Il referendum indetto in Grecia da Tsipras sulle proposte europee di regolamento dell’insolvenza di quel Paese è finito come doveva finire.
Era uno strano referendum su di un pacchetto di proposte dell’Europa (o meglio, dei suoi Stati padroni pro-tempore) pacchetto già modificato da offerte intervenute successivamente.
Ha vinto il no, come voleva Tsipras, che, forse, riteneva la vittoria ancora più facile.
Andate a domandare ad una popolazione, di un villaggio, di una regione o di uno Stato “Volete voi che vi aumentiamo le tasse, tagliamo le pensioni, diminuiamo la spesa sanitaria etc. etc.?”.
Se vi aspettate che rispondano “Sì”, perché spiegate loro che questo è il modo di renderli tutti ricchi e felici, però domani o dopodomani, allora andate subito a farvi curare dallo psichiatra, prima che intervenga la riduzione della spesa per i manicomi.
La Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 prevedeva (usiamo il verbo al passato, visto che oramai è per lo meno discutibile che esista ancora una Costituzione) che non potesse tenersi un referendum per l’abrogazione di leggi tributarie o di ratifica di trattati internazionali (art. 75).
Io non sono stato mai un adoratore di quella Costituzione, che, però, era una Costituzione, anche se non “la più bella del mondo” come può dirlo solo quell’attore che mi sta pure antipatico.
Che succederà, non lo so né posso saperlo io che di economia e finanza (a cominciare da quelle mie personali) non capisco un tubo.
C’è chi dice che sia ancora possibile trattare. Ma allora sia Tsipras che i padroni (pro-tempore) dell’Europa sono dei buffoni.
Non mi piace, d’altro canto pensare ad un Europa che perde pezzi, anche se ha voluto appiccicarseli addosso un po’ troppi e malamente colorati.
Sono europeista da sempre, almeno da quando mi resi conto che un’orribile guerra civile era quello che si stava combattendo in quegli anni della mia adolescenza. Mi aiutarono a capirlo mio Padre, alcuni miei amici. Ricordo la tristezza per le notizie che venivano proprio dalla Grecia, dove le truppe italiane, dopo che i tedeschi e non i “Leoni di Mussolini” “avevano spezzato le reni alla Grecia”, si resero responsabili di orrendi crimini, tra qui quello di far morire di fame migliaia e migliaia di greci. Orrori di una guerra civile.
Me lo fece capire, cioè me lo confermò anche un giovane soldato tedesco, alla fine del 1945.
Stava con altri suoi Kamerati cacciandomi di casa. Sembrava gentile ed aveva solo pochi anni più di me. Mi si avvicinò, mentre mettevo assieme poche cose da portar via verso il rifugio che avevamo trovato e, vedendo che prendevo dei libri, mi domandò: “studente? Con malagrazia risposi di sì. Mi mise una mano sulla spalla e disse qualcosa che doveva essere una richiesta di scusa. Poi aggiunse: “Guerra, ja…guerra. Capitalisti tedeschi, inglesi, francesi, vogliono guerra…”.
Mi disse anche di essere studente di Berlino. Non aggiunse di essere marxista. Ma lo capii. E capii soprattutto che, in sostanza, mi stava dicendo di star combattendo una guerra civile, dalla parte sbagliata. Chi sa che fine avrà fatto e quanti saranno stati i crimini di cui avrà fatto a tempo a rendersi corresponsabile prima che anche per lui fosse finita.
Penso talvolta a quello sfogo (assai pericoloso) e ci penso spesso quando vedo e sento la Walkiria in tailleur rosa, la Merkel.
Scusate la disgressione.
Di questa Europa possiamo dire tutto, ma non di poterne fare a meno. Oramai questo è il concetto di Patria. Certo la vorremmo più giusta e ragionevole. Vorremmo che fosse meno schiacciata da interessi ed intelletti perversi, da una burocrazia europea pedante, arrogante ed efficiente nella sua ottusità.
Per questo le baggianate europee mi irritano più di quelle italiane (non dice poco).
Non sono molto esperto e nemmeno molto attento alle disposizioni di una serie di “direttive” europee, che più che “dirigere” gli Stati membri li sovraccaricano di una normativa in mezzo alla quale è arduo districarsi per scansarne vincoli talvolta addirittura ridicoli o dettati dagli interessi particolarissimi, tali da non poter essere accettati da nessuno degli Stati membri.
Penso alla direttiva (settore agro-commercio) sulla curvatura delle banane ed a quella sul divieto di vendere i carciofi col gambo (che è buonissimo!!!). Ed a quella sull’obbligo dei venditori di pesci (i pesciaroli, come si dice a Roma) si indicare i nomi die pesci in vendita in latino, secondo la classificazione di Linneo.
E penso a quello di cui l’Europa non si cura, che, per i miei interessi personali (ma non solo, almeno credo) è invece importantissimo. Da qualche anno la grande distribuzione è venuta imponendo ai produttori di frutta di coglierla assolutamente acerba: “così dura di più”. Certo, ma è uno schifo, anche quando poi matura in magazzini o in frigorifero, cominciando a marcire dal di dentro.
Non è una truffa? Ma che c’entra con la Grecia, mi direte. C’entra. C’entra. Anche la Grecia era, in fondo un frutto troppo acerbo che sta marcendo dal di dentro.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info