di Gian J. Morici
Avvocato Giordano, la Corte di Appello ha assolto gli ex carabinieri del Ros dalle accuse loro rivolte, che portarono a condanne pesanti in primo grado. Dalla lettura di molti organi stampa, la conclusione che se ne trae è quella che la cosiddetta “trattativa” ci fu ma non costituisce reato…
Il capo di imputazione non è “trattativa”!
È sbagliato, così come è stato fatto da parte letture giornalistiche abbastanza ardite, sostenere che la formula assolutoria per carabinieri, che è quella che il fatto non costituisce reato,significa che la trattativa c’è stata ma la trattativa non costituisce reato.
Questa, a mio parere, è un’aberrazione, perché il reato di trattativa non esiste…
Il reato contestato è quello dell’art. 338 c.p.; un delitto contro la personalità dello Stato… minaccia o violenza ad un corpo amministrativo politico o giudiziario.
Quindi, sostanzialmente, il messaggio del “papello”, che poi si è rivelato un fake, secondo l’assurda – a mio parere – sentenza di primo grado, sarebbe stato veicolato dai carabinieri al governo che avrebbe ceduto alla minaccia…
Spesso, a livello giornalistico, si parla di “trattativa” senza sapere bene di cosa si sta parlando.
Secondo l’accusa, Mori e De Donno portarono questo “papello” a qualcuno del governo e il governo avrebbe ceduto.
In particolare, penso ci si riferisca alla vicenda dei 41 bis, quando alcuni non vennero rinnovati… ma sarebbero stati eliminati di per sé, anche perché nel momento in cui poi il 41 bis divenne un regime non più d’emergenza ma ordinario, è chiaro che non si potevano più mantenere tutte quelle persone al 41 bis…
Inoltre, con quale parte dello Sato avrebbero trattato?
La Procura non è stata in grado di argomentarlo.
Conso? Mancino viene assolto… Mannino è stato assolto…
Poi, bisogna capire cosa significa trattativa…
Se per trattativa si intende che il generale Mori andava da Ciancimino per cercare di farlo parlare, questo rientra perfettamente tra le prerogative di un carabiniere.
Se la trattativa è quella di tentare di convincere un mafioso a collaborare con la giustizia, allora ben venga la trattativa.
Se così fosse, l’accusa avrebbe scoperto l’acqua calda… Lo Stato in continuazione fa trattative con i mafiosi… in considerazione della legge sul pentitismo, lo Stato, proponendo la collaborazione in cambio anche di uno sconto di pena, di fatto fa una trattativa con il mafioso.
Siccome è stato detto che il fatto non costituisce reato, allora la “trattativa” c’è stata ma non costituisce reato… allora se la trattativa è convincere il mafioso a pentirsi, certamente la trattativa non costituisce reato, ma non costituisce neanche fatto, nel senso che la parola processuale significa che c’è il fatto tipico previsto dalla norma, cioè la minaccia, ma o è presente una causa di giustificazione, o manca l’elemento soggettivo
Autorevoli magistrati – che non erano quelli della “trattativa” – hanno fatto commenti sul dispositivo, sostenendo che ci sarebbe stata la minaccia al corpo politico dello Stato, ma mancava il dolo… come se si potesse fare una minaccia senza saperlo…
Si confonde – e secondo me è grave da un punto di vista giuridico – quello che è l’elemento soggettivo, cioè la coscienza e la volontà di portare avanti un fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, con i motivi reconditi del perché uno lo fa… e qualsiasi giurista sa che la causa non sono i motivi e che il dolo non comprende i motivi intrinseci o psicologici interiori che hanno determinato un fatto tipico…
Sostenere che manchi il dolo generico in una fattispecie – connotata tra l’altro soggettivamente – come la minaccia, è un’assurdità… Non è possibile che uno faccia una minaccia a un corpo politico amministrativo dello Stato, però non voleva farla.
È un assurdo giuridico e logico, prima ancora logico, più che giuridico.
Quindi?
Dalla lettura del dispositivo, potrebbe configurarsi una causa di giustificazione che è quella dell’adempimento di un dovere, oppure un’assenza di dolo specifico.
Non entrando nel merito delle dinamiche della storia, quello che posso dire è che non ci ho mai creduto.
