Nei giorni scorsi ho avuto modo di scrivere qualcosa (assai poco al paragone di quel che c’è da scrivere, tantissimo, forse troppo, al paragone di quello che altri, i professionisti dell’informazione, pagati – diversamente da me che scrivo gratis, scrivono, cioè non scrivono -) sulle complicità, connivenze, omissioni di doverose reazioni di fronte a quella che è oramai evidentemente una sconcia montatura: il cosiddetto processo per la trattativa Stato-Mafia con annessa e connessa commedia dell’attentato a Di Matteo costruito con plateali falsificazioni, tra l’altro, di intercettazioni di chiacchiere addirittura di protesta per tali baggianate, di Totò Riina.
Ho scritto, non hanno scritto. Hanno però scritto il falso. Non parlo di materiai manipolatori di atti e documenti. Parlo dei giornalisti, dei depositari (tra l’altro per un’assurda legge che li “inquadra” in un ordine professionale di esercenti il diritto costituzionale alla manifestazioni del pensiero) del potere mediatico.
Praticamente tutta la carta stampata italiana e, in specie, siciliana non ha trovato nulla a che ridire di fronte alle baggianate più impudenti, alle accuse a generali, uomini politici, ministri di “tentativo di sottostare al ricatto stragista della mafia”. Non ha fatto che continuare a recepire ubbidiente le coglionate dei pizzini in caratteri fenici di Totò Riina, le affermazioni di questi, a portata di voce con le guardie carcerarie, di voler ammazzare Di Matteo “che è andato troppo oltre” (certo non contro di lui!!).
E potrei continuare per pagine e pagine, dato che ora c’è chi ha documentato tutto il museo degli orrori di questo imbecille tentativo eversivo delle Istituzioni dello Stato.
Se in tutta la Sicilia c’è un solo giornalista, pubblicista, dattilografo, usciere di giornale disposto a credere veramente che Totò Riina si lasci sentir parlare dei suoi presunti propositi neostragisti da guardie carcerarie, che ne parli con detenuti “forestieri”, io sono disposto a farmi frate cappuccino. Ma nessun giornale ha mai detto una parola, non dico altro, ma, almeno per invitare i propalatori di queste baggianate, i soliti titolari della jus sputtanandi ad avere un minimo di ragionevolezza, a non dare per scontata la cretineria della gente.
Se, come io ritengo per certo, qui non si tratta di una improvvisa epidemia di imbecillità che abbia colpito magistrati, uomini politici, giornalisti, o che, almeno, non tutti quelli che, come se niente fosse, parlasse di certe panzane come di verità comprovate (comprovate da documenti distorti e falsificati) ciò significa che tra i non cretini si muovono più o meno abili golpisti, con un preciso piano, più o meno realizzabile, di coinvolgere nel ridicolo le massime autorità dello Stato per delegittimarle e ridicolizzarle.
Un vero attentato alle Istituzioni. Ciò significa che la stampa ubbidiente e taciturna, i giornalisti finti tonti che hanno propalato le più ridicole baggianate, sono quanto meno conniventi. Io non credo ai concorsi esterni come reati, ma credo al concorso del venir meno al dovere di reagire nei confronti dell’azione del terrorismo anche solo mediatico. Questi giornalisti sono moralmente, politicamente, professionalmente corresponsabili di un oscuro attentato alle Istituzioni ed al rispetto dovuto all’intelligenza ed al diritto all’informazione dei cittadini.
Ci sono assai probabilmente giornalisti (e sedicenti tali) che stanno sul libro paga dei “padroni” della Sicilia, i cosiddetti industriali antimafia, quelli che vogliono la crocefissione dei loro meno fortunati (o più onesti) loro colleghi fatti oggetto di estorsioni “tradizionali mafiose” e di quelli di “nuovo modello” degli stessi “Sicindustriali” “antipizzo”, monopolisti di tutto ciò che è monopolizzabile. Il “terzo livello mafioso” camuffato da antimafia.
Ma vi sono altri che tacciono e acconsentono gratis. Per un po’ di vigliaccheria, per “tirare a campare”, per innata tendenza a stare sul carro di quelli che sembrano ancora i vincitori, per incapacità di trovare e capire la fame di verità vera del pubblico, che, oramai è scettico ed insofferente di fronte all’uggiosa e stupida retorica “ufficiale”.
Qualcuno dirà che parlando in questo modo non giovo alla possibilità che questo atteggiamento cambi, che nasca almeno un po’ di informazione libera ed intelligente, che, ad esempio si sviluppi sulla carta stampata quello che fanno alcuni siti internet. Non sono la persona più adatta a produrre lusinghe per certa gente. Ma sono convinto che non è cominciando a spingere a mostrarsi un pochetto meno servili i giornalisti possano cambiarsi la coscienza e le abitudini. Al momento opportuno questi signori si scopriranno tutti paladini e veterani di coraggiose critiche e di ammirevoli “resistenze” agli andazzi ufficiali.
Preferisco vedermela con i pochi che meritano stima.
Mauro Mellini