Per molti, moltissimi anni, milioni per quello che mi sembra di ricordare, il modo migliore per la classe politica per giustificare la propria inettitudine è stato il benaltrismo. In un paese immutabile, in cui per quasi 50 anni hanno governato i democristiani e poi altri venti gli ex-democristiani, con qualche rara eccezione sinistroide, la richiesta di cambiamento era facilmente rimandabile al mittente usando la sempreverde strategia benaltrista.
Se si chiedeva: “Bisogna completare la Messina Palermo”, la risposta era “Sono ben altri i problemi della Sicilia” (non la mafia, non vi preoccupate, la mafia non esiste). Se si poneva l’accento sul traffico della capitale, era buon gioco rispondere “Sono ben altri i problemi di Roma” (la monnezza, ad esempio). Insomma, per ogni problema, c’era sempre “ben altro” che premeva, un qualcosa di non specificato, che occupava giorni e notti insonni dei nostri governanti, e che impediva di fare quello che a noi sembrava utile e anche se vogliamo banale. D’altronde l’Italia, un paese sostanzialmente bigotto e conservatore, ha preferito mandare al potere per decenni la stessa classe politica, che forte del suo immutabile potere e di una inesistente competizione elettorale, faceva del benaltrismo una ragione di vita, e sospetto che fosse l’argomento principale nelle varie scuole e convegni, da Santa Dorotea fino a Piazza del Gesù.
Berlusca, che della DC ha ereditato tutto, anche deputati e senatori, ha usato il benaltrismo riverniciandolo con il marketing televisivo. Ha continuato anche lui a non fare un cazzo di utile per il paese, e a fare gli affari suoi (e che affari), ma ha fatto balenare oltre a nani e ballerine anche mastodontiche opere che dovevano in teoria soddisfare le richieste del popolino. E quindi, da bravo judoka, ha ribaltato la forza degli avversari e quando si chiedeva “Ma che cazzo lo fate a fare un ponte sullo stretto quando ci sono ben altre infrastrutture più urgenti”, lui gongolava e diceva che aveva scelto di fare la cosa migliore, per la Sicilia e per il paese. Ovviamente anche lui non ha fatto un cazzo, ma è riuscito a far passare per retrogradi coloro che protestavano. Genio.
Poi ad un certo punto sono arrivati movimenti di protesta, la Lega prima, e ora il M5S. Sti poveracci arrivano al potere e scoprono con terrore che non possono usare il benaltrismo: la principale arma a disposizione dei potenti per continuare a fare i cazzi loro senza ascoltare gli elettori è spuntata. Eh sì, dato che sono LORO che finora hanno chiesto il cambiamento, hanno protestato, hanno spinto per la rivoluzione. Se gli dici: “Roma fa schifo è piena di mondezza”, non ti possono mica rispondere “Sono ben altri i problemi”, perché rischiano i forconi.
Ma siccome tra di loro ci sono comunque dei grandi geni del marketing, hanno rapidamente coniato una strategia alternativa, che sta funzionando benissimo: l’allorismo. Rispetto all’obsoleto benaltrismo, l’allorismo ha il vantaggio che i cazzi propri si possono continuare a fare in pubblico e non solo in privato, basta trovare qualcuno che abbia compiuto una nefandezza analoga in passato e il gioco è fatto. E quindi: “Ma proprio voi usate il manuale Cencelli per le cariche al Comune di Roma?” ecco che pronta scatta la risposta: “E allora Marino, che ha dovuto accettare gli uomini segnalati da Renzi?”.
Se si chiede: “Ma come mai tutte queste parentele sospette negli incarichi del M5S?”, la risposta è pronta: “E allora la Boschi?” Voi capite, in un paese come il nostro in cui la classe politica non si è particolarmente distinta per onestà e diligenza, trovare una cazzata a cui puntare il dito per giustificare le proprie è un gioco da ragazzi. La nuova, grande stagione politica segna un nuovo modo per non fare le cose da fare, ma trovare qualcuno da incolpare. Aridatece Andreotti.