Ma le polemiche continuano a infuriare
La recente strage in Florida ha riportato prepotentemente alla ribalta il dibattito sul libero mercato delle armi negli Stati Uniti. Tante sono state le rimostranze su questa tematica, da persone comuni come da personalità eccellenti, che hanno espresso tutta la propria contrarietà sui social network o sulle reti televisive nazionali. Su Facebook é partita in queste ore la campagna
“one less gun” – “un’arma in meno” dove diversi utenti postano video e foto che li ritraggono nell’atto di distruggere le loro armi.
La storia americana è da anni ormai costellata di sanguinose sparatorie nei licei come nelle università; la recente strage non è che la punta dell’iceberg di un fenomeno troppo sottovalutato, o poco considerato, forse anche volontariamente, da diversi presidenti americani. Già nel 1927 i quotidiani locali riferirono della prima gravissima strage in una scuola del paese, quella alla Bath School di Bath Township nel Michigan: i morti furono 45, ad opera di Andrew P. Kehoe. L’uomo fece esplodere delle cariche di dinamite nell’istituto, apparentemente senza motivo. I motivi del gesto sarebbero stati da ricondurre ad una questione legata alla costruzione della scuola. Rimane la più grave strage di sempre in un istituto scolastico statunitense.
20 Aprile 1999, Columbine High School, Colorado: due giovani, Eric Harris e Dylan Klebold, di 18 e 17 anni, fanno irruzione all’improvviso nella scuola, sparando all’impazzata. Dodici studenti ed un insegnante perderanno la vita per il gesto di follia.
14 Dicembre 2012, Sandy Hook Elementary School, Connecticut: Adam Lanza, studente di 20 anni, spara all’interno dell’istituto elementare, causando la morte di 27 persone. Si ucciderà all’arrivo della polizia.
Tutte queste disgrazie hanno sempre posto al popolo americano lo stesso drammatico punto interrogativo. Perché i giovani o chiunque in genere può facilmente acquistare o ricorrere alle armi in questo paese? Una domanda circolata miliardi di volte, a cui diversi presidenti americani hanno preferito bene non rispondere. Troppo forti certi poteri, per poter prendere una decisione netta sul caso. E chi ha tentato in qualsiasi modo di riuscirci, di arginare tale problema, come Barack Obama, alla fine è stato costretto ad arrendersi. Una via tortuosa, piena di spine. Troppi gli ostacoli da affrontare.
Il popolo americano, all’indomani dell’ultima strage, è tornato a far sentire forte la sua voce.
Mai come questa volta la folla si ribella, alla vendita facile delle armi. Al sangue innocente nelle scuole. Quelli appena trascorsi sono stati giorni di grande protesta, in tante città. Tutto un susseguirsi di cortei di giovani studenti, di genitori, di insegnanti, tutti insieme contro le lobby delle armi, tutti contro Donald Trump. Prevista per il 24 Marzo a Washington una grande manifestazione di protesta.
Dal canto suo, lo stesso presidente americano sembra aver deciso questa volta di prendere atto finalmente di tali rimostranze. Dopo aver tagliato i fondi per il sistema di controlli sulle armi, nelle ore seguenti la grave sparatoria di Parkland sul tavolo della Casa Bianca sarebbe spuntata l’opzione di una decisa stretta sulle armi. Non solo: Trump in queste ultime ore starebbe valutando con i suoi collaboratori un divieto per l’acquisto di armi per tutti gli under 21. L’indiscrezione viene battuta da vari media statunitensi.
Inoltre, in un recente incontro alla Casa Bianca con alcuni sopravvissuti alla strage in Florida, e con i genitori delle vittime della scuola di Parkland, il presidente avrebbe anche ventilato l’ipotesi di armare i professori delle scuole americane. Proposta già recepita, e messa in pratica. Scott Israel, lo sceriffo della contea in Florida, luogo della recente sparatoria, ha autorizzato il personale scolastico a dotarsi di fucili per motivi di sicurezza. Ma la protesta infuria ugualmente: proprio a poca distanza dal palazzo presidenziale in quelle ore è andata in scena una contestazione, con striscioni e slogan, da parte di genitori e studenti. Al grido di “Am I next?”, “Sarò io il prossimo?”, i manifestanti hanno preso di mira sia il tycoon, che la potentissima Nra (National Rifle Association), l’organizzazione lobbystica che detiene il controllo totale sulla circolazione delle armi in tutto il paese nord – americano. Proprio dall’interno dell’associazione, arriva nelle ultime ore una dichiarazione: il portavoce dell’organizzazione, in merito al giovane killer di Parkland, ha dichiarato “Non avrebbe dovuto avere accesso ad un’arma”.
Anche lo stesso congresso è finito nel mirino dei contestatori. E’ giunta nelle ultime ore la pubblicazione sulle pagine del New York Times di un dossier contenente i nomi di 100 rappresentanti del Congresso che hanno accettato nel recente passato delle donazioni proprio dalla Nra, arroventando ancora di più la polemica contro tale organizzazione.
Graziano Dipace