La “Saga Palamara”, quella dell’ex presidente Anm ed ex membro del Csm, che vede coinvolti politici, magistrati, imprenditori e persino aspetti della sua vita privata a seguito delle intercettazioni alle quali era sottoposto, assume sempre più le dimensioni di una “Piovra giudiziaria” che non è rappresentata soltanto una testimonianza del suo personaggio compromesso, ma da un triste spaccato della nostra magistratura e dalla sua vulnerabilità alla manipolazione e ai ricatti, che mette in discussione il processo di responsabilità e credibilità dell’intero sistema giudiziario.
La magistratura è al centro del sistema legale; spetta ai giudici l’applicazione delle leggi, la difesa dei diritti individuali, l’amministrazione di una Giustizia che sia super partes, nel pieno rispetto dei diritti costituzionali. I giudici, dunque, dovrebbero essere dispensatori di Giustizia, garanti dei principi democratici e dei diritti dei cittadini.
La “Saga Palamara”, tuttavia, ha mostrato una crisi del sistema giudiziario senza precedenti, nelle nomine dei vertici dei tribunali e nell’influenza del processo giudiziario, offrendo uno spettacolo indecoroso dell’idea di giustizia e di un equo processo, degno dei peggiori regimi militari, dando prova di come anche nei governi civili il potere riesca a manipolare il sistema compromettendo l’indipendenza della magistratura.
Non si tratta, come in alcuni casi precedenti, di accuse a giudici corrotti, intimiditi o di sentenze dettate, rispetto i quali era chiamato a intervenire il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno che ha lo scopo di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, poiché è proprio il Csm a essersi trasformato con le nomine giudiziarie in uno strumento clientelare e di clientelismo. Ironia della sorte, proprio il Csm ha cercato di stabilire il dispotismo giudiziario in chiara negazione dei principi di base.
Il caso Palamara non va visto isolatamente, né l’ex presidente Anm ed ex membro del Csm è migliore o peggiore di altri. Anche lui è il prodotto di un sistema in cui la magistratura viene trascinata in un vizioso gioco di potere che ne compromette l’indipendenza, minacciando lo stato di diritto e la democrazia. Palamara è peggiore di quanti pare fossero ricattabili? È u do ut des, nel quale non si possono fare differenziazioni tra ricattatore e ricattato, tra chi il “favore” lo ha ricevuto e chi lo ha reso.
Una “Piovra giudiziaria” che va ben oltre il Tonno (così Cossiga aveva definito Palamara) e che sembra abbia avuto anche la funzione di imporre indagini e aggiustare processi, trasformando tribunali e giudici, all’interno della struttura istituzionale, in attori d’élite che mettono in pericolo il sistema costituzionale. Il cittadino che domani varcherà la soglia di un’aula giudiziaria, con quale fiducia si rivolgerà al giudice? Non avrà forse il diritto di chiedersi chi e come ha condotto un’indagine, quale la sua appartenenza correntizia, quali i rapporti con altri magistrati?
Tra le tante altre cose, dobbiamo chiederci quali siano i criteri con i quali vengono determinate le indagini. È normale che una banalissima querela per diffamazione a mezzo stampa, vista la velocità e la solerzia con la quale una procura sembra essersi mossa, possa aver avuto priorità rispetto altre denunce? Quali sono i criteri adottati per stabilire quali procedimenti abbiano priorità rispetto altri? Gravità del reato, ordine cronologico delle denunce o cosa? Tutto ciò, sorvolando sull’interesse del magistrato affidante, che chiede, scrivendolo di suo pugno sulla delega al pm, di volerlo tenere informato. E non un pm qualunque, uno di quei magistrati che si occupano di gravi fatti di mafia. Potremmo continuare citando altri casi, come le richieste di decreti penali di condanna le cui indagini svolte appaiono molto carenti.
Anche rispetto fatti tanto banali, un cittadino ha il diritto di porsi delle domande e di aver timore non soltanto per gli eventuali procedimenti che abbia in corso ma anche sulle ripercussioni per aver manifestato poca fiducia in merito a come viene amministrata la Giustizia?.
Un capitolo a parte, meriterebbe la carcerazione preventiva. Autentica spada di Damocle che pende sulla testa di ogni cittadino, che deve temere possa essere impugnata dalle mani sbagliate.
Quale cura sarà in grado di iniettare equilibrio e sanità mentale nel sistema?
Gian J. Morici
Ma se per ipotesi si ammazza la piovra, che ne facciamo dei figlioletti che ha già partorito in gran numero?
Uccidere la piovra – metaforicamente parlando – non credo ormai risolva il problema Giustizia nel nostro Paese. Un polpo depone un numero di uova che varia da 50.000 a 400.000. Sicuramente la nostra “piovra” non arriva a questi numeri, ma quanti sono i figlioletti di questa orrenda creatura? E soprattutto, come si fa a riconoscerli, visto che i cromatofori di cui è dotato il polpo, lo rendono uno degli animali più abili nel mimetizzarsi con l’ambiente circostante?
Se già con lo scandalo del ’92, sui concorsi truccati in magistratura, sarebbe stato legittimo chiedersi in quale anno un magistrato avesse vinto il concorso; se con gli scandali successivi riguardanti richieste sessuali o l’obbligo di indossare minigonne, avremmo dovuto guardare i magistrati dalle ginocchia in su, oggi per stanare i polpi-magistrati dovremmo fare ricorso all’ammoniaca o al solfato di rame, così come avviene in mare?
Beh, se tale sistema non è consentito per stanare gli octopus in mare (si tratta infatti di pesca di frodo) difficilmente potrebbe essere consentito in un’aula giudiziaria, dove non avremmo neppure la certezza che a uscire allo scoperto siano soltanto le “piovre”.
Non rimane, per chi ci crede, che affidarsi alla giustizia divina o alla buona sorte…
Gian J. Morici
Concordo pienamente. Per non parlare dei suoi colleghi delle principali testate giornalistiche letteralmente nelle mani di certi magistrati, costretti a pubblicare solo quello che loro vogliono e mai a smentire accuse rivelatesi infondate e quindi diffamatorie!!!