Relazione annuale al Parlamento del (cosiddetto) Ministro della Giustizia, Orlando. Basta guardare la foto che lo ritrae al banco del governo mentre legge il suo discorso. Ha l’aria smarrita di uno che è capitato lì per un caso, per uno scherzo maligno “L’Orlando Penoso”.
Che si tratti proprio di un personaggio messo lì da una sorte beffarda non lo dice solo il suo aspetto ed il suo atteggiamento spaesato. Al Ministero di Via Arenula c’è stato abbastanza da aver avuto modo di convincere tutti che non è la loro distrazione a convincerli della sua inesistenza. Il suo aspetto da studentello non è la sola causa del fatto che più noto e più rilevante personaggio sia in quel palazzo il suo “badante”, il magistrato ultras Gratteri.
Ma veniamo alla “relazione”. In perfetto stile renziano: “L’Italia s’è desta”, “tutto va ben madama la marchesa” (o Merkel).
“Dopo anni di polemiche che hanno condannato il nostro Paese all’inconcludenza, c’è oggi un senso più vivo della responsabilità che dobbiamo assumerci”. Quale senso? Quale responsabilità? Renzianamente l’Orlando Penoso non ne parla. Tace sulla crisi dell’Antimafia, sulle pretese eversive dei magistrati palermitani, sugli scandali della giustizia ingiusta, su casi come quello del “pentito” incaricato di indagare sui delitti da lui commessi in stato di protezione Rocco Varacalli. Tace sulla pretesa dei P.M. palermitani di processare lo Stato per “tentativo di subire i ricatti della mafia”, con la persecuzione sistematica di Ufficiali dei Carabinieri (e non solo, ovviamente).
“La giustizia è stata per lungo tempo il terreno di uno scontro, a tratti drammatico”, ma oggi “comincia ad essere oggetto di un più pacato confronto”. Ma dove vive questo giovanotto?
E poi “Le divisioni hanno impedito che si riflettesse sul tempo nuovo che la giurisdizione è chiamato ad affrontare”. “Io (naturalmente) rivendico a questo governo il merito di aver contribuito a chiudere questa fase”. Chiuderla come? L’Orlando Penoso non lo dice. Ma è evidente: prendendo atto del “tempo nuovo della giurisdizione” acquietandosi cioè riconoscendo che essa è il primo e più invadente potere dello Stato, che il Partito dei Magistrati è, più ancora del “Partito Monocratico” renziano, il perno della politica del Paese, il despota, l’espressione più chiara del nuovo assolutismo.
Poi il cosiddetto Ministro si è lanciato a discettare del terrorismo. Come sempre c’è “dell’altro”, un’emergenza, rispetto ai veri problemi di una giustizia giusta degna di un Paese libero, di cui “prioritariamente” occuparsi. Ora, di nuovo, il terrorismo (internazionale). Non tutti i mali vengono per nuocere.
La solfa è la solita. “Non ci piegheremo, non cambieremo la nostra vita”, (magari ci “integreremo”, ma senza cambiarci…!!!). “Una sfida, da cui la giurisdizione deve uscire più forte” (Qui il “Penoso” è quasi chiaro: la giurisdizione più forte è quella che sta diventando onnipotente). Ed osa affermare che saranno rispettati i diritti di tutti i cittadini. Ha imparato a dire le bugie dal suo Presidente del Consiglio e Segretario del partito.
Un fugace accenno alle statistiche: l’arretrato delle cause civili è in calo. Sarebbe inutile cercar di spiegare al giovane inquilino di Via Arenula che il fenomeno è la naturale conseguenza del totale naufragio della fiducia nella giustizia che, ad un certo punto, prevale sulla lievitazione della massa dei processi provocata dall’intento di chi ha torto di profittare dell’inefficienza e della lungaggine delle procedure.
La qualità della giustizia non può essere oggetto di statistiche. Ma di valutazioni sì. La sfiducia nella magistratura è oggi un dato imponente: risulta anche dai sondaggi effettuati (e predisposti!!!) dagli stessi magistrati.
Ma Orlando ha della questione solo una informazione per sentito dire. L’Orlando Penoso.
Mauro Mellini