È di qualche giorno fa l’affermazione di Nino Di Matteo secondo la quale Matteo Messina Denaro è a conoscenza di segreti legati alle stragi, un uomo che conosce quei segreti e che è in grado di ricattare parte dello Stato. Di per sé le dichiarazioni di Di Matteo non aggiungono nulla a quanto ipotizzato anche dai giornalisti, ma confermano comunque come tali ipotesi non siano vaneggiamenti e possano trovare riscontro in realtà dolorose e preoccupanti per il coinvolgimento di pezzi dello Stato con uno dei più pericolosi criminali ancora in libertà. Nino Di Matteo infatti non è un giornalista ma un consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura fresco di elezione.
Quasi in concomitanza, ad affermare che il Csm è necessario verifichi l’operato di taluni magistrati, l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, che ha affidato a una sua nota pubblicata su “Il Circolaccio” dubbi, timori e perplessità in merito a quanto già verificatosi in passato e rispetto i fatti più recenti.
Queste mie argomentazioni destinate al Csm – sostiene Vaccarino -. formulate sulla scorta di atti e circostanze documentali e documentate, desidero vengano valutate con la necessaria attenzione perché laddove emergessero reati, della gravità che io sto verificando esservi, si possa procedere nell’incolpazione di chi abbia prodotto questi “guasti” alla magistratura inquirente. Chissà che Matteo Messina Denaro, non si possa così arrestare con maggiore facilità.
Partiamo dal suo arresto nel mese di aprile, quando, nell’ambito di un’inchiesta su presunte fughe di notizie in merito a indagini relative al boss latitante Matteo Messina Denaro, con l’accusa di aver passato un’informazione che aveva ricevuto dal colonnello Zappalà, della Dia di Caltanissetta, al boss Vincenzo Santangelo…
Vengo arrestato per aver favorito la mafia, rappresentata da un mafioso che io non ho mai frequentato e che non è più tale, perché, come affermato dagli stessi magistrati, dal ‘95/’96 non ha più avuto rapporti con la mafia… ma io vengo arrestato avendolo incontrato per due minuti – non riferendo nulla di segreto – per difendere Giuseppe Cimarosa (figlio di Lorenzo, che si pentì proprio grazie a lui – ndr) mentre c’è chi si ritrova già dal ’94 con le dichiarazioni di Geraci, che non è un quisque de populo, trattandosi di un pentito che ha vissuto a stretto contatto di gomito con Francesco Messina Denaro, con Totò Riina del quale conservava tutto l’oro, con Matteo Messina Denaro con il quale ha commesso diversi omicidi… è un pentito, che per quello che la storia giudiziaria mi insegna, che ha raccontato così tante cose reali, purtroppo, che ha consentito di svelare verità in merito alle stragi…
Cosa c’entra Geraci?
Soltanto ora apprendiamo che ci sono verbali d’udienza, nei quali Geraci fa nomi e circostanze di una gravità incredibile… che se attenzionati adeguatamente già dalle prime dichiarazioni del ’94, e poi ripetute successivamente (tutte acquisibili su Radio Radicale) sono sicuro che Matteo Messina Denaro non sarebbe stato latitante per così tanti anni.
Lei, con i servizi segreti (l’allora Sisde) s’interessò della latitanza del boss..
Ogni tanto si pontifica dicendo che si è prossimi alla cattura… da venticinque anni… però arrestano me e altri per favoreggiamento di Matteo Messina Denaro ma lui non viene mai arrestato… Come mai? I servizi erano protesi alla cattura di tutti i latitanti ed erano riusciti a catturare i peggiori… i più importanti, con in testa lo stesso Provenzano… si catturano tutti e dal 2007, dopo quattro anni di lavoro epistolare, eravamo pronti a catturare Matteo Messina Denaro…
Perché non fu possibile?
Perché ho commesso l’errore – che ripeterei – di volere a tutti i costi coinvolgere l’Autorità Giudiziaria. Mi si obiettò che il protocollo non lo prevedeva. Quella era una parte che afferiva alla necessità che gli investigatori debbono avere, di agire su input dell’Autorità Giudiziaria… risposi che le mie esperienze pregresse, di assoluta ingiusta carcerazione, mi inducevano ad avere paura di taluni magistrati inquirenti… terrore del borioso atteggiamento di mero potere, per cui ho ritenuto indispensabile scrivere alla Super Procura Antimafia, nella persona del dottor Pietro Grasso, che avrebbe dovuto, a mio avviso, attivarsi perché Matteo Messina Denaro potesse essere subito catturato.
