… ma farà appello perché giudica quest’ultimo processo “un’assurdità dell’anti-Francia”.
L’assurdità è che si sia svolto 43 anni dopo i fatti e grazie alla tenacia delle associazioni.
Era il 15 settembre 1974 quando un uomo lanciò una granata dal mezzanino del Drugstore St. Germain di Parigi uccidendo due persone e ferendone 34.
Alcuni portano ancora addosso schegge di quella granata perche insediate in punti troppo sensibili per estrarle, alcuni zoppicano, una signora è in sedia a rotelle.
Alcuni non ci sono più, il tempo li ha portati via.
E’ la Corte d’Assise di Parigi che ha deliberato l’ergastolo per Ilich Ramirez Sanchez alias “Carlos”. Il tristemente celebre terrorista, che preferisce essere definito militante, ora 67enne. Lo “Sciacallo” arrestato dai servizi francesi nel 1994 in Sudan, ha già due ergastoli alle spalle: uno per l’assassinio di due poliziotti francesi e del loro informatore e uno per complicità in quattro attentati che hanno fatto 11 morti e 150 feriti tra il 1982 ed il 1983.
La Corte d’Assise competente per giudicare atti di terrorismo è, per deroga al diritto comune, composta da soli magistrati professionali per evitare minacce e pressioni verso i membri di una giuria. Gi avvocati di Carlos non hanno fatto altro che denunciare questa composizione, priva di “giuria popolare”.
Quarant’anni, 15 giorni di udienze, 14 tomi di procedure, 17 testimoni e 2 esperti.
Il processo non ha fatto i titoloni dei giornali francesi, colpa forse dell’interminabile campagna elettorale o forse del tempo trascorso. Eppure la storia di Carlos è particolare e nel corso degli anni l’uomo ha fatto talmente tante rivelazioni anche su fatti italiani come il “rapimento Moro” e la “strage di Bologna” che dovrebbe ancora attirare l’interesse. E’ vero che a forza di esprimersi perde lui stesso il filo e si contraddice ma… il venezuelano “terrorista internazionale” qualche rivelazione potrebbe anche farla.
Per 5 anni gli inquirenti cercarono inutilmente una spiegazione all’attentato poi Ramirez Sanchez rilasciò un’intervista a Al Watan Al Arabi riconoscendo di essere l’autore di questo attacco alla granata. Si ritrattò poi negando l’intervista ma le prove poggiarono anche sulle dichiarazioni dell’ex rivoluzionario tedesco Hans-Joachim Klein e sul fatto che la granata utilizzata al drugstore proveniva dallo stesso lotto rubato nel 1972 in un campo militare e di cui erano forniti anche coloro che condussero la presa d’ostaggi dell’Aia come quella trovata in casa di un’amante di Carlos. Il terrorista beneficiò comunque di un non luogo a procedere nel 1983. L’inchiesta è stata riaperta dopo il suo arresto nel 1995. Il celebre giudice Jean-Louis Bruguière lo imputò nuovamente ma vi fu un altro non luogo a procedere perché la giustizia ritenne che erano trascorsi ben 24 anni.
Marzo 2017, Carlos è di nuovo davanti ai giudici.
Un processo surreale. Carlos che ammette di rimpiangere di non aver ucciso alcune persone, che dichiara “ho ucciso quattro poliziotti, non ho nessun problema ad uccidere”. Da notare che non ha mai ammesso né negato l’attacco al drugstore. Si limita a dire “assurdo”. Contesta le prove ma non dice di non essere stato lui.
Surreale perché per seguire bisogna restare concentrati. La granata liscia o ad ananas, il cucchiaio della granata rimasto intatto, l’armata rossa giapponese, o Brigata Internazionale Antimperialista … Il FPLP o Fronte di Liberazione della Palestina tanto caro a Carlos che si autodefinisce “rivoluzionario professionista”…
Surreali le visite del dicesi “umorista” francese Dieudonné profondamente antisemita e di suoi “fan”. Normale, Carlos è antisemita e razzista.
Il personaggio è stato ben descritto da uno degli avvocati delle parti civili: Georges Holleaux che ha ricostruito l’atmosfera dell’epoca. Quando ha evocato i gusti musicali di quegli anni ha citato Barry White e subito dal suo box di vetro Carlos ha esclamato “Era un negro”. Che l’avvocato Holleaux l’abbia fatto apposta o no, la reazione rende l’idea.
Surreale l’arringa della difesa, soprattutto quando ha parlato l’avvocatessa Isabelle Coutant Peyre, che ha anche sposato religiosamente Carlos. Screditare Klein e dargli del traditore rientra ovviamente nella strategia della difesa, anche ipotizzare che sia stato processato per ritardare un suo rientro in Venezuela… ma dichiarare davanti alle vittime che ha indicato con un gesto del braccio: “Ci sono molte vittime palestinesi ed il loro calvario continua” è stato un pugno nello stomaco. Dal palco riservato alla stampa non ho visto la loro reazione ma… Certo l’avvocatessa ha voluto farne un processo politico, ha accusato il giudice Bruguyère di averne fatto una battaglia ideologica. Poi ha tirato fuori la scatola di una bottiglia di champagne. L’ha appoggiata davanti hai giudici ed ha annunciato ridendo “Se perdo vi offro lo champagne, se vinco lo offrite voi”. Ha fatto anche una foto al suo trofeo durante la pausa. Di che dichiarare oltraggio alla corte ma il Presidente era molto calmo. Almeno girando così la frase ha evitato il tentativo di corruzione.
Ha ripreso poi l’altro avvocato di Carlos: Francis Vuillemin, le cui arringhe valgono la pena di essere ascoltate. Alla fine dell’arringa, meno “emotiva” di quella della collega ha lanciato frasi degne di un film e non prive di realtà: “Carlos gioca anche con i suoi avvocati. Vi spinge a condannarlo su un campo di rovine. Può permettersi il lusso di un terzo ergastolo. Se lo condannate vince, se lo assolvete perde”. Un gran finale che fa pensare che i due avvocati avessero ripetuto con la bottiglia di champagne.
Ultimo giorno.
Toccava a Carlos parlare. Non ci aspettavamo meno di tre ore mentre tra giornalisti facevamo i conti sul cosa fare tra la fine del suo discorso ed il ritiro della corte per deliberare. Tra l’altro i giornalisti erano pochi. La stampa estera era praticamente inesistente.
Ed ecco che parla, saluta la Corte a voce bassa, difficilmente udibile nonostante il microfono. Una frase l’ho colta bene “Non sono un innocente ma questa volta non ha senso”. In tutto ha parlato solo 40 minuti, sempre poco comprensibile, come un vecchio. Alla fine ha salutato il Procuratore generale chiamandolo “Monsieur l’Aristocrate”.
Nel pomeriggio è arrivata la sentenza: Ergastolo. Farà appello ma infine le vittime, chi ancora c’è, hanno avuto l’impressione di ricevere un po’ di giustizia. Un ragionevole dubbio? Forse anche se piccolo. Ma ripensando a Carlos che saluta con le manine sorridendo da dietro il vetro quando lo si cita, che ride con la sua avvocatessa mentre l’avvocato della parte civile elenca le ferite, i drammi delle vittime… il pensiero passa velocemente.
Luisa Pace