
Si sta facendo in realtà il possibile perché non sia questo il caso dell’Italia. In pochi giorni si stanno materializzando, dal nulla, interi reparti attrezzati di ospedali, e come nei più terribili stati di guerra, numerose imprese stanno riconvertendo, come nel caso, per citarne solo uno, della Grafica Veneta di Trebaseleghe, colosso del settore, che ha appena cominciato a produrre schermi protettivi facciali per le popolazioni. Già, perché è chiaro ormai che siamo in guerra, una guerra subdola, di cui occorre prendere atto per cercare di vincerla. Ma vincerla non è, in questo momento, impresa scontata, perché è mancata intanto una delle condizioni fondamentali: la coesione, operativa, civile e morale dell’Europa.
All’inizio è stato solo un errore di valutazione, un abbaglio plateale, di un mondo che credeva troppo nella propria invulnerabilità. Si riteneva che si trattasse di una infezione asiatica come altre, destinata ad essere assorbita senza danni sostanziali.
Questo virus appariva «giallo», lontano, perfino esotico al microscopio. In realtà era solo l’inizio, perché il vero processo pandemico, il maggiore scatto in avanti diffusivo, è avvenuto in Europa, in Italia in primo luogo. Siamo davanti allora ad un morbo più propriamente europeo, «blu-stellato» in particolare, che in questo momento minaccia il mondo intero. Di certo, il caso della «Spagnola» del 1918 è stato differente, con i focolai originari quasi sicuramente occidentali. Ma la doppia partenza del coronavirus, dall’Asia e poi, molto più impulsivamente, dall’Europa, non costituisce una rarità. La Peste Nera del 1346-50, partì da Oriente, dalla regione del Mar Nero, ma fu la peste dell’Europa per antonomasia, la più estesa e micidiale, la più influente sui processi continentali. E qualcosa di analogo, seppure con più lentezza, avvenne con il colera del primo Ottocento, partito da regioni indiane ma destinato a mettere radici lungo vari decenni in gran parte dei paesi europei, molto più che in altri continenti, con esiti letali.

Davanti alla disillusione, alla fine delle certezze e delle facili retoriche, l’Europa avrebbe dovuto guardare le cose in faccia, reagire con senso di responsabilità. Invece va sfasciandosi, come in un ignominioso «8 settembre», mentre il presidente americano, se è vero quel che riportano alcune fonti, si adopera per ottenere l’esclusiva su un vaccino, ad uso degli States. Perfino l’Europa delle grandi economie, delle finanze, quella di Shenghen, appare tristemente in fuga, quando paesi come la Cina, il Venezuela, Israele, perfino la poverissima Cuba, stanno prodigandosi in una solidarietà attiva nei riguardi dell’Italia, con l’invio di medicine, operatori sanitari, materiali protettivi e altro. Non è facile prevedere il futuro, ma una cosa è certa: niente più, in questa Europa, potrà essere come prima, perché ogni alibi è crollato.

La storia, evidentemente, ha insegnato poco ai ceti dirigenti che stanno inscenando questo triste «8 settembre».
Carlo Ruta