In un paesello della Sicilia, in provincia di Messina, un giorno, il Conte Ruggero che venne per liberare la nostra terra dai Saraceni, si fermò in una masseria in aperta campagna. Era un giorno d’afa con un caldo soffocante, il Conte era stanco ed assetato e si fermò con i suoi cavalieri nella masseria di don Ninì Furnari, al quale chiese ospitalità. Il contadino, si prodigò con immense gentilezze e mise a loro disposizione tutto quello che aveva. Il conte Ruggero meravigliato della cortesia gli disse: ”buonuomo, mi conoscete? ”Il massaro gli rispose con parole garbate :”non c’è bisogno di conoscere la gente, siamo figli di Dio, voscenza è nobile ed io sono un contadino, dobbiamo aiutarci e volerci bene”. La notte il Conte e il suo seguito rimasero ospiti del contadino che li confortò di ogni ben di Dio. Il giorno dopo, all’alba, la piccola truppa e il Conte lasciarono la masseria, ma prima di partire Ruggero diede in consegna al buon e generoso don Ninì, il suo levriero ammalato, assicurandogli che sarebbe tornato a prendere il cane e a ricompensarlo per il suo disturbo. Don Ninì, ricevuto in consegna il cane, ebbe per esso cure e affettuosità e attese con pazienza che tornasse il Conte. Gli amici di don Ninì cominciarono a prenderlo in giro, perché aveva preso sul serio quel nobile che non si era fatto più vedere. Il massaro però li lasciava parlare senza interessarsi minimamente delle burla. Trascorso un anno, un giorno un magnifico corteo di cavalieri si fermò davanti la masseria, era il Conte Ruggero, che era diventato padrone della Sicilia e veniva a prendere il suo cane e a premiare il contadino per la generosità avuta per lui. I contadini che erano li presenti cominciarono a capire che avevano avuto torto a burlarsi di don Ninì. Il Conte rivolgendosi al massaro gli disse: “dimmi cosa desideri in ricompensa per la tua generosità e fedeltà. ”Facendosi coraggio il povero contadino gli rispose:” Voscenza è tanto buono, il mio desiderio e’ di possedere tutta la terra che sta vicino al mare, la contrada Arancia e la contrada Aranciotta ”. Il contadino fu subito ricompensato diventando il signore di quelle terre dove, poco appresso, sorse un paese che da lui prese il nome Furnari (ME). In ricordo di quell’avvenimento lo stemma del paese rappresenta uno scudo con un levriero, con scritte le parole: FIN CHE VENGA !
Il patrimonio culturale non è fatto solo di monumenti e oggetti ma anche di tutte le tradizioni e le storie trasmesse dai nostri antenati.
A mio padre che è stato il mio migliore insegnante
Margherita Arancio