C’è chi, per sua natura, è una caricatura.
Mentre altri hanno bisogno di una penna o di una matita per descrivere, disegnare battute e vignette che ridicolizzano qualcuno o qualcosa, queste “vignette viventi”, metafore del grottesco e del risibile, hanno bisogno solo di essere quello che sono e di fare quello che sono portati a fare. Cambiano i tempi, le situazioni, gli avvenimenti attorno a loro. Diventano metafore di altro: si rinnovano come caricature.
Ne abbondano sulla scena politica, dove fanno concorrenza a Forattini senza sforzarsi ad imitarlo. E, mentre qualcuno vuole i danni da Forattini, queste caricature “naturali” traggono invece vantaggio dall’essere e rappresentare quello che sono. Ne conosciamo tutti qualcuno, anche se spesso la loro “caricaturalità” è così naturale che ci dimentichiamo di questo loro ruolo e così non ne approfittiamo per sollazzarci.
Prendete Fabrizio Cicchitto. Una caricatura di irresistibile impatto, e tuttavia, troppo spesso dimenticata del “trasmigratore”. Non nel senso geografico (e doloroso e tragico) del termine. Perché è “romano de Roma” o, almeno “della A.S. Roma” in ciò fedele ed inamovibile (è anche abbonato allo stadio). E’ la metafora e la caricatura del “trasmigratore politico”. Nel P.S.I. ha navigato tra varie correnti ed interpetrazioni di correnti.
Quando il P.S.I. è stato travolto dalla violenza giudiziaria è passato al “Partito Socialista Riformista” (non so bene che cosa fosse, so che c’era Manca, l’uomo della RAI). Poi nel Partito Socialista, rimesso in piedi da De Michelis. Di lì a Forza Italia.
Intanto aveva fatto la sua brava esperienza nella P 2 di Licio Gelli. Quando la violenza giudiziaria si è abbattuta su Berlusconi è approdato ad un certo R.E.L. (Riformismo e Libertà).
Di lì è passato al N.C.D., il “Nuovo Centro Destra” di Alfano, con il quale è rimasto fino ad oggi a far da spalla al governo di Centrosinistra.
Ma, da quando le sorti del Governo Renzi e del Partito della Nazione hanno cominciato ad oscurarsi, il “trasmigratore” per antonomasia si è trovato nella scomoda situazione, per uno con tali precedenti e tali indiscutibile esperienze, di non trovare uno straccio di partito o di partitino dove trasmigrare.
Per la prima volta, al primo tremargli della terra, cioè della parte e del partito, sotto i piedi, Cicchitto non ha trovato alternativa, l’alternativa per lui solita: trasmigrare, trovarsi un’altra collocazione. Anche le prediche ferventi di Papa Bergoglio sull’“accoglienza” debbono avergli solo esacerbato preoccupazioni e dolore.
E’ stato costretto alla coerenza ed alla fedeltà. Costretto a restare ed a confidare nella buona sorte del suo partitino e del suo Capo e, quindi, è stato costretto alla difesa di quel suo non sostituibile cantuccio. A difendersi difendendolo.
Cicchitto è scrittore politico, che ha affidato alle stampe i principi e gli argomenti, gli ideali ed i fini, l’esperienza della sua singolare vita politica. Tanti articoli, molti libri che è difficile ricordare tutti. Ne basta uno solo: “Come tradire l’idea socialista per quattro denari”.
Costretto dalle circostanza ad affrontare a pie’ fermo le vicissitudini del suo cantuccio politico, il N.C.D. Alfaniano e del più ampio “sistema”, il Renzismo, pur nella fosca prospettiva del malaugurato referendum costituzionale, ha risfoderato le sue propensioni di scrittore. Con frequenti ripetute dichiarazioni di inconsueta fedeltà al SI. Non ha bisogno di allontanarsi dagli argomenti del Leader ex Boy-scout, che del resto coincidono con i suoi più intimi e sinceri pensieri “non ci sono alternative”.
Deve vincere il SI se no rimaniamo senza il provvidenziale governo, l’Italia cadrebbe nel buio delle incertezze; bloccata dalla crisi. E dalla disoccupazione. Che per la prima volta si affaccia a minacciare il suo futuro.