Informò quindi la super procura che diede avvio alle indagini?
Magari…Giorni dopo aver scritto quella lettera, venni convocato d’urgenza dalla Direzione Investigativa di Trapani, dove trovai il capo struttura e un suo subalterno che mi chiesero del mio coinvolgimento nei servizi segreti e della lettera che gli era stata recapitata dalla Super Procura per chiedere notizie in merito. Potevo esimermi dal mio dovere di cittadino a servizio delle istituzioni? Risposi confermando sia il mio ruolo nei servizi che le attività svolte. Tutto venne messo a verbale. Passarono poche ore e mi ritrovai agli occhi dell’opinione pubblica mondiale con il nome che Matteo Messina Denaro – assolutamente inculturato e che mai quindi avrebbe potuto darmi – di Svetonio, letterato della letteratura latina, rendendo quindi nota la corrispondenza epistolare (pizzini) organizzata in seno ai servizi. Ho quindi subito un avvio di indagini, un atto dovuto, che si concluse, dopo aver accertato tutto quello che afferiva al mio comportamento, con l’archiviazione con la firma dei nove magistrati della Procura della Repubblica di Palermo, dal Capo di allora Messineo a Sergio Lari… da Pignatone a Sabella a Piscitello…
E dell’attività svolta con il Sisde?
Da allora, essendo stato vanificato il lavoro che avevamo fatto, ed elusa quindi definitivamente la possibilità di catturare Matteo Messina Denaro, ho individuato alcuni centri di potere che di fatto favorivano, e favoriscono, Matteo Messina Denaro. Ho presentato diverse denunzie ai procuratori di Trapani perché scavassero in queste vicende, che a me appaiono elementari, ma non ho mai ricevuto risposta alcuna, tranne quella di vedere promosso chi non aveva attivato alcuni indagine su fatti così gravi…
Torniamo a Geraci e alle sue dichiarazioni del ’94
Molti soggetti implicati in quelle udienze, sono stati amici, partecipanti alle riunioni, sodali dei Messina Denaro, anche medici che hanno curato sia Francesco Messina Denaro che il figlio., eppure, sono stati arrestati cani, porci e gatti ma mai nessuno tra quelli indicati da Geraci… neppure chi ha curato i due latitanti… una cosa che mi stupisce alquanto… ecco perché credo sia dovere del Consiglio Superiore della Magistratura quello di indagare per capire e apprendere cosa accadde, perché nessuno ha titolo per offendere la Legge soltanto con la boria che deriva da un potere immenso che non è quello dell’amministrazione della giustizia ma dalla gestione del mero potere.
Dunque diverse “anomalie” che a suo avviso meriterebbero di essere attenzionate…
Le cito come esempio il caso del luogotente Di Pietro che, a capo della struttura investigativa dei Ros di Trapani, conseguentemente alla cosiddetta “Operazione Palma” che mi vide ingiustamente accusato di essere mafioso, venne incaricato di indagare sul sottoscritto e su quanto era contenuto nell’Operazione Palma. Dopo un anno di indagini, lui e la sua squadra avevano verbalizzato che Vaccarino Antonio altro non era che una persona onesta, come peraltro testimoniato dal questore Rino Germanà che non si limita a dire che io con la mafia ero in antitesi ma dice anche che della classe politica ero la persona più seria, ribadendo così tutti i giudizi sempre espressi da funzionari dello Stato che affermavano perentoriamente della mia onestà… Dell’indagine del luogotente Di Pietro, abbiamo saputo solo adesso che a Caltanissetta si sta svolgendo il processo che vede imputato Matteo Messina Denaro per le stragi, il quale dichiara di aver consegnato allora l’esito delle indagini a chi gestiva il processo a mio carico e a carico di altre persone rovinate dalle propalazioni del finto pentito Calcara Vincenzo, tenute in considerazione più di quanto non lo fossero le dichiarazioni e l’esito delle attività investigative da parte di chi era tutt’altro che delinquente… ebbene, il verbale, dice Di Pietro, che venne consegnato nelle mani del pm di allora…
Una vicenda poco chiara quella del verbale delle indagini condotte dal luogotenente Di Pietro, visto che all’epoca pare non sia stata inserita nel fascicolo riguardante il processo a Vaccarino, tant’è che il pm ne chiese la condanna a 24 anni di detenzione, ottenendo in primo grado una condanna a 18 anni successivamente annullata con l’assoluzione dell’imputato. Perché di quel verbale non tenne conto? Perché non fu inserito nel fascicolo e della sua esistenza si è saputo soltanto a distanza di tantissimi anni nel corso del processo per le stragi che si tiene a Caltanissetta?
