“Stiamo negando Mediterraneo a nostri nipoti. Crocetta mente, Sicilia non guadagnerà niente. Fermiamo asse governo-petrolieri”.
Roma – Una mozione e il comitato promotore di un referendum abrogativo per fermare l’accelerazione delle trivellazioni nel Mar di Sicilia. E’ quanto presentato questa mattina dai senatori del gruppo Grandi Autonomie e Libertà, Giuseppe Compagnone (commissione Ambiente), Giuseppe Ruvolo (commissione Agricoltura) e Antonio Scavone (vicepresidente vicario), e da Antonio D’Alì, di Forza Italia (Commissione Bilancio) durante una conferenza stampa in Sala Nassirya al Senato con la partecipazione di Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace. “U mari – ha detto Scavone introducendo la conferenza, al termine della proiezione del video di Greenpeace con Ficarra e Picone contro le trivellazioni – nun si spirtusa, la Sicilia deve vivere di sole, di mare, di agricoltura e di turismo, non di catrame nero. Dobbiamo puntare alla nostra ricchezza, noi abbiamo una California-Puglia, una California-Sicilia, ma qui purtroppo c’è chi da California ci vuol fare diventare Texas”. Un rischio quanto mai attuale dopo l’approvazione dello Sblocca-Italia che inserisce tra le misure urgenti in materia di energia, all’articolo 38, la possibilità del rilascio di un titolo concessorio unico per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi.
Di fatto, ha spiegato Compagnone, “in questo modo si accelera la possibilità di trivellare il Mar di Sicilia senza però rispettare la direttiva 30 dell’Unione Europea (quella che la Ue mise a punto sull’onda del drammatico sversamento nel Golfo del Messico) che abbiamo sì recepito a ottobre ma che, per la mancanza di decreti attuativi non sarà attuata prima di luglio 2015. Un disastro che cerchiamo di fermare con la mozione che presenteremo. Bisogna pensare infatti che da qui a luglio il governo potrebbe dare concessioni che, secondo quanto previsto, tra una proroga e l’altra, potranno durare fino a 52 anni e saranno contrarie a quanto previsto dalla direttiva europea. Per questo, nella nostra mozione chiediamo al governo di non autorizzare l’iniziativa se non dopo l’emanazione dei decreti attuativi della direttiva europea”. Infatti, ha spiegato Giorgia Monti, “oggi si va avanti con valutazioni di impatto ambientale spesso carenti e piene di errori. La Sicilia deve decidere quale sviluppo vuole: di trivelle e di petrolio o di ricchezza ambientale e turismo”.
Senza parlare dei rischi che la terra corre. Ci sono molti studi, ha proseguito il senatore Ruvolo, “seri e documentati che evidenziano la pericolosità delle trivellazioni. Le aree che vanno da Ragusa a Trapani, in cui si intende posizionare le trivelle ad impatto distruttivo, sono attive, hanno una struttura crostale fratturata e dislocata in cui si riscontrano sistemi vulcanici sommersi tutt’ora attivi. Così facendo, dunque, si rischia di alimentare nel Canale, in maniera consistente, oltre al vulcanesimo, la sismicità”.
Infine, ha concluso D’Alì, già presidente della Commissione Ambiente di Palazzo Madama, la beffa delle beffe, “perché tutto questo viene venduto dal presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta come un grande investimento economico per la Sicilia. ‘Valgono tra i 300 milioni e i 500 milioni annui, ha annunciato il governatore, peccato che invece il mare sia di competenza statale e la Regione non avrà un centesimo dalle estrazioni”. Per questo, “abbiamo promosso un comitato per un referendum popolare. I siciliani sono contrari alle trivelle…ci piacerebbe sapere come reagirebbe l’ex sindaco di Firenze se si trovasse del petrolio in piazza della Signoria a Firenze…sarebbe pronto a rischiare un patrimonio mondiale? Noi no. Il modello di sviluppo che vogliamo per la Sicilia non è compatibile con le trivellazioni. Vogliamo l’oro verde, quello del sole, del mare, delle spiagge, dei campi degli agricoltori…perché il mare è di tutti e il Mediterraneo tutto non pu ò permettersi ulteriori incrementi del tasso di inquinamento da idrocarburi. Così come neppure i litorali possono essere costellati dalla visione delle torri petrolifere. L’Italia invece di dare autorizzazioni a ‘bucare’ dovrebbe puntare su