Abbiamo sotto mano lo stampato di un sito on line. Una foto ottimisticamente “giovanile” del Nostro. Ed un titolo “Articolo su Affari Italiani.it “Rinviare il più in là possibile il referendum”. C’è tutto un programma e tutto il personaggio. La metafora un po’ caricaturale di “quelli” del SI.
Non è questa la traduzione italiana di yes-man, anche se magari, molto non se ne discosta. Sono quelli che proclamano che voteranno SI al referendum costituzionale. Che, in genere della riforma dicono assai poco (“è necessaria, è il nuovo”) e però parlano d’altro. Della mancanza, appunto, di alternative al Governo Renzi. Della legge elettorale da cambiare (un pochino) in cambio della riforma costituzionale da far digerire. Parlano della legge di stabilità da approvare “preliminarmente”. E, soprattutto della necessità di rinviare il referendum. Che è, appunto il titolo di questa fatica del nostro Scrittore. Che incomincia con un addolorato “de profundis” per lo “spacchettamento” (che come termine non gli piace, ma assai gli sarebbe piaciuto come espediente per rinviare alle calende greche il voto). Manco a dirlo, invoca il Brexit: “Generoso tentativo (quello degli spacchettatori) con l’obiettivo di evitare la ripetizione di quello che è successo con un altro referendum, quello che Cameron aveva promosso”…. Ma si capisce che quello che lo tormenta è la prospettiva, che questo referendum qui comporti un “Fabriexit” dalla scena.
Non risparmia, pensate un po’, nemmeno critiche al Capo, a Renzi, “che ha sbagliato il calcio d’inizio”, “la personalizzazione del tema”, “l’identificazione delle sorti sue (…e mie si capisce che vorrebbe dire) del Governo, della stessa legislatura con l’esito del referendum. “Invece di discutere sul merito”.
Già, ma di discutere “sul merito” Cicchitto se ne guarda bene. Afferma che la riforma è innovativa (quasi una tautologia) e che è “decisiva sul piano economico”. Concetto questo alquanto astruso, salvo che non implichi e nasconda un’altra “personalizzazione”, non disdegnata, questa dal nostro Scrittore.
La via d’uscita (essendo da escludere, questo lo aggiungiamo noi, quella per lui solita, la trasmigrazione) Cicchitto la vede in quattro punti.
Il primo, naturalmente, è il “rinvio più in là possibile della data di svolgimento del referendum in modo da acquisire tutto il tempo e lo spazio (??) necessario per un confronto sul merito della riforma”. Campacavallo.
E, poi ridiscutere l’Italicum in modo da garantire un “cantuccio” ai benemeriti ascari. E la discesa in campo di una “quarta forza” cioè la non uscita di scena delle “truppe coloniali”…”con autonoma soggetività (!!??!!) politica e culturale e “benvenuta l’iniziativa di Marcello Pera”.
Una politica ed una cultura “a pera”, come si dice a Roma, Iniziativa “ad alto livello” (!!!) eccetera, cioè (quarto punto) “mettere in sicurezza le banche (più o meno “etrusche”) e l’immancabile “taglio della spesa pubblica” nonché l’altrettanto immancabile riduzione della pressione fiscale”.
Il quadro della metafora di “quelli del SI” è completo e quello della caricatura pure. Il Cicchitto-pensiero spazia in tutto le direzioni, illustra tutti i pericoli del “maledetto referendum”. Certo, non tocca il merito della cosiddetta riforma, che, comunque, ci assicura essere bella, ed utile. A qualcuno certamente. Ma tempo al tempo.
C’è bisogno di tempo e di “spazio” per leggere quel che la Boschi e Renzi hanno scritto.
“Aprés moi le dèluge”.
E’ la metafora dei difensori del “cantuccio”. Quelli del SI.
A questo punto qualcuno domanderà, visto che lo proponiamo come caricatura di “quelli del SI”: “Ma della riforma cosa dice? Perché si dovrebbe approvarla?”.
Non dice niente. E’ bella perché è “nuova”.
Votare SI, certo, più tardi possibile. Perché è bella? Perché votare SI? Perché se si vota NO il cantuccio (senza “alternative e vie di fuga”) è spazzato via.
E’ lo ripetiamo, il modello, la metafora, la caricatura, che più calzante non si può, di “quelli del SI”.
Ad una riforma per il loro “cantuccio”.
Mauro Mellini
18.07.2016