Intervista di *Luisa Pace
L’editore G.J. Morici e il ritorno nella sua terra
Gian Joseph Morici è l’editore di questo giornale. Il suo ruolo non si limita a questo ma scrive da lungo tempo sugli argomenti che gli sono più consoni: mafia, terrorismo… Dopo un periodo all’estero, in Francia, ha ritrovato la sua isola: la Sicilia. Il ritorno in “Patria”, in particolare nella sua Agrigento, può rivelare sorprese positive ma anche negative. Per una volta Morici parla della sua personale esperienza, che poi tanto personale non è, purtroppo…
Morici, tu che hai vissuto anni a Parigi, come hai ritrovato la tua terra dopo il soggiorno all’estero? Pensavi che la situazione fosse migliorata?
“Sì! Quando lasciai Parigi per tornare nella mia Sicilia, pensavo che qualcosa fosse cambiata in meglio. Quando si va all’estero si è un po’ come Zanna Bianca che sente il richiamo della foresta. Mi era successo già altre volte ed è per questo che sono tornato ancora una volta nella mia splendida terra. Purtroppo, a differenza di Zanna Bianca, qui la foresta è una giungla dove devi fare i conti con le criticità endemiche. La mafia, la politica clientelare, la disoccupazione, il lavoro nero o sottopagato, alle quali si sono aggiunte quelle create da un’antimafia di facciata che predica la legalità salvo poi violare le leggi…”.
Raramente parli di te e del tuo percorso, sei tu a parlare di mafia e di antimafia, di terrorismo…
“Effettivamente è la prima volta che vengo intervistato su fatti che mi riguardano in prima persona e non relativi alle mie attività di operatore del mondo dell’informazione o alle stesse connessi. Dopo il mio vissuto parigino, che mi ha visto anche nel ruolo di infiltrato all’interno dei gruppi dello Stato Islamico, la possibilità di lavorare per un istituto di vigilanza, e condurre una vita normale, mi è parsa un’opportunità da non perdere, tanto più che il datore di lavoro è conosciuto nel mondo dell’antimafia anche per le tante iniziative in favore della legalità. Inutile sottolineare come quest’ultimo aspetto per me fosse una garanzia sotto diversi profili…”.
Ed il risultato di questa nuova esperienza è stato convincente?
“Disastroso! Dopo il primo mese in cui ho preso servizio (dicembre 2017) la Global Security International – l’azienda per la quale ho lavorato – anziché pagare lo stipendio come da contratto, ha iniziato a versare acconti su quelle che dovevano essere le buste paga maturate. Una situazione che man mano è diventata insostenibile, tanto che alla fine del mese di dicembre 2018 (data alla quale non mi è stato rinnovato il contratto) l’azienda aveva saldato soltanto lo stipendio del mese di agosto. Nella mia stessa condizione, versano molti altri dipendenti, tra i quali almeno sedici che dopo aver affrontato le spese per recarsi in servizio (carburante, utilizzo del proprio mezzo ecc) sono rimasti anche loro senza lavoro a causa del mancato rinnovo del contratto…”.
Ti sei quindi trovato in una di quelle situazioni che hai sempre combattuto. Se capisco bene però, non tutti avete avuto gli stessi problemi…
“Sì, da quanto riferitomi da colleghi (ormai ex) mi risulta che dipendenti assunti dopo di noi avrebbero ricevuto acconti sullo stipendio maturato nel mese di novembre. Acconti per i quali, quindi, sarebbero state utilizzate somme che spettavano a noi. Bada bene, non ce l’ho con i colleghi nuovi assunti, che hanno il sacrosanto diritto di ricevere lo stipendio, ma vorrei capire secondo quale criterio mentre c’è chi attende lo stipendio da quattro mesi, altri vengono trattati in maniera diversa…”.
Mi stai dicendo che i metodi, diciamo “incresciosi”, utilizzati prima della tua partenza all’estero sono rimasti quelli?
“Purtroppo sì. Tra le altre cose, si è verificato un increscioso incidente che ha visto coinvolto un ex collega con l’accusa di estorsione nei riguardi di un’azienda alla quale avrebbe voluto imporre un contratto di vigilanza con il nostro istituto. Spero che il nostro ex collega, che non conosco, riesca a chiarire la propria posizione. Purtroppo, all’epoca del fatto, la stampa, nel dare la notizia delle pressioni esercitate per la stipula di un contratto di guardiania, per oltre 65 mila euro annui, precisò come fosse in favore di “un compiacente istituto di vigilanza privata del palermitano”. Se così fosse, e mi auguro che non lo sia, sarebbe opportuno verificare le assunzioni antecedenti al fatto e le eventuali differenze di trattamento tra dipendenti. Ovviamente, nessuna responsabilità potrebbe essere imputata agli assunti, ma dall’eventuale esito negativo degli accertamenti, si potrebbe fugare ogni dubbio sulla compiacenza dell’Istituto, così come ventilata dagli organi stampa.”.
