Grande intuizione, quella di Leonardo Sciascia, che ne fece il titolo di un suo libro, quella della “metafora” rappresentata dalla Sicilia. Metafora non solo dell’Italia. Oggi i fatti, quelli siciliani e quelli italiani in genere, confermano clamorosamente quella proposizione.
Ho tra le mani la stampata di un giornale on line siciliano. Titolo: “Il battesimo di Sicilia futura – Con Renzi ma non contro Crocetta”.
E, poi, nella pagina seguente, la foto di una diecina di signori allegri e sorridenti. Sarebbero il “futuro della Sicilia”.
La “novità”, così gioiosamente annunciata, sarebbe la “federazione” di “Sicilia democratica per le riforme” e P.D.R. (scusate, ma non so che significhi: certo una cosa bellissima ed originale).
Originalissima ed esauriente è anche la sintesi che un certo Cardinale (non porporato né eminentissimo, ma “onorevole” regionale al pari di altri sette confluiti nella “nuova area”): “Un unico denominatore. Siamo tutti uniti in difesa dei valori della Sicilia”.
Prosegue il non eminentissimo Cardinale: “un movimento che da un lato guarda a Faraone (non a Tutankhamon) dall’altro a Crocetta e che si preoccupa dei rapporti non idilliaci tra i due”. Rischia dunque (questo lo dico io) di diventare strabico. E’ anche dotato di umorismo questo Cardinale: “Non ci interessano i posti in Giunta” ah! ah! ah!!!
“Vogliamo capire se ci sono le condizioni per andare avanti con questa esperienza di governo”. Ma poi spiega che avendo in precedenza bussato alla porta del Governatore, non hanno avuto nemmeno la degnazione di una mala parola di diniego.
Ecco dunque il senso della metafora: la comune ansia di essere imbarcati sul carro del vincitore, che però è “quello che sta a Roma” perché Crocetta è un suo nemico, ma non si sa mai, ansia che crea e disfa i cosiddetti partiti.
Questi otto signori regionalmente onorevoli hanno tutti un passato di grande “mobilità”.
C’è chi vorrebbe imporre il “vincolo di mandato” (quale? stabilito da chi? violato, eventualmente, da chi?) per gli eletti. Una baggianata pericolosa. Basterebbe che fosse fatto obbligo a signori come quelli della foto ricordo del grande evento siciliano di portare bene in vista i simboli dei cosiddetti partiti tra i quali sono andati peregrinando negli ultimi dieci-quindici anni.
I siculo-futuristi non sono i soli a far la fila per ottenere la carta d’imbarco sul carro renziano, che poi non è crocettiano, ma al quale bene o male bisogna pure trovare il modo di accedere attraverso Crocetta. Il cosiddetto Nuovo Centro Destra in Sicilia ha annunziato, precedendo Cicchitto e, a quanto pare, Quagliarello, che “confluirà” nel P.D. Alfano però fa i salti mortali per mostrare che esiste.
La “metafora Siciliana”, oltre ad essere molto divertente, è tale da dare la misura non solo dei “migranti politici” in attesa di sbarco sulle agognate coste della “nuova realtà politica” etc. etc. Dà il significato del Renzismo, dei suoi equivoci e del suo marcio.
L’equivoco Renzi trova in Sicilia la metafora che ne consente la più approfondita conoscenza. Che, del resto non è la conoscenza di un fenomeno nuovo.
Tra i tanti terribili e pericolosi equivoci italiani la Sinistra che ad un certo punto diventa (o vuol diventare) Destra è fenomeno frequente.
Senza riandare a Crispi, basta pensare a Mussolini, che cambiò bandiera in poche settimane nel 1915, non senza il suadente ausilio di denaro francese e russo.
In tempi ancor più vicini la confusione di sigle, linguaggio, fisionomie e programmi politici ha reso un pochino più complesso il censimento dei “migranti” nell’arcipelago delle sigle dei pseudopartiti.
Ma Renzi ne è esemplare più unico che raro. Sintesi di cattocomunismo, si distingue dagli altri voltagabbana e li sovrasta perché fa i suoi giuochi scavalcando il troppo serioso, lento ed inconcludente voltagabbanismo del P.C.I., che dura dal secolo scorso e del conseguente P.D.
Naturalmente, quanto più i voltagabbana sono tali per personali interessi, tanto più altisonanti sono le scuse, gli alibi delle loro giravolte.
C’è sempre “l’evoluzione della storia” a portata di mano. E talvolta sono gli altri, gli spettatori, gli uomini delle “analisi storiche”, che si fanno in quattro per fornire alibi e giustificazioni a chi, magari, ha così robusta faccia di bronzo da non sentirne assolutamente il bisogno.
Il risultato di questo frequente pullulare di “evoluzioni storiche che esigono il superamento dei vecchi schemi etc. etc.” è che l’equivoco diventi la nota permanente e prevalente nella vita politica del nostro Paese.
Una volta si diceva che era la mancanza della Riforma che ci aveva resi disponibili ad un continuo e poco nobile compromesso.
Con un giuoco di parole si potrebbe oggi dire che sono invece le “riforme”, soprattutto quelle che non si fanno o si fanno per gattopardescamente restare come siamo, a produrre equivoci e fornire alibi a quanti sono invece “riformisti” (e voltagabbana) per qualcosa che è nel loro personale D.N.A.
Dite pure che questo è il brontolare di un vecchio malamente testardo.
Ma, prima guardate alla Sicilia. E pensate a Sciascia.
Mauro Mellini