Pensate a una famiglia. Padre, madre, fratello o sorella e qualche amico. Due famiglie, in realtà. Pensate alla gioia con cui viene accolta la notizia che le loro figlie, sorelle, amiche sono state liberate. Poi pensate ai dirimpettai, alle persone che abitano nello stesso palazzo o magari al panettiere, Nando, che come prepara il pane lui, nessuno. Il commento più frequente potrebbe essere meno male che sono tornate a casa oppure povere ragazze o siamo contenti per le loro famiglie. Ci scappa anche un potevano starsene a casa loro, ma bonario, pronunciato da nonno Vincenzo o dalla zia Giulia.
Già all’altezza dell’edicola i commenti cambiano tono. Chi va a comprare il giornale, forse Giusto ed Elvira per primi, nel leggere la notizia scuotono il capo alla cifra presunta del riscatto e si lasciano sfuggire un insulto a fior di labbra. No, non possono essere Giusto e sua moglie, appartengono a una generazione per cui gli insulti vanno solo pensati. Forse quegli altri due lì, più giovani, Davide e Marco o Stefania, mentre andavano a piedi al lavoro e guardavano distrattamente i titoli. Giuseppe, l’edicolante, non li ha mai visti acquistare un quotidiano, sbirciano appena. Ai confini del paese gli insulti sono aumentati, ma questa volta non si riferiscono al riscatto, sono rivolti alle due ragazze e diventano fiume appena lambiscono quel luogo non luogo, ad alta velocità e bassissima responsabilità, che è la rete. Più o meno come sarà successo tra ieri e oggi nel caso di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo.
Non riporto gli insulti, non vi dico neanche di andarli a leggere, siete perfettamente in grado di immaginarli; anzi no, leggeteli, potrei sempre esagerare: è sufficiente scorrere i commenti dei quotidiani on-line che hanno riportato la notizia. C’è persino chi si è sentito turbato dal fatto che, scese dall’aereo, le due ragazze si fossero protette con il cappuccio, troppo simili nell’aspetto a donne con il capo coperto per motivi culturali e religiosi. Come non fossero state prigioniere, stanche e spaventate o la pista d’atterraggio probabilmente ingombra di auto di Stato, carabinieri e magari avessero un paio di potenti riflettori puntati addosso per consentire le riprese televisive.
Non è una questione di opinioni sulla vicenda o risultanze investigative. Si può pensare, dire e scrivere che le cooperanti italiane hanno cercato di svolgere un compito umanitario oppure che sono state delle incoscienti, manovrate, impreparate o avessero finalità ulteriori non dichiarate, è legittimo. Per il resto non c’è niente da fare, appena eventi un po’ controversi hanno per soggetti donne, sembrano azionare una gigantesca catapulta che riporta taluni, sulla soglia delle caverne, producendo come massima sintesi di vicende complesse, epiteti a sfondo sessista. E non si tratta di pochi, trascurabili casi. Ma non appartenevamo alla civiltà che rispetta e valorizza la componente femminile dell’umanità, anziché coprirla, venderla o farla esplodere, da bambina, nei mercati?