Come spesso accade, più che alle parole dette bisognerebbe prestare orecchio a quelle taciute.
“Quando sarò innalzato (sulla croce) attirerò tutti a me” sono le parole non dette da Putin riportate nel Vangelo da cui riprende quelle che ha pronunciato nel corso del suo intervento allo stadio Luzhniki di Mosca “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Qual è il senso che Putin dà a ciò che disse Gesù prima di essere crocifisso?
La minaccia dell’uso di armi nucleari da parte di un folle?
Putin non è un pazzo, se così fosse la sua storia sarebbe già finita perché prima ancora di subire l’isolamento quasi da parte del mondo intero, avrebbe dovuto fare i conti con i suoi più fedeli collaboratori, che molto probabilmente avrebbero risolto alla maniera russa la questione.
Il dittatore è un uomo messo con le spalle al muro, una belva ferita all’angolo, che non esiterà a far ricorso a qualunque mossa che possa salvarlo da una debacle che non gli consentirebbe più di governare il suo paese, e forse neppure di sopravvivere alla sconfitta.
Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, pianificata da tempo, il leader russo ha dovuto scontrarsi con una realtà ben diversa dalla guerra lampo che riteneva di poter portare a termine in pochi giorni per occupare parte del territorio e rimuovere Volodymyr Zelensky per insediare un governo fantoccio filo-russo.
La resistenza ucraina ha messo in difficoltà le forze armate russe nel conquistare il territorio, infliggendo gravi perdite ai suoi soldati.
Migliaia di militari uccisi in pochi giorni, che superano di gran lunga i 2.500 soldati americani caduti nei venti anni di guerra in Afghanistan.
Perché Putin si era illuso di prendere l’Ucraina in breve tempo?
Forse l’errore di calcolo lo si deve all’intelligence russa, o più probabilmente allo stesso dittatore che si circonda di yes-man che hanno paura di contraddire il loro capo.
Dopo l’utilizzo del missile ipersonico Kinzhal da parte di Mosca – che può anche essere armato con testate nucleari e che per la prima volta è stato usato in battaglia – la guerra è entrata in una fase ricca di incognite, nella quale ogni certezza è venuta meno.
Seppure il completo fallimento militare russo appare difficile allo stato delle cose, la vittoria russa, conquistando l’Ucraina e riuscendo poi a mantenerne il controllo, appare ancora più improbabile.
Il risultato di questa guerra potrebbe essere quello di vedere l’Ucraina smembrata e in parte sotto il controllo russo, con conflitti armati che si protrarrebbero per anni.
Uno scenario da incubo simile a quello che i russi vissero in Afghanistan nel corso di una guerra durata nove anni, che rappresentò il preludio alla disfatta dell’Unione Sovietica.
In questa fase ricca di incognite e su cui incombe la paura di una guerra mondiale, ci si interroga su chi possa impedire a Putin di portare questo conflitto alle estreme conseguenze.
Mentre c’è chi enfatizza la retorica diplomatica che vuole uno stato sovrano libero di autodeterminarsi, dall’altra c’è chi vede nell’espansione della NATO la causa del problema ucraino, ignorando che ci troviamo in una fase di scontro di quella che Putin chiama “l’identità russa” in contrasto con quella che è la cultura occidentale.
Paradossalmente, a condannare la nostra cultura, il nostro stile di vita, le nostre libertà, siamo noi stessi occidentali pronti ad immolarci per un sentimento antiamericano che sembra prevalere su qualunque altra cosa.
In questo contesto, guardiamo a paesi come la Cina, nella vana speranza che possano mediare un conflitto che rischia di allargarsi all’intera Europa.
La Cina, se da una parte non vuole essere coinvolta nella guerra di Putin – nonostante questi abbia chiesto aiuti anche militari – dall’altra non intende rompere il legame con Mosca, con la quale condivide oltre a interessi economici anche una visione politica che li rende partner complementari l’una all’altra.
Un’alleanza che crea non pochi problemi ai fini di una mediazione cinese del conflitto – anche alla luce delle recenti richieste di Putin a Xi Jinping – mettendo Mosca nelle condizioni di doversi sottomettere in futuro alle decisioni di Pechino.
Allo stesso tempo, la Cina oggi ha più bisogno dell’Occidente di quanto non ne abbia della Russia, tanto da essersi astenuta dal voto nel Consiglio di sicurezza per condannare la Russia invece di votare contro.
Un chiaro segnale di come Pechino – pur essendo l’alleato di Mosca che attribuisce alla NATO le responsabilità di questa guerra – stia cercando di evitare il coinvolgimento in un conflitto che potrebbe portarla a pagare un prezzo assai elevato.
La stessa Russia ha ancora bisogno dell’Europa, visto che nonostante abbia firmato un accordo sul gas con la Cina – per la durata dei prossimi 30 anni – ci vorranno almeno tre anni ancora prima che sia completato il gasdotto.
Nel frattempo, nonostante le minacce di Putin, Mosca sarà costretta a consegnare all’Europa il gas che rappresenta una delle maggiori fonti di introiti del paese nel settore dell’energia.
Quali che siano gli scenari futuri, il potere finanziario e militare di Mosca ne risentiranno, avvantaggiando la Cina che contribuendo a pagarne il conto, potrebbe potenzialmente raccogliere enormi guadagni economici.
Illudersi dunque che la Cina possa assurgere al ruolo di mediatore super partes, è soltanto una pia illusione di un Occidente che non ha ancora compreso la portata di questo conflitto e le sue conseguenze economiche e politiche.
Senza considerare la variante imprevedibile – e potenzialmente pericolosa – che sta nelle parole non pronunciate da Putin allo stadio Luzhniki di Mosca: “Quando sarò innalzato (sulla croce) attirerò tutti a me”.
Gian J. Morici