché ai poveri bisogna dare direttamente il pesce, la canna da pesca bisogna tenerla nascosta, non so per quale motivo e con quali intenti.
P.S. Ripenso alla mia infanzia. Chissà, se fossi stato un bambino di un’area sviluppata del cosiddetto primo mondo, magari avrei potuto viverne una migliore. Magari no. Ma io ero un picciliddu siciliano, figlio di emigrati che hanno avuto la fortuna (!) di ritornarsene al paesello d’origine. Io sono cresciuto vaneddi vaneddi, e quand’ero piccolo io, essere bambino aveva un senso. Anche se i nostri genitori avevano davvero vissuto le tragedie della seconda guerra mondiale, ancora vivida e presente nei loro racconti, che noi ascoltavamo con un certo timore. La fame? Gli stenti? Le malattie infettive? La mortalità infantile più alta d’Europa? Le ondate di migrazioni in tutte le parti del mondo, con punte in Germania, Inghilterra, Lombardia? Ma che sono queste cose? Chi se le ricorda più? Roba da Boomer. Ora, però, se mi guardo intorno, mi rendo conto che queste cose esistono incredibilmente anche oggi: a n’antra banna. La stessa fame, stenti, mortalità infantile, epidemie, guerre: a n’antra banna. E chi ne fa le spese? I bambini. Non penso soltanto a quelli morti tragicamente a Crotone. Ci si sta costruendo troppa retorica, addosso, compresa la mia. Non penso soltanto ai bambini ucraini, sotto le bombe o deportati in Russia. Non penso soltanto ai bambini siriani che muoiono per la guerra, per il terremoto – insieme ai loro pari età turchi – per l’Isis, ma anche perché scrivono sui muri la parola: Libertà! Non penso soltanto ai bambini kenyani, anche loro come me da bambino, vaneddi vaneddi, dove sniffano colla per superare lo stress di essere stati stuprati, violentati, e si fanno i bisogni addosso per puzzare, così chi ha brutte intenzioni non si avvicina. Non penso soltanto ai bambini di Haiti, che muoiono di colera perché non hanno acqua, nella loro povertà più assoluta. Altro che Agrigento! Non penso soltanto ai bambini del Congo: pure loro muoiono di colera, di Ebola, di morbillo, ma anche nelle miniere di Coltan, il minerale di cui sono fatte le batterie dei computer e dei telefonini, gli stessi con i quali i nostri bambini chattano. Penso anche ai bambini qui accanto, di cui più di tutti noi non ci accorgiamo, i bambini che i loro padri non lavorano, che sono stati licenziati, o quelli le cui famiglie vivono in situazioni al limite della sopravvivenza, senza servizi, o quelli che campano di sotterfugi, pirchì nuddu ci duna cuntu – tranne la mafia! – furti, sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga! E siccome noi non abbiamo un qualche nostro meschino interesse da salvaguardare ad ogni costo! … Che cazzo ce ne fotte a noi, tanto! … “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli.” (Matteo 19, 13-15). Lo diceva qualcuno circa duemila anni fa. Chissà chi era.