A mio parere due possono essere le possibilità per decifrare questo arcano del dispositivo, che in verità tanto arcano non è…
Al di là del fatto storico, si può dire che gli ufficiali dell’arma sono stati assolti perché quella minaccia, che loro in qualche modo potrebbero aver fatto finta di veicolare al corpo politico dello Stato, è stata effettuata con una finalità istituzionale nell’adempimento di un dovere.
La prima ipotesi – secondo me quella più plausibile – è l’applicazione dall’articolo 51, cioè se il fatto storico, il fatto tipico, previsto dalla norma incriminatrice, è assistito da una causa di giustificazione, da una causa di non punibilità, si applica la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
L’altra ipotesi è perché la norma prevede un dolo specifico che è la finalità, anche se non realizzata, di impedire lo svolgimento o di turbare la funzionalità dello Stato.
Si potrebbe pensare che i carabinieri abbiano finto di veicolare questa minaccia ma non lo scopo di turbare il funzionamento dell’organo politico, bensì nell’adempimento di un dovere.
Questa potrebbe essere un’ipotesi.
Lo Stato comunque, in ogni caso, non ha ceduto e la mafia non ha vinto.
Io ho conosciuto di persona Mori e De Donno… erano dei servitori dello Stato.
Io sfido a dimostrare che abbiano tratto vantaggi personali per quello che hanno fatto.
Li ho conosciuti, mio padre si fidava molto di loro, Falcone si fidava di loro, Borsellino si fidava di loro.
Riguardo il “papello” di Massimo Ciancimino, un foglietto che non sappiamo scritto da chi, né quando, né chi lo diede a Ciancimino… che valenza poteva avere in questo processo?
Questo non riesco a capirlo neanche io francamente… è un libero apprezzamento della Corte di primo grado, però quelle motivazioni non mi hanno assolutamente convinto…anche perché già nella sentenza di primo grado – se non sbaglio – si riconosce il fatto che il “papello” sia un fake, un falso…
Come questa possa essere la prova di un accordo, di una trattativa tra lo Stato e i vertici di Cosa nostra, mi sembra veramente inspiegabile…
Sarà un problema mio, un mio limite personale, ma questa cosa mi risulta assolutamente incomprensibile…
Abbiamo letto di critiche al fatto che ci sia stata la condanna dei mafiosi ma non quella di figure istituzionali, i cosiddetti colletti bianchi…
Tutto quello che è accaduto rientra in un teorema accusatorio – cosa che Falcone aveva escluso decisamente, e che viene escluso anche dalla sentenza del Maxiprocesso – in cui si cerca sempre, di trovare – trattativa o non trattativa – il cosiddetto terzo livello, come se i mafiosi fossero sempre dipendenti, in qualche modo, da qualche politico o da qualche struttura politica…
Come se ci fosse un manovratore occulto che dava ordini a “cosa nostra”.
Tale assunto trova conferma nei vari processi “politici” costruiti dalla Procura di Palermo diretta da Caselli che si sono sempre conclusi con sentenze di proscioglimento.
Questo a mio parere significa non avere ben compreso la natura di “cosa nostra”…
“Cosa nostra” agisce per i suoi interessi e per i suoi fini, principalmente quelli economici, quindi non sta alla corte di nessuno… semmai, ci sono certamente personaggi che sono collusi con la mafia, che hanno in qualche modo rappresentato l’anello di congiunzione fra determinate componenti mafiose e determinate componenti istituzionali.
Questo andrebbe ricercato con più attenzione, anziché spendere soldi, energie e risorse per processi che alla fine si rivelano fallimentari…
L’interesse della mafia per gli aspetti economici, ci riporta all’indagine mafiaappalti…
Una delle ipotesi che è stata formulata, è quella che la morte di Borsellino sia stata quantomeno accelerata dal fatto che stesse cercando di seguire il dossier mafia-appalti – che era stato fondato sulle relazioni proprio di Mori e dei suoi collaboratori – per il quale il dott. Scarpinato chiese e ottenne poi l’archiviazione…
In attesa delle motivazioni della sentenza, cosa possiamo dire ai nostri lettori?
Quello che si può dire dal dispositivo della sentenza, é che l’accusa ha perso e la difesa ha vinto.
Questo è un fatto chiaro, perché l’accusa tendeva alla conferma della sentenza di primo grado, che evidentemente così per come era scritta non ha retto al vaglio della rilettura della Corte d’Assise d’Appello e all’integrazione dell’istruttoria dibattimentale che è stata fatta con molta attenzione da parte della Corte