Rimane la condanna del 2011 del tribunale di Roma
Il Tribunale di Palermo archivia le accuse formulate da Vincenzo Calcara su Gianfranco Becchina relative alla sua associazione alla famiglia mafiosa di Castelvetrano . La notizia è sul GDS di oggi a firma di Francesca Capizzi. Le accuse del “pentito” Calcara già ritenuto “non attendibile” su certe accuse lanciate a persone finite in carcere, anche dall’ex pm Massimo Russo, erano state avvalorate dal PM Carlo Marzella, firmatario di diverse inchieste di mafia sul territorio, tra le quali anche quelle legate al collaborante scomparso Lorenzo Cimarosa . Marzella aveva coinvolto Becchina in un altro procedimento a suo carico su dichiarazioni di Calcara. Il Tribunale di Palermo ha ritenuto non credibile le dichiarazioni di Calcara a proposito delle relazioni su Becchina e la famiglia Messina Denaro, archiviando la pratica sostenuta fortemente da Marzella che aveva creduto a Calcara. Becchina rimane anoca sotto la scure della misura di sequestro di tutti i suoi beni da parte del Tribunale di Trapani e in applicazione di una sentenza del 2011 del Tribunale di Roma .
Secondo alcuni collaboratori di giustizia attendibili, ci sarebbe stato proprio Francesco Messina Denaro dietro il furto del famoso Efebo di Selinunte, statuetta di grandissimo valore storico archeologico trafugata negli anni Sessanta e poi recuperata. «Lo svolgimento da parte di Becchina di un fiorentissimo traffico internazionale di reperti archeologici, di durata trentennale, è stato attestato nella sentenza emessa in data 10 febbraio 2011 dal Gup di Roma, mentre l’esistenza di cointeressenze economiche tra il proposto ed esponenti di spicco della consorteria mafiosa, oltre che dalle dichiarazioni di numerosi e qualificati collaboratori di giustizia, tra cui Rosario Spatola,Angelo Siino e Giovanni Brusca», dicono gli inquirenti «è stata accertata, in via definitiva, dal Tribunale di Agrigento che, al termine del procedimento di prevenzione celebratosi a carico del noto imprenditore mafioso Rosario Cascio, con decreto del 21 giugno 2011 ha disposto, tra l’altro, la confisca della Atlas Cementi S.r.l., società costituita nel 1987 proprio da Becchina e della quale Cascio era entrato a far parte nel 1991». Dunque, Becchina non avrebbe fatto parte della famiglia mafiosa ma , secondo la sentenza di Roma ,avrebbe consentito lo sviluppo di un fiorente mercato di beni archeologici e altri interessi