C’è una vecchia canzonetta triestina che dice “la bora che viene e che va – la dise ch’el mondo se ga ribaltà”.
Diluvi, tempeste, caldo torrido, freddo polare, che vengono e che vanno ci dicono che il mondo, non solo il clima del mondo, è in disastrosa rovina.
Ma dicono anche che è pure la logica che “s’ha ga ribaltà”. Almeno la logica politica, quella che dovrebbe garantire la congruità del governare, del Governo, dei governanti, delle loro scelte e delle loro realizzazioni.
La storia di questa interminabile crisi, dei tragicomici rapporti tra le cosiddette forze politiche del nostro governo, è storia di follia che si svolge secondo una logica capovolta.
Tutto sembra spiegabile solo secondo il contrario della logica. C’è dunque un’”antilogica” che muove e sorregge l’antipolitica dei Cinquestelle, ma non solo dei Cinquestelle.
Cominciamo dalle ultime battute. Ultime, naturalmente, si fa per dire. Niente lascia sperare che non si debba aspettare il secolo prossimo venturo perché la ragione riprenda il sopravvento.
Un Ministro, di un Ministero che dovrebbe essere simbolo di nazionalità, della Pubblica Istruzione, Fioramonti, a piè fermo resiste ad ogni attacco dell’opposizione. Il Governo vacilla, ma non cade. Fioramonti resiste e da Parlamentare vota la fiducia a sé stesso. La ottiene. Ne prende atto e si dimette. Fiducia un bel cavolo.
Ministri e Parlamentari votano l’infame norma sulla prescrizione dei reati, che diventa la garanzia per l’incuria dei giudici e per la vita eterna dei processi. Preso atto che i processi durano troppo, si stabilisce che il troppo non guasta, non conta, anzi, fa buon viso alla cattiva sorte della giustizia.
Passa la legge e, dopo di ciò, quelli stessi che l’hanno votata si mettono ad analizzarla e, convinti che ciò che hanno stabilito sia davvero un po’ troppetto, litigano su quello che dovrebbero modificare.
La c.d. “manovra” è un rincorrersi di dilazioni, sospensioni, anticipazioni. La classica coperta che non copre che mezzo letto.
Il tutto escludendo l’analisi di elementi di costo. Io che non posso vantare certo di essere un gran contabile, non avevo mancato, ad esempio, di notare che nessun calcolo, nessuna salvaguardia veniva posta per ciò che riguarda l’effetto del contenzioso per il “reddito di cittadinanza” e l’incidenza che avrebbe avuto qualche fenomeno di abuso di massa. Che è puntualmente emerso.
Ma è bastato che si mettessero d’accordo sul calendario Lega e Cinquestelle perchè i “capi” di quest’ultimo proclamassero che “la povertà era stata vinta”.
Ma una discussione delle leggi dopo la loro entrata in vigore anzichè prima della loro approvazione ha caratterizzato un po’ tutto il lavoro del Parlamento.
Vere e proprie risse sono scoppiate dopo la votazione dell’ultima “fiducia”.
Il fenomeno, pare, vada intensificandosi. E si può dire che sia un brutto segnale di affermata inutilità delle fondamentali istituzioni repubblicane: quello della funzione legislativa del Parlamento.
Ma questa inversione della logica della discussione delle leggi ha un effetto deleterio anche sulla durata in carica dei governi e sulla effettiva fiducia del Parlamento, necessaria per tenerli in piedi.
Se le leggi si approvano praticamente senza discuterle, facendo esplodere le questioni della loro interpretazione, dei loro effetti a dopo l’approvazione, quella che era una volta la preoccupazione delle forze politiche di non aprire crisi in prossimità di scadenze (bilancio etc.) di leggi da dover approvare oppure di aprire le crisi in tempi tali da addivenire alla soluzione della crisi stessa prima di quelle scadenze, o, invece, dopo aver utilmente provveduto a risolvere le questioni prima che il governo si dimettesse, così che è pressochè coincidente o successivo alla scadenza dei termini, ad esempio, per l’approvazione dei bilanci, era considerato periodo tranquillo, oggi è tutto il contrario. Si scatenano le bagarre non appena votata la fiducia.
Un governo che ha ottenuto il voto di fiducia è in “pericolo di vita”: le sue componenti possono scatenarsi a discutere e discutere a vanvera dei più gravi problemi senza la preoccupazione di doverli risolvere.
Le risse che si scatenano dopo l’approvazione con voto di fiducia di leggi a “scadenza determinata” sono oggi le più pericolose per la vita del governo. Si litiga di più e, magari, lo si tollera.
Sono liti, insomma, improduttive anche per quel che riguarda il pericolo di vita della compagine governativa.
Ciò che però è pericolosa, è l’atmosfera di falsità e di inutilità del discutere e del litigare.
E la stessa arte di rattoppare le leggi diventa ancor più disinvolta e balorda.
Invece di discutere le leggi per fornire degli strumenti efficaci e di sicuro effetto, si ingigantisce “l’arte del rattoppo”. E quello di addebitare la responsabilità agli altri,
Leggi fatte male, irrazionali, vengono rattoppate con pezze colorate. Così, poi, si deve provvedere con il rattoppo dei rattoppi: con le pezze colorate su le prime pezze colorate.
La vita di leggi assai importanti è contrassegnata da questo procedere per approssimazioni e rattoppi successivi. E la marea delle cosiddette leggi, delle loro modifiche, delle modifiche delle modifiche cresce a dismisura.
Crescono le leggi (e cresce il potere dei giudici di “interpretarle) e crescono i rattoppi ed i rattoppi dei rattoppi.
Per risparmiare la fatica di un’ampia e saggia discussione, se ne fanno cento a legge approvata. Ed il diritto e la giustizia vanno in fumo.
Mauro Mellini
30.12.2019