Non so se ci abbia messo un po’ di malignità, almeno quel tanto che la Chiesa non ha mai condannato quando i suoi fedeli e fedelissimi la usano contro i “cattivi”.
Cuffaro, liberato al fine dal carcere in cui per anni è stato chiuso per aver fatto una telefonata, è tornato tra i suoi e nella sua terra, conservando quella grande dignità, virtù rara da possedere in certe circostanze, di cui gli va dato atto. E con dignità che ha dichiarato che non farà politica, che intende dedicarsi a quelle attività filantropiche delle quali la sua terribile esperienza gli ha fatto sentire ancor più il valore e la necessità.
Ma nessuna interdizione, nessuno e neanche Cuffaro stesso potranno impedire a Cuffaro, come non lo può mai nulla e nessuno in certi casi e rispetto a certe persone, di “essere politica”.
Cuffaro a Raffadali, in Sicilia, in Italia “è politica” anche (e, magari, soprattutto), se va a giuocare a scacchi al caffè o ad assistere ad una partito di calcio. Non dico che sia l’ombra di Banco per chi, in un modo o nell’altro, ché di modi ce ne sono tanti per rendersi partecipi di certe operazioni, ha concorso a toglierselo di torno con quella maniera (un modo di concorrervi è certo anche quello di non fare, cioè di non aver fatto niente). Non solo quelli, infatti debbono ogni tanto pensare, se non altro, al passato, che non si cancella e che è stolto dimenticare.
Dignitosamente Cuffaro parla da ex personaggio di prima grandezza della Sicilia. Senza rimpianti, almeno apparentemente, e senza rivendicare il ruolo di “dante causa” di nessuno.
Ma non mi pare che Totò Cuffaro venga meno al proposito di “rimanere fuori” dalle vicende attuali della politica se si domanda dove siano andati a finire i molti, moltissimi “suoi” elettori, quelli che gli erano attorno, i “cuffariani”, quanti “contavano” qualcosa in quanto tali.
Così Cuffaro, in una intervista ad un giornale straniero ha detto la sua in proposito.
E’ chiaro che molti altri, sin dal giorno in cui i cancelli del carcere si chiusero alle sue spalle, si fecero un problema di cosa fare dei suoi sostenitori.
Non certo per evitarli (se non, magari apparentemente e per breve tempo) ma piuttosto per “ereditarli”.
Chiunque, politico o sedicente tale, in Sicilia neghi di avere avuto e di avere preoccupazioni del genere, o è un bugiardo o è un imbecille.
Che dice, dunque, Cuffaro in proposito?
Che i “cuffariani” sono oggi reclutati, all’ingrosso e al minuto dal P.N.R., il Partito della Nazione Renziano.
Nel P.D., cioè nel P.N., sono insorti scandalizzati, quando non si sono accusati l’un l’altro di essere “quelli che danno le tessere P.D. agli uomini di Cuffaro”. Bersani minaccia di andarsene. Ma, se “accusano” gli altri, in verità li invidiano e si affannano a far loro la concorrenza.
Cuffaro, ha detto che tutto ciò è “naturale” ed anche, magari, “giusto”, perché il Partito di Renzi è il partito della Nazione, come lo era un tempo la D.C. Che poi di ciò Cuffaro sia convinto del tutto non lo so.
Mi domando piuttosto se non ci provi gusto a dire apertamente quel che i suoi “nemici” (sì, nemici, quanto meno in quanto alleati del Partito dei Magistrati) P.D., ex P.DS., ex P.C.I., ex Sinistra filocomunista D.C., etc. etc. cercano di essere e di fare con tanto impegno, ma, al contempo non vogliono che si dica. Una volta in Sicilia ed altrove c’erano persone che facevano di tutto per comportarsi e farsi valere come figli naturali di qualche gran signore, ma insorgevano contro chi osasse dirlo senza garbo, dando loro, così, la qualifica di “figghiu di pottana”.
Ecco, quelli del Partito Democratico, i “Renziani” dichiarati o aspiranti tali, vogliono, con la formula del “Partito della Nazione” essere gli eredi, più o meno universali, non solo di Cuffaro, ma di tutta la D.C. ritenuta ancora non prescritta l’azione di rivendicazione ereditaria (la petitio ereditatis). Solo che vogliono evitare di passare proprio per “figli di puttana”, almeno troppo manifestamente.
E vogliono, evitare di perdere, prendendo quella di un più o meno certo padre biologico, l’eredità del padre “legittimo”, ma forse putativo, il P.C.I. e la Sinistra.
Anche in questo caso mi pare che, la parolaccia, “figli di puttana” esprima bene il concetto, anche se oramai non si è più soliti fare questioni di paternità e di maternità in termini così (apparentemente) rigorosi e “tradizionali”.
A Cuffaro auguriamo di conservare la serenità che gli consente di affrontare certi temi con tanta chiarezza e senza infingimenti. E, magari, con un pizzico di ironia.
Mauro Mellini