E’ sempre più chiaro: ai Magistrati “va stretta” la funzione di applicare la legge. C’è tra di loro una prorompente vocazione a fare i legislatori.
Una volta ciò poteva manifestarsi nello spostare alquanto il confine, non sempre chiaro ed evidente, tra il “fare” una legge e l’”interpretarla”.
Magistratura Democratica, quando ancora non occupava gli scranni del potere, predicava l’”interpretazione evolutiva”. Quando è divenuta egemone, ha smesso di predicarla ed ha cominciato a praticarla. “Evolutiva ed anche “involutiva”.
Ma non basta. Ora è venuta fuori la mania dell’”editto”.
Tempo fa un protocollo “stipulato” tra Presidenza della Cassazione e Consiglio Nazionale Forense (degli Avvocati) ha preteso di stabilire come devono essere fatti i ricorsi in Cassazione, quanto devono essere lunghi, quante pagine, su quale carta.
Ora viene fuori il Procuratore della Repubblica di Torino che, riuniti in assemblea i Sostituiti, ha stabilito che le intercettazioni telefoniche “che non sono utili” all’inchiesta, vanno subito distrutte.
La scusa è il rispetto della privacy. Ma la sostanza è che la Procura si erge a giudice dell’esito della prova (che è l’intercettazione, non il suo eventuale contenuto).
“Utile” sarebbe, dunque solo la registrazione di conversazioni che appaiano provare l’accusa.
Anche il solo fatto che due persone, che si assumono essere legate da vincolo mafioso, parlino tra loro abitualmente di letteratura latina è prova in favore degli indagati. Più complessa e più probante è la rilevanza di conversazioni che denotino che la chiave di quelle che appaiono come conversazioni compromettente, è tale da comportarne, invece, la piena innocenza.
Con “l’editto Spatariano” i P.M. torinesi si ergono a giudici. In ogni caso violano la norma che impone loro (e della quale, del resto non tengono quasi mai conto) di raccogliere anche le prove in favore dell’indagato.
Ma, intanto, questo ricorrere ad “editti” dei Magistrati in campi che dovrebbero essere riservati alla legge, diventa un problema grave. Che si aggiunge gli altri, tanti, che fanno dell’imparzialità della Giustizia un mito sempre più evanescente.
Mauro Mellini