Una volta erano le monarchie ad essere “trasmesse” per eredità: lo Statuto Albertino prevedeva che la Corona spettasse all’Erede del Re, “secondo la Legge Salica”.
Poi, senza che nulla in proposito apparisse sulla Gazzetta Ufficiale e senza specifici riferimenti alla “Legge Salica”, l’eredità ha fatto capolino anche negli ingranaggi del potere della Repubblica.
Qualcuno sottolineò a suo tempo, beffardamente facendo riferimento proprio alla Legge Salica, alla trasmissione del potere addirittura nel Partito Repubblicano per linea diretta maschile nella famiglia La Malfa. Ma era una forzatura, uno scherzo.
La Seconda Repubblica ha determinato, piuttosto, la patrimonializzazione dei partiti con la formalizzazione del deterioramento della Repubblica parlamentare, rappresentato dall’inserimento nei simboli elettorali di partiti e coalizioni del nome del Presidente (del Consiglio) dando così luogo ad una sorta di elezione popolare di fatto del Presidente del Consiglio e del Governo. E il partito che ha tenuto la ribalta per tutta la durata della 2° Repubblica, Forza Italia, è stato un partito oltre che “presidenzialista”, “monocratico”, “aziendale” e patrimoniale. Il Partito di Berlusconi. Nessuna carica, nessun organismo direttivo che contasse qualcosa. Nomine, destituzioni, decisioni erano prese dal “patron”.
La formalizzazione di tale “aziendalità” di Forza Italia si è avuta dopo il “disarcionamento” del Cavaliere, anch’esso intervenuto in modo che molto poco ha a che vedere con il “metodo democratico” di cui parla l’art. 49 della Costituzione a proposito della partecipazione alla vita pubblica dei cittadini, liberi di organizzarsi in partiti: il disarcionamento per via giudiziaria da parte del Partito dei Magistrati.
Ora qualche mese fa Berlusconi (ma c’è chi dice la Famiglia e la dirigenza di Mediaset) ha nominato un “coso” per Forza Italia, scegliendo per tale strana funzione il candidato perdente a Sindaco di Milano.
Cioè, non si capisce bene se lo abbia nominato “commissario padronale” di Forza Italia o, invece, incaricato a sostituire tale partito con qualcos’altro. Non si capisce nemmeno se Parisi sia ancora in carica, non conoscendosi, del resto di quale carica si trattasse.
In altri tempi si sarebbero scatenati tutti i comici: Forattini, autori seriosi e satirici a commentare la stravaganza del “coso” Parisi.
Pare, invece che si tratti della cosa più normale del mondo.
Del resto l’”aziendalità” di Forza Italia, (che forse oramai occorrerebbe definire un po’ diversamente) è stata surclassata da quella del cosiddetto “Movimento 5 Stelle”, rigidamente “aziendale” anche per i giuridicamente nulli contratti notarili con gli eletti.
Alla patrimonialità del Movimento ha fatto coronamento l’ereditarietà della carica, del suo non so se padrone o condomino. Morto un Papa se ne fa un altro, si diceva a Roma.
Morto un Casaleggio ne viene un altro: il figlio ed erede. Il quale pare ci abbia messo del suo nel gran casino del Movimento alle prese con una politica non virtuale e telematica, ma reale.
Anche nella storia della successione Casaleggio la cosa più naturale è che tutti l’hanno presa come “normale”.
D’altra parte c’è chi da tale quasi-normalità delle cavolate dei Cinquestelluti ne trae il suo profitto. Prendete la storia della “penale” per il caso di abbandono del gruppo. Quel tale avvocato (dico avvocato non uno studente del primo anno di Giurisprudenza) come se ciò non fosse evidente anche ai digiuni di diritto, ha dichiarato alla stampa che lui ha “scoperto” subito che quella penale era nulla e priva di ogni valore.
Così vanno le cose.
Mauro Mellini