C’è qualcosa, molto, che non va in questa sentenza che avrebbe segnato la “fine” del “sistema Montante” e la “conclusione” di quello che si vuole considerare un “caso”.
Non va che la giustizia, che continua a baloccarsi con l’indecente processo della c.d. “Trattativa”, una sfida al fondamento del diritto ed alla logica del diritto e dello Stato, abbia ritenuto di “accorciare i tempi”, chiudere al più presto il processo alla più corposa e non occasionale vicenda di eversione politico-sociale di questi anni con un significativo “rito abbreviato”, troppo evidentemente destinato a non concedere lo sconto della pena (14 anni non sono pochi e non siamo noi ad invocare l’ergastolo quando un caso ci allarma e ci turba) ma piuttosto a restringere la portata del dibattito e ad impedire il “dilatarsi” a troppe evidenti propaggini.
Da anni, senza essere né profeti né possessori di chi sa quali segreti, andavamo gridando (al vento) che c’era un “Terzo livello” della Mafia: quello dell’Antimafia, della quale l’antimafiosissima (al punto da essere strumento di persecuzione dei propri iscritti in quanto taglieggiati dalla mafia tradizionale) Antimafia della Confindustria Siciliana (Sicindustria).
Oggi sappiamo che il “sistema” dell’Antimafia di Sicindustria, di Montante e del suo Clan aveva costituito un potere organizzato parallelo a quello dello Stato.
Ma Procure e Tribunali Siciliani pare abbiano detto che no, quel “potere parallelo” non è mafia.
In un Paese in cui accuse di mafia sono state levate a carico di esponenti di spicco (perché tali, si direbbe) della politica e della società civile, in cui la definizione di mafia è, si può dire, “aperta” (è mafia quella che è mafia) un’affermazione del genere relativa ad un “potere parallelo” che si riconosce e si afferma essersi creato ed aver prosperato in Sicilia è cosa che lascia interdetti.
C’è quindi qualcosa che non va. Molto.
Il perché di questa giurisprudenza restrittiva, dopo decenni di “dilatazioni” ha una sua ragione (naturalmente). A pensare male, diceva Andreotti, si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Il sistema Montante è stato dichiarato “non mafioso” per non ammettere che ne faceva parte (in realtà ne era addirittura strumento persecutorio essenziale) l’Antimafia.
E per non dover ammettere che strutture speciali giudiziarie e di Polizia, create per combattere la mafia, si sono quanto meno viste crescere sotto gli occhi, e nei loro stessi palazzi del potere una super organizzazione mafiosa.
Certo, la mafia di Sicindustria non aveva “coppole storte” e lupare e pistole, ma è la legge, il Codice penale che, sfidando il ridicolo prevedeva per il reato di associazione mafiosa una specifica aggravante “se l’associazione è armata”, stabilisce che vi sono mafie disarmate.
Ma una sua lupara l’aveva, eccome!
Occorrendo non le mancava certo il modo di accoppare ribelli e recalcitranti.
Il settore “giudiziario” del sistema Montante ho proprio l’impressione che sia stato (e rimarrà) il meno scandagliato. Settore giudiziario che non riguardava solo la “difesa” di persone e di certi affari, ma anche l’”offesa” di quelli che le si mettessero tra i piedi.
Il sistema Montante è finito? Proprio queste considerazioni sul fatto che esso fosse, in realtà, la vera, nuova mafia del Terzo (ed oltre) livello, fanno ritenere che Montante farà pure i non pochi suoi anni di galera e ne faranno gli altri Sicindustriali e “Sistemisti” coinvolti e non nel processo e negli altri che credo siano in corso. Ma attenzione! Il problema è il sistema. E’ la novità che importa nel mondo criminale ed in quello “parallelo” alla politica ed alle sue istituzioni.
Mauro Mellini