Il sogno dello Zar, per i russi può trasformarsi in un incubo.
Fin dalla sua ascesa al potere, Vladimir Putin non ha mai nascosto il sogno di cancellare l’onta della sconfitta della guerra fredda, riportando la Russia alle antiche glorie che furono dell’Unione Sovietica.
Il desiderio di democrazia dell’Ucraina, più vicina a un modello europeo, nonché le sue ambizioni euro-atlantiche, rappresentano la spina nel fianco del leader russo che è pronto a ricorrere alla forza pur di cambiare il corso della storia e gli attuali confini geografici dell’est europeo.
Tutti i tentativi fatti in precedenza per ricondurre a casa il figliol prodigo, sono falliti.
Putin non c’è riuscito con Viktor Yanukovych, il cui tentativo di obbedire al Cremlino ha portato agli eventi del 2013/2014, aumentando la distanza tra Kiev e Mosca.
Falliti i tentativi di influenza politica, dopo l’inaspettata forte opposizione locale che ha portato al crollo del regime di Yanukovich, Mosca ha ottenuto parziali successi soltanto nelle regioni di Donetsk e Luhansk.
Le stesse ieri riconosciute da Putin come repubbliche autonome.
Le manovre militari, l’annessione – tale è di fatto – della Biolorussia, il riconoscimento di Donetsk e Luhansk, rappresentano un tentativo di minaccia nei confronti dell’Ucraina perché si arrivi a una sua resa diplomatica.
Quella che si prospetta nei prossimi giorni, è forse la fase più drammatica del progetto di Putin per assoggettare l’Ucraina e tagliare ogni legame del Paese con il resto dell’Occidente.
Sul piano militare, Mosca potrebbe vincere ogni resistenza da parte degli ucraini a un tentativo di offensiva su larga scala.
Le differenze in termini di uomini e mezzi tra le forze in campo sono notevoli e certamente non saranno le sanzioni dell’Occidente a fermare i carri armati.
Le nazioni europee sono troppo divise da interessi economici che non sono comuni.
A questo per molte si aggiunge la dipendenza energetica (gas) da Mosca, e le disastrate economie post-covid che a molti Paesi non permetterebbero di reggere l’urto dell’aumento del costo di materie prime e altri prodotti.
Per costringere l’Ucraina ad abbandonare ogni ambizione euro-atlantica e aderire al progetto geopolitico eurasiatico di Mosca, a Putin non resta altra soluzione che occupare militarmente una più vasta area del Donbass, stabilizzare questa occupazione e mirare a conquistare la maggior parte dell’Ucraina, continuando nel tempo a esercitare il controllo del territorio.
Difficilmente, infatti, l’occupazione di alcuni territori da parte dei russi, porterebbe alla resa degli ucraini che vedrebbero così la fine del loro stato.
Per quanto tempo i russi potrebbero portare avanti questa guerra?
Se nell’immediato, nei primissimi giorni, le forze armate russe potrebbero avere la meglio su quelle ucraine, la situazione potrebbe essere ben diversa con il passare del tempo.
L’identità nazionale ucraina si è molto rafforzata del 2014 ad oggi, e senza considerare l’attuale esercito e circa 900.000 riservisti pronti ad imbracciare le armi, stando ai sondaggi sarebbero milioni i civili che opporrebbero una forte resistenza all’offensiva russa.
Così come il Vietnam non ha insegnato nulla agli americani, l’Afghanistan sembra non aver insegnato nulla ai russi.
Dieci anni di guerra, oltre venticinquemila soldati uccisi, e più del doppio di feriti, videro l’Armata rossa ritirarsi con la coda tra le gambe – così come poi fecero gli americani – prima che l’Unione Sovietica si sgretolasse dal suo stesso interno.
Quante migliaia di soldati è disposta a perdere Mosca in quest’avventura?
E principalmente, quanti russi sono pronti a morire per questa guerra?
Forse Putin farebbe bene a chiederselo.
Sotto questo aspetto, gli ucraini hanno un’arma in più dei russi.
Mentre loro infatti combatterebbero per difendere le proprie case, i soldati russi, nel tempo e dopo notevoli perdite, comincerebbero a chiedersi per cosa stanno combattendo.
Gian J. Morici