Io ho il sospetto che Matteo Salvini non abbia mai letto l’art. 52 del Codice Penale (Legittima Difesa) né le modifiche che, anche per accontentare proprio lui, furono ad esso apportate nel 2016. Salvini vuole che chi spara ad un rapinatore e lo uccide non venga disturbato con processi ed inchieste. E’ inutile cercare nel Salvini-pensiero quello che, secondo lui, dovrebbe essere la regolamentazione giuridica della legittima difesa.
Rapinatori, ladri, stupratori? Se gli sparano e li fanno secchi se la sono andata a cercare. Non si tratta di una proposizione tratta dai testi antichi o moderni del diritto. Mi rapini? Io ti ammazzo! E chi trova da ridire peste lo colga.
Il guaio è che questo Salvini non è un personaggio della Commedia dell’Arte. Lo scempio del diritto che può venir fuori da un Vicepresidente Ministro che sragiona così rischiamo di portacerlo nel bagaglio di quello che dovrebbe essere il diritto di un popolo di grandi tradizioni.
La regolamentazione della esimente della legittima difesa nel sistema giuridico italiano è fatta di secoli di esperienza e di discussioni teoriche non solo italiane.
Oggi prevalgono le discussioni degli “Amici del Bar dello Sport” che, per lo più non hanno mai letto il Codice Penale. Figuriamoci gli scritti sui dibattiti giuridici. Ma hanno letto e leggono notizie di giornali su casi di gioiellieri aggrediti da rapinatori che tirano fuori una pistola e ne accoppano o ne feriscono uno o più.
Nella migliore delle ipotesi parlano del caso, del processo, della sentenza e credono di saperne tutto delle leggi che sono applicate o si ritiene che lo siano.
Il sistema di regolamentazione della difesa dalla violenza delittuosa attualmente, è varia e più o meno limitativa o ampia nei vari Paesi.
Dobbiamo dire che il sistema italiano fondato sulle considerazioni di elementi oggettivi è tecnicamente assai perfezionato. E’ la sua applicazione che, come tutte le cose che passano sotto le mani dei giudici nel nostro Paese, lascia a desiderare.
Sono riconosciuti essere fondamentali per le nostre leggi dati oggettivi, come la necessità, la proporzionalità tra offesa e l’effetto della difesa, responsabilità anche solo colposa per la violazione delle proporzioni (eccesso colposo).
Dire che sia un sistema perfetto non credo si possa. Vi sono valutazioni di proporzionalità tra i vari elementi che possono essere oggetto di brillanti discussioni che consentono di fissare criteri e misure, ma se un giudizio di “proporzionalità” tra danno del crimine e danno che possa essere inflitto per difendersene può concludersi puntualmente a tavolino, discutendo tra giuristi, altra cosa è il giudizio che l’aggredito da un rapinatore possa fare nel reagire. L’“eccesso colposo” è uno dei nodi della questione. Non è facile “mettersi nei panni” di chi, all’improvviso, si trova ad avere a che fare con delinquenti potenziali assassini.
Se la valutazione delle possibilità e capacità dell’aggredito di porsi la questione della proporzione della sua reazione evitando che essa si traduca in uno stimolo per un’altra aggressione ed una maggiore ancor più pericolosa violenza di quella del malvivente è affidata a giudici ed ad agenti di Polizia ragionevoli e sereni, il sistema italiano può dirsi perfetto. Non lo è affatto se non si può fare affidamento nel buon senso, la mancanza di pregiudizi, l’equilibrio e la pacatezza di essi.
Se, dunque la legge ha bisogno di essere ritoccata, anzitutto occorrerebbe eliminare le modifiche del 2016, che hanno decisamente peggiorato lo schema originario dell’art. 51.
Bisognerebbe poi dare espressa indicazione legislativa del dovere di considerare le condizioni psichiche e lo stato d’animo dell’aggredito che non gli consentano una giusta proporzione nella sua reazione e siano anch’esse effetto dell’aggressione.
E’ possibile che, visto chi sono i sostenitori della “legittima difesa” (come se non ci fosse già tale norma!!!) una qualsiasi riforma non sia destinata a peggiorare le legge attuale?
Dubito molto che per soddisfare le esigenze declamatorie di un Salvini possa bastare qualcosa che sappia di ragionevolezza e di senso della misura. E dubito che ciò che, invece potrebbe soddisfarlo sia compatibile con il principio di ragionevolezza di un così complesso istituto giuridico.
Mauro Mellini