Che Donald Trump avesse perso le elezioni presidenziali americane lo sapevano tutti. Lo sapeva lui, il suo staff, i repubblicani, il presidente eletto Joe Biden e i suoi elettori. Lo sapevano tutti, tranne i fanatici capaci di lasciarsi coinvolgere persino dalle folli teorie complottiste di QAnon. Teorie che hanno preso piede anche in Europa e nel nostro Paese, dove gruppi in supporto di The Donald non hanno fatto altro che rilanciare le false accuse del presidente (ormai ex) americano.
Quattro anni di presidenza di Trump hanno pericolosamente minato la democrazia in America e messo in crisi il sistema giudiziario. Scandali, reazioni nelle piazze, interferenze di altri paesi, il tutto condito dal clima di odio che è riuscito ad instillare nel sangue di ogni singolo americano, hanno spaccato in due una nazione che continuerà a risentire ancora per diverso tempo dell’eredità di quello che molti americani definiscono “un bullo arancione”.
I ricorsi e le falsità delle accuse del furto delle elezioni
Chi pensa che Trump sia stato sconfitto commette un grosso errore.
Che il tycoon temesse con la sua sconfitta elettorale le conseguenze giudiziarie di quello che ha fatto per anni, era chiaro, così come era chiaro – e avevamo già preventivato – che avrebbe fatto ricorso alla grazia presidenziale per sé stesso e per i suoi accoliti. Dopo la grazia concessa a Michael Flynn, suo ex consigliere per la sicurezza nazionale (reo confesso nella vicenda Russiagate), la stessa via d’uscita è infatti prevista per i suoi figli e per il suo avvocato, Rudolph Giuliani. Una grazia preventiva che li metterà al riparo dai reati federali ma non da quelli commessi in violazione delle leggi statali.
Ma non è questa l’unica risorsa di uno dei peggiori presidenti che gli Stati Uniti abbiano mai avuto. Quello che infatti per molti è un imprenditore di successo – che in verità deve molto all’eredità paterna e all’aver potuto usare la politica come fonte di arricchimento che gli ha permesso di evitare il fallimento di molte sue aziende – ha utilizzato l’estenuante lotta con l’eletto Biden per rimpinguare le sue tasche con gli ulteriori 170 milioni di dollari provenienti dalle donazioni di cittadini americani convinti di finanziare le azioni legali di Trump che avrebbe dimostrato come le elezioni che lo hanno visto sconfitto erano state falsate da imbrogli.
A perdere sono i repubblicani
Nella realtà il denaro è confluito su Save America, un comitato che servirebbe a finanziare le future attività politiche di The Donald, e una minima parte al comitato dei repubblicani.
Ma non solo di soldi si tratta, infatti, a seguito delle false accuse presentate da Trump sulle frodi elettorali e le manovre del partito democratico, dopo la smentita delle stesse da parte di organi federali e giudici anche repubblicani, molti sostenitori cominciano a rendersi conto di quali fossero i reali interessi di The Donald, finendo con il perdere fiducia anche nel partito. Una spaccatura si registra tra gli stessi uomini di partito che si rendono conto di come le strategie adottate da Trump, per meri interessi personali, si siano rivelati dannosi per il partito che rischia di perdere i ballottaggi nello stato della Georgia.
Purtroppo, il timore di vendette impedisce ancora a molti esponenti politici di prendere le distanze dalle farneticazioni di un leader politico che si è trasformato in padre-padrone del partito che rappresenta.
L’eredità di Trump
L’era trumpiana lascia una pesante eredità al popolo americano e al suo vero presidente, Joe Biden: il bipolarismo fanatico e violento, nonché un pericolo per la democrazia del Paese.
Cosa produrrà il clima di odio? È assai probabile che la definitiva sconfitta del presidente uscente finisca con il generare episodi di violenza da parte delle frange più estremiste del suo elettorato. Dai white supremacist groups, agli accoliti fanatici di QAnon (attenzionati dall’Fbi come possibile fenomeno di terrorismo interno) c’è da aspettarsi azioni che vadano ben oltre le manifestazioni di piazza. Senza considerare la possibilità di attentati coperti da false flag con l’obiettivo di creare un clima di insicurezza che porti a forti reazioni e al rafforzamento delle teorie dell’estrema destra americana.
Un serio pericolo per la democrazia, visto che il generale Michael Flynn – lo stesso graziato da The Donald e reo confesso nella vicenda Russiagate – sollecita Trump a esercitare la sua “straordinaria autorità” affinchè venga sospesa la Costituzione e proclamata la legge marziale. Flynn, che dichiara sia necessario farlo per evitare una seconda guerra civile, afferma che non c’è più un modo pacifico per preservare l’unione del Paese.
Nella logica del militare – fallito quello che sarebbe stato un colpo di stato giudiziario costringendo i grandi elettori a votare Trump nonostante il risultato delle urne – la soluzione sarebbe quella da “repubblica delle banane” sudamericane, con un colpo di stato manu militari che mantenga al suo posto quello che non sarebbe più il presidente di un democratico Paese occidentale, bensì un dittatore al quale manca soltanto il proclamarsi imperatore degli Stati Uniti.
Difficilmente questo potrà accadere. Quel che invece è certo, che gli Stati Uniti del dopo Trump non saranno più lo stesso Paese di prima, e l’odio seminato a piene mani produrrà le sue conseguenze.
Solo una seria presa di posizione da parte degli esponenti politici del partito repubblicano, sconfessando The Donald e mostrandolo a tutti per quello che realmente rappresenta, potrebbe impedire il ritorno al clima del 1861, ripristinando i veri valori dell’Unione, che guidarono la presidenza Abraham Lincoln, primo presidente repubblicano degli Stati Uniti.
Gian J. Morici
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