Nonostante le esperienze pregresse, a partire da quando collaborò con il Sisde, lei in questi anni ha continuato a voler collaborare con la giustizia perché si arrivasse alla cattura di Matteo Messina Denaro…
Incomincio ad avere paura che i miei interlocutori siano in una condizione tale da non dare nessuna garanzia di rappresentanza effettiva della legge… e però, avendo avuto notizia di chi fosse il Procuratore aggiunto che aveva la delega per la cattura del latitante, mi sono attivato subito per avergli avere tutta la mia disponibilità perché, valutato attentamente quanto avevo da riferire, si potesse giungere alla cattura di Matteo Messina Denaro. Ad oggi, rimango ancora in attesa che qualcuno sia interessato a quanto avrei voluto dire prima del mio arresto… Una richiesta, quella di essere sentito, prodotta dal mio avvocato, Giovanna Angelo, indirizzata al procuratore delegato alle indagini…
Molti i punti oscuri che riguardano la lunga latitanza di Messina Denaro. Un pentito, Vincenzo Calcara, ritenuto non credibile ed estraneo all’organizzazione mafiosa “cosa nostra” da più di venti anni, ma che riuscì, fino a poco tempo, fa a farsi tenere in considerazione da magistrati e dalla stampa. Un verbale “scomparso” che avrebbe potuto chiarire aspetti relativi all’Operazione Palma che portò all’incriminazione di Vaccarino con una richiesta di condanna a 24 anni e, solo successivamente, all’assoluzione dello stesso.
Perché le dichiarazioni di Geraci, verbalizzate nel ’94 e in date successive, con accuse ben precise persino contro medici che hanno assistito i Messina Denaro, padre e figlio, rimasero lettera morta?
Vaccarino oggi sembra preoccupato non soltanto per la propria incolumità e per quella dei suoi familiari, specie dopo la “visita” ricevuta dall’ex pentito Calcara, ma anche da quelli che possono essere gli interessi di metterlo a tacere da parte di chi per errore, o peggio, gestì quei processi che allontanarono da Matteo Messina Denaro ogni sospetto, mettendolo in condizione di poter perpetrare le stragi, addossando gravi responsabilità a persone poi risultate innocenti.
A tal riguardo, v’è da dire che nonostante le richieste prodotte da altre persone per essere sentite in Commissione Antimafia, componenti della stessa, grazie a continui rinvii, hanno fatto sì che non venisse acquisita alcuna informazione utile a conoscere aspetti inquietanti che riguardano il boss latitante e le possibili coperture istituzionale delle quali ha goduto e forse gode ancora.
Vaccarino ha sempre sostenuto che qualsiasi sua dichiarazione fuorviante poteva, e doveva, eventualmente dar luogo a procedere nei suoi confronti. Perché non sentirlo nelle sedi alle quali ne aveva fatto richiesta, in considerazione anche del fatto che per quattro anni, un caso unico nella storia di Matteo Messina Denaro, era riuscito con il Sisde ad “agganciare” il boss, cercando di farlo catturare?
Non resta che sperare che il Consiglio Superiore della Magistratura decida di far chiarezza sui lunghi anni bui che hanno coperto la latitanza del boss, altrimenti Nino Di Matteo avrà un bel da dire che Matteo Messina Denaro è a conoscenza di segreti legati alle stragi e che è in grado di ricattare parte dello Stato. Uno Stato che oggi deve dimostrare di essere scevro da qualsiasi ricatto, anche se per arrivare a questo si dovessero ammettere errori o collusioni pure da parte di magistrati che nel corso di questi anni hanno fatto arrestare – o hanno chiesto condanne esemplari – persone che collaboravano con le istituzioni, dimostrando comunque di non essere riusciti ad arrivare alla cattura di un boss sanguinario al quale si deve l’orrore delle stragi dei primi anni ’90. Quelle stragi nel corso delle quali sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Gian J. Morici
Una vicenda che andrebbe approfondita. Dimostra chiaramente che dentro la Magistratura e ai livelli alti di certe Procure si annidano pezzi della criminalità organizzata dediti anche a proteggere la latitanza dei peggiori delinquenti come Messina Denaro.