La battaglia legale
Com’era prevedibile la Corte Suprema ha posto fine al tentativo di sovvertire legalmente il voto degli elettori americani, come ha tentato di fare quello che ormai in molti considerano il peggiore presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto.
Il ricorso promosso dal procuratore generale del Texas, Ken Paxton, per fare invalidare i voti di milioni di americani, è stato bocciato dalla Corte Suprema all’unanimità dei voti (9 – 0).
A nulla è valsa la nomina a vita dei tre giudici – voluta da Trump – né la solida maggioranza conservatrice del tribunale, né l’aver fatto sottoscrivere il ricorso a 19 procuratori generali del GOP e 125 legislatori della Camera del GOP. Nessun giudice, seppure appartenente all’area politica del presidente, ha avuto il “coraggio” (così lo aveva definito The Donald) di avallare un colpo di spugna che avrebbe sovvertito il sistema democratico americano.
“La Corte Suprema ci ha davvero deluso. Non hanno avuto saggezza e coraggio” ha twittato Trump poco prima della mezzanotte di venerdì.
L’ultimo tentativo che potrebbe compiere l’ormai ex presidente, è quello di intromettersi nel conteggio dei risultati del Collegio elettorale del Congresso nel mese di gennaio. Un risultato che sembra sempre più lontano, visto che molti repubblicani sembrano non volersi impantanare nella sua battaglia personale che già ha causato notevoli danni proprio al partito che rappresenta. Il suo indiscusso potere – utilizzato come arma di ricatto – di revocare nomine o licenziare quanti non ubbidiscono ai suoi ordini, sembra vacillare giorno dopo giorno.
Covid-19
Se giorno dopo giorno vacilla sempre più il potere di questo strano presidente americano, così non è per il danno che ha arrecato alla fiducia degli americani nelle istituzioni democratiche, che durerà molto oltre la sua fuoriuscita dalla Casa Bianca. Mai nessun presidente, dopo la guerra civile, era riuscito a dividere il Paese come ha fatto The Donald.
Non si tratta soltanto del venir meno della fiducia dei cittadini verso le istituzioni, in quanto a questo si aggiunge la diffidenza della popolazione nei confronti del mondo scientifico. Infatti, dopo le castronerie pronunciate da Trump a proposito dell’epidemia di Covid-19, che è costata la vita a oltre 300mila persone negli Stati Uniti, il suo interessamento al vaccino e i continui solleciti (sarebbe meglio chiamarle pressioni) affinchè la FDA rilasciasse l’autorizzazione all’uso di emergenza per il vaccino Pfizer/BioNTech, ha alimentato la diffidenza degli americani verso il suo utilizzo. Un’altissima percentuale della popolazione è infatti convinta che il vaccino non sia sicuro e che l’autorizzazione al suo utilizzo dipenda soltanto dalla volontà politica dell’attuale governo che contava sul fatto che fossero gli Stati Uniti la prima nazione al mondo a produrne uno a tempo di record prima della fine dell’anno. Un sogno che si è infranto con la realtà, visto che altri paesi, come il Regno Unito, hanno già iniziato a vaccinare per primi i loro cittadini.
Appena venerdì, su Twitter, Trump aveva definito la FDA come “una grande tartaruga, vecchia e lenta”, salvo immediatamente dopo (appena la FDA ha rilasciato l’autorizzazione all’uso di emergenza per il vaccino – ndr) pubblicare un video su Twitter parlando di un vaccino sicuro ed efficace in soli nove mesi.
Alle già tante vittime causate dal Covid-19 negli Stati Uniti, purtroppo si aggiungeranno le tante altre provocate dalla diffidenza degli americani nei confronti di un vaccino a cui Donald Trump ha voluto imprimere il suo marchio politico.
I problemi giudiziari e quelli economici
A parte il tempo dedicato all’hobby di tentare di ribaltare l’ordinamento democratico americano, The Donald ne ha dedicato parecchio altro alla preparazione dei doni da mettere sotto l’albero di Natale. Non quello della Casa Bianca, alla cui cura si è dedicata la moglie Melania, bensì a quelli dei vari famigliari, amici e conoscenti, per i quali – in previsione di dover lasciare la presidenza degli Stati Uniti – si sta dando un gran da fare per garantire l’impunità distribuendo grazie presidenziali anche preventive.
Dai figli al suo avvocato Rudy Giuliani; dai vertici della Trump Organization, fino ad arrivare a sé stesso in previsione di dover rispondere di tutte le accuse per aver commesso reati federali che gli aprirebbero le porte delle patrie galere per un lungo periodo di tempo.
Purtroppo per The Donald, se anche riuscisse ad evitare le questioni federali, difficilmente potrà sottrarsi ai rigori delle leggi statali per le quali non è prevista alcuna forma di grazia presidenziale.
Sono infatti diverse le procure distrettuali che indagano da tempo sui crimini finanziari che coinvolgono le società e le organizzazioni dell’ex presidente e quelle riconducibili ai suoi famigliari, esaminando possibili frodi fiscali, bancarie e assicurative nei rapporti aziendali di Trump e famiglia, compreso quelli commessi da suoi dipendenti o dipendenti delle sue organizzazioni che avrebbero falsificato le dichiarazioni in merito al suo patrimonio, a volte aumentandone considerevolmente l’attivo nel tentativo di farlo entrare nella lista di Forbes dei più ricchi americani, altre volte diminuendolo allo scopo di evadere il fisco.
Altra spada di Damocle sulla bionda testa, il debito di 340 milioni di dollari contratto con la Deutsche Bank grazie al fatto che avrebbe aumentato del 70% il suo attivo. La banca, dopo aver erogato i prestiti in virtù di quelle che oggi ritiene dichiarazioni non veritiere, di recente ha cercato di porre fine al rapporto finanziario con Trump, in attesa della scadenza delle prime rate del prestito che inizierà tra due anni.
I dirigenti della Deutsche Bank, secondo la Reuters, avrebbero analizzato anche la possibilità di cedere il credito ad altre organizzazioni finanziarie disposte a comprarlo. Una possibilità assai remota visto che le finanze di The Donald sarebbero meno rosee di quanto non abbia fatto apparire nel corso di questi anni. Ad aiutarlo, però, potrebbero essere i circa 170 milioni di dollari provenienti dalle donazioni di cittadini americani convinti di finanziare le azioni legali di Trump, e confluiti invece su Save America, un comitato che servirebbe a finanziare le sue future attività politiche.
Dalla Deutsche Bank, i cui dirigenti e impiegati sono stati sentiti nel corso delle indagini che riguardano Trump, trapela ben poco, oltre al fatto che comunque la banca ritiene che anche nel caso in cui le organizzazioni riconducibili all’ex presidente americano non facessero fronte agli impegni sottoscritti, si potrebbe rivalere sui beni personali di The Donald, poiché avrebbe personalmente garantito i prestiti concessi.
Un vero incubo per il biondo inquilino della Casa Bianca, che dopo lo sfratto rischierebbe anche ingenti perdite economiche personali.
Gian J. Morici
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