E’ vero che la campagna elettorale per decidere chi doveva essere il nuovo presidente degli Stati Uniti, è stata una delle peggiori che la storia americana possa ricordare. Ma soprattutto erano sbagliati i candidati che hanno vinto le primarie repubblicana e democratica.
Hillary Clinton pensava che il suo passato politico fosse una qualità rispetto alla figura politicamente emergente di Donald Trump. Non possiamo che rimpiangere la candidatura fallita di Sanders.
La campagna è stata farcita di veleni, di beghe da mercato, ma anche di colpi bassi e operazioni poco trasparenti, per eleggere uno dei due candidati più odiati dall’elettorato americano. Praticamente gli statunitensi dovevano scegliere il meno peggio. Dura scelta!
Hillary Clinton, il vero presidente americano fin da quando il marito Bill era alla Casa Bianca, considerata la responsabile di tanti errori specie in materia di politica estera è scivolata sugli scheletri usciti ad hoc dai suoi armadi. Chi sperava che le uscite omofobe, maschiliste e di bassa lega di Trump avrebbero aperto un varco alla candidata democratica.
Ma ha vinto Donald Trump, l’uomo fattosi da solo, sulla cui figura pendono numerosi interrogativi, specie in merito agli interessi filo-russi che rappresenta il sogno americano, colui che si è realizzato partendo dal nulla. Una vittoria della Clinton avrebbe portato ad un periodo di stasi di quattro anni durante i quali difficilmente avrebbe potuto conseguire vittorie politiche. Il paese sarebbe rimasto nelle mani dei banchieri, mentre in politica estera avremmo visto un’attività più brutale. Fine delle promesse di Obama per quanto riguarda l’assistenza sanitaria e i farmaci.
Cosa farà ora Trump, uno sconosciuto senza storia politica, interessatosi soltanto ad accumulare ricchezze, che si è giocato la carta vincente nei momenti di crisi: il populismo.
I dubbi maggiori nascono sulla scelta dei membri della campagna presidenziale, legati a doppio filo con il governo russo e con il mondo della mafia russa. Tra i suoi interessi, il petrolio e gli accordi con la Russia che già in passato hanno visto gli attuali collaboratori di Trump operare nelle vicende ucraine. Prendiamo il suo consulente elettorale Paul Manafort, che era riuscito a far vincere in Ukraina il pro-russo Viktor Yanukovych e che ha dovuto lasciare la campagna di Trump in agosto perché il suon nome appariva nella contabilità segreta di Yanukovych. Vogliamo nominare, fra i tanti, Dmytro Firtash che ha fatto fortuna con la russa Gazprom? Chiamasi relazioni pericolose, ma pericolose per chi? Le elezioni americane sono targate Gazprom e le prime conseguenze le vedremo presto anche in Europa. Tra qualche tempo si parlerà di Felix Sater, il russo-americano che spera di ridar lustro alla propria carriera e della più grande frode fiscale portata a termine negli USA, del riciclaggio, della mafia russa ecc… ma sarà troppo tardi…
L’elezione di Trump ricorda un po’, in più grande ovviamente, quella di Berlusconi, l’altro uomo fattosi da solo, che chiuse l’accordo per il South Stream promettendo di togliere l’Italia dal giogo della NATO, per poi farci pagare il gas molto più caro che con il Nabucco. Molti italiani pensarono che avrebbe gestito l’Italia come aveva gestito le proprie società, come se si potesse far fare fortuna ad un paese.
Per ora non resta che sperare nella tutela del Congresso americano e nel raziocinio dei grandi elettori che hanno vinto e che voteranno, a loro volta, il 19 dicembre
Luisa Pace