Il fatto che i nuovi assunti siano stati remunerati con il denaro destinato al tuo stipendio ed a quello dei tuoi colleghi mi sembra assolutamente irregolare, salta all’occhio, da quanto durano questi metodi?
“Da parecchio tempo. Credo ci siano sempre state differenze di trattamento tra un dipendente e un altro. Certamente non si tratterebbe di procedure regolari… Anomalie e irregolarità? Tante, a partire dai contratti part time di 24 ore settimanali, salvo poi prestare servizio anche per oltre 230 ore al mese, per finire con la mancata corresponsione delle maggiorazioni per le ore di straordinario prestato che vanno ben oltre i limiti previsti dalla legge. Ci sono regole da rispettare, quantomeno quelle previste dal Decreto 1 dicembre 2010 , n. 269, del Ministero dell’Interno, tra le quali il dimostrare il rispetto degli obblighi contributivi, a mezzo del documento unico di regolarità contributiva, nonché l’integrale rispetto degli obblighi derivanti dall’applicazione del contratto collettivo nazionale di categoria, e della contrattazione territoriale di secondo livello.”.
Per chi non è del settore, chi dovrebbe vigilare sul rispetto delle regole?
“Il compito di vigilare spetta alle Prefetture e alle Questure, ma chi va a controllare, per esempio, se un istituto che opera in ambito territoriale esteso garantisce realmente un idoneo sistema di comunicazioni radio con la Centrale Operativa, se ha attivato centri di comunicazione o centrali operative distaccate dalla sede principale al fine sempre di garantire una reale e protetta comunicazione diretta con il personale operativo impiegato nei servizi? Si tratta di prescrizioni, il cui mancato rispetto, secondo la gravità del fatto, dovrebbe dar luogo alla revoca della licenza concessa all’istituto di vigilanza…”.
Puoi spiegare meglio l’importanza delle comunicazioni con la centrale ed il personale?
“Tanto per farti un esempio – che altri colleghi se chiamati a testimoniare non potrebbero negare – le nostre comunicazioni con la Centrale Operativa avvenivano tramite una chat su WhatsApp, con la quale la C.O., tramite messaggio, chiedeva se fosse tutto ok. Se l’operatore di Centrale era attento e si accorgeva che dopo 10 o 15 minuti non rispondevi, provava a chiamarti al cellulare. Altre volte, passava anche qualche ora senza che nessuno si accorgesse che non avevi risposto e questo senza considerare che chiunque poteva aver risposto al tuo posto tramite un messaggio che certamente non era il mezzo idoneo a identificarti.
Se consideri che ho anche lavorato da solo in cantieri in aperta campagna dove, durante le ore notturne, non avevi neppure una guardiola nella quale ripararti e dove a volte non c’era neppure campo sufficiente per chiamare la Centrale o collegarti a internet, ti rendi conto dei rischi ai quali si trova esposta una guardia armata o, peggio ancora, una Security, che non ha neppure il decreto di Guardia Giurata e di conseguenza non è dotata di alcun mezzo per difendersi da un eventuale malintenzionato. A dire il vero, sarebbe sufficiente un malessere, e una mancata risposta alla Centrale senza che nessuno se ne accorga, a far arrivare per direttissima all’altro mondo un povero padre di famiglia che lavora in condizioni disagiate per pochi euro l’ora (percepiti a distanza di mesi).”.
Scusa, ma allora i compiti che avete svolto sono regolamentati e regolamentari?
“Soltanto a seguito di quello che è accaduto, tanto io quanto altri miei colleghi, ci stiamo documentando anche in materia di disposizioni previste dal Testo Unico sulla Leggi di Pubblica Sicurezza e, credimi, non sono pochi i dubbi in merito ai servizi che abbiamo svolto. I servizi, venivano programmati dal “Comandante” – così si faceva chiamare – e a noi comunicati a volte soltanto il giorno prima. Ridi perché parlo di “Comandante”? È vero, non sono mai stato sottomesso a un’autorità di tipo gerarchico senza l’autorevolezza di chi il grado lo ha conquistato sul campo. Del resto, fa un po’ ridere che “gradi” – direi di tipo militare – vengano assegnati in ambito civile senza che nessuno verifichi le qualità del “graduato”. Questo vale anche per gli altri istituti. Un “Comandante” lo si vede anche dalle assunzioni di responsabilità, vedremo se il “Comandante” in questione sarà in grado di farlo anche per i servizi dallo stesso comandati, nell’ipotesi in cui si riscontrassero aspetti di “irregolarità”. Ora figurati cosa ne posso pensare io che, come ben sai, ho avuto rapporti con alti ufficiali, ai quali, pur riconoscendone l’autorevolezza, non ho mai dato del “Comandante”. Tu scrivi per la rivista francese della Difesa, chi meglio di te potrebbe vedersi assegnati i gradi? Se non lo fa la “Difesa”, ti concedo io il grado di Generale…”.
Avete anche affrontato spese professionali soggette a rimborso?
“…nessun rimborso, neppure a chi per legge spettava. Il servizio lo svolgevamo con i nostri mezzi, affrontando anche le spese di carburante, senza percepire alcun rimborso. Anzi, gli acconti sugli stipendi, erano poco più che sufficienti a coprire le spese effettive… Inoltre, non so se una Security può effettuare servizio di vigilanza fissa diurna o notturna ad un obiettivo fisso, visto che il TULPS mi pare che preveda come – con riferimento alla natura dell’obiettivo da vigilare – il servizio debba essere svolto da una o più guardie giurate armate e in uniforme, munite di idoneo equipaggiamento.”.
Come guardie armate le regolamentazioni in vigore sono state rispettate?
“Magari… figurati che ho anche prestato servizio notturno con un collega armato che mentre doveva vigilare con me all’interno di un parco eolico in costruzione, essendo “reperibile” (mi chiedo se mentre si presta servizio di vigilanza si possa essere reperibili per altro) è stato chiamato per un’attivazione del segnale d’allarme di un’azienda che si trovava a circa 50km di distanza da dove ci trovavamo in quel momento. A prescindere dal tempo necessario a raggiungere il luogo dell’allarme (più che sufficiente a compiere un furto o un danneggiamento) anche in questo caso, essendo il collega in servizio con la propria auto, venivano violate le prescrizioni di legge le quali impongono che la Centrale Operativa dell’Istituto provveda ad inviare, con automezzo radiocollegato di proprietà o nella disponibilità dell’Istituto, con i contrassegni approvati dall’Autorità competente e di apparato radio anche portatile (e non con l’uso del proprio cellulare), personale dipendente dallo stesso Istituto, affinché proceda all’ispezione sul posto. Inoltre, c’è da chiedersi che genere di servizio viene garantito a un’azienda che paga un istituto di vigilanza per un pronto intervento su allarme, quando chi deve intervenire si trova lontanissimo dai luoghi in cui è richiesta la sua presenza…”.
Insomma, il ritorno a casa non ha riservato buone sorprese?
“Come vedi, questa non è la foresta di Zanna Bianca, è la giungla. Una giungla sulla quale, tra gli altri, dovrebbero vigilare le Prefetture e le Questure. Quello che più mi dispiace – oltre agli aspetti economici che non sono da sottovalutare – che ai vertici di questa struttura (G.S.I.) ci sia chi si presenta ai convegni per insegnare ai ragazzini che la cultura della legalità inizia dal non gettare per strada la carta delle caramelle…
Chi vigila sulla vigilanza?”
*Luisa Pace, membro dell’European Journalist Network, membro del comitato dell’Association de la Presse Etrangère, in Francia direttrice della rivista “Lumière Internationales”, come giornalista free-lance,scrive per diversi quotidiani e periodici svizzeri, italiani e francesi.
Gran bell’articolo che mette in luce tutte le criticità di questo istituto e al quale, nonostante tutte le dimissioni per giusta causa date dai dipendenti (ovviamente x mancate retribuzioni)e sono molte,l’uso di mezzi personali anche per fare servizi di scorta valori,mancata copertura del ponte radio,ecc.ecc.Và avanti da anni eppure,la prefettura continua a girarsi dall’altro lato e a rinnovargli la licenza. Per quanto riguarda il paladino dell’antimafia bhe,NO COMMENT. (Mi vado a prendere una PLASIL )