L’esodo dalla Libia
Da qualche giorno la città di Bengasi è totalmente sotto il controllo dell’esercito libico. Bengasi per quasi tre anni, è stata teatro di scontri tra l’esercito guidato dal generale Khalifa Haftar e le milizie dell’ISIS e altre formazioni terroristiche che occupavano la città.
Già nel mese di giugno, Haftar aveva annunciato l’acquisizione dell’intera città e la sconfitta di tutti gruppi armati, le cui milizie in realtà si erano asserragliate a Sidi Ekhrebish (centro di Bengasi), continuando a tendere agguati ai militari e disseminando le vie cittadine di mine antiuomo. Pesante il bilancio dell’esercito che per eliminare il terrorismo dalla seconda città più grande della Libia, che fu culla della rivolta contro Gheddafi, in questi mesi ha subito oltre 5.000 perdite e numerose migliaia di feriti.
Nel 2015, in Libia, i terroristi dello Stato Islamico, si erano insediati a Tripoli, Sabrata, Sirte, Bengasi e Derna, dividendo con altre formazioni jihadiste il controllo delle città. In particolare da Sirte, fino a pochi chilometri di distanza da Sidra, tutta la fascia costiera era occupata totalmente dalle milizie di al-Baghdadi. A sud della Libia, ai confini con il Niger e l’Algeria, erano invece numerose le presenze di fondamentalisti islamici legati a gruppi diversi da quelli dello Stato Islamico.
Nel 2016, i terroristi del Califfo aveva ngià o perso il controllo di diversi quartieri delle città di Sabrata, Bengasi e Derna, quest’ultima passata totalmente sotto quello di altri gruppi armati.
Nel corso del 2017, l’esercito del generale Haftar ha tolto alle milizie islamiche il controllo di alcune aree a occidente di Sidra, fino ad arrivare ad Harawah. l’ISIS perdeva così i territori costieri, lungo i quali, comunque, continuava a registrarsi la presenza di piccoli gruppi.
A seguito dei combattimenti per la conquista di Bengasi, molti uomini del Califfo sono morti e quelli che sono riusciti a fuggire hanno scelto la via della Tunisia, dove sono attivi il ramo locale di al Qaida (Aqim) e Ansar al-Sharia. Evidenze di legami e alleanze tra le diverse sigle terroristiche, nonostante non siano mancati anche conflitti interni, nel corso di questi anni se ne sono registrate molte, a volte, generando anche confusione. Non bisogna infatti dimenticare che Wanas al-Faqih ( Wanas Bin Hasin Bin Muhammad al-Faqih Husin) ritenuto uno degli ideatori dell’attentato del 18 marzo 2015 al museo Bardo di Tunisi, rivendicato dall’ISIS, era un leader religioso di Ansar al-Sharia in Tunisia.
Lo stesso governo tunisino, subito dopo l’attentato, attribuì la strage al gruppo tunisino Katibat Uqbah Bin Nafi (KUBN), legato a AQIM.
Al-Faqih, attualmente detenuto in Tunisia, era già stato arrestato dalle autorità tunisine nel 2013, a causa delle sue attività con il gruppo Ansar al-Sharia. Successivamente al suo rilascio si era diretto clandestinamente in Niger, probabilmente attraverso la Libia, dove ha continuato a svolgere attività di proselitismo, inneggiando ad attacchi contro lo stato tunisino “tiranno”, prima di essere arrestato dalla polizia nigerina ed essere poi estradato verso il suo paese.
Nel 2015, Abu Abdullah al-Libi, massimo giureconsulto di Ansar al-Sharia in Libia, annunciò il suo sostegno allo Stato Islamico. L’omonima sigla del gruppo terroristico tunisino, anche questo ispirato all’ideologia takfirista, visti i precedenti, potrebbe quindi avvantaggiarsi dell’arrivo di nuovi jihadisti provenienti dalla Libia, che andrebbero ad ingrossare le sue fila.
Altro fronte che si appresta a divenire sempre più caldo, è quello relativo al Niger, dove, nonostante sembra abbia subito una battuta d’arresto, l’ISIS nel 2016 aveva dichiarato di essere ben presente con un “controllo medio” del territorio. In seguito alla sconfitte subite dal gruppo in Siria, Iraq e Libia, non è difficile ipotizzare una recrudescenza del fenomeno terroristico in Europa e un maggiore afflusso di milizie islamiche in Tunisia e nel Niger.
Nonostante Ansar al-Sharia Libia, dopo la morte del suo leader, abbia annunciato il suo scioglimento, la minaccia non è stata neutralizzata, poiché molti miliziani sono passati all’ISIS.
Ultimo baluardo del terrorismo islamico nel nord del paese, resta Derna – attualmente assediata dai soldati del generale Haftar – che nei giorni scorsi ha visto l’arrivo di jihadisti in ritirata della coalizione Ansar al-Sharia, e di quelli affiliati a una milizia che fa parte del Consiglio Shura dei Bengalesi Rivoluzionari (BRSC).
Secondo alcuni supporter dello Stato Islamico, il Consiglio Shura dei rivoluzionari di Bengasi (BRSC) avrebberaggiunto un accordo con l’esercito nazionale libico per permettere ai suoi combattenti di fuggire da Bengasi a Derna.
Se così fosse, troverebbe una spiegazione la presenza di gruppi armati – non appartenenti allo Stato Islamico – che nel 2015 nell’entroterra erano individuati solo al confine con il Niger e l’Algeria mentre adesso vengono registrati, oltre che nella stessa area, in una vasta area a sud di Hun e Zillah e nei pressi di Brak e Sebbah, al centro del territorio libico.
Un accordo affinché lascino la zona costiera spostandosi in direzione della Tunisia e del Niger? In tal caso, ci sarebbe poco da star tranquilli.
Infatti, lo spostamento di jihadisti verso la Tunisia, rappresenterebbe un ulteriore fattore di rischio per l’Europa. Nei mesi scorsi, il fenomeno degli “sbarchi fantasma” provenienti dalla Tunisia, si è accresciuto in maniera esponenziale. Si tratta di immigrati provenienti da quell’area, che giungono sulle coste siciliane – in particolare quelle agrigentine – con piccole imbarcazioni sfuggendo ad ogni controllo e riuscendo a dileguarsi in brevissimo tempo. Un fenomeno che, purtroppo, è stato sottovalutato a tal punto che anche rappresentanti delle istituzioni, pur di minimizzarne il pericolo, si sono spinti a dichiarare che non c’è pericolo che tra questi migranti si annidino terroristi o foreign fighters di ritorno, con l’obiettivo di compiere attentati in Europa. Difficile comprendere come si faccia ad avere tali certezze, visto che trattandosi di soggetti non identificati, in quanto tali, nessuno può sapere chi siano…
Nel secondo caso, ovvero quello della fuga di jihadisti verso il Niger, non va sottovalutato il fatto che proprio in quel paese ci stiamo apprestando a inviare i nostri soldati per una missione “no combat” che ha già suscitato non poche perplessità.
Chi si illude che sottratti i territori allo Stato Islamico, questo abbia portato alla sua sconfitta, commette un errore imperdonabile. Quello che sta accadendo, e i cui sviluppi potremo valutare solo nei mesi o negli anni a venire, altro non è che l’ennesima evoluzione di un fenomeno che siamo ben lungi dall’aver sconfitto…
Gian J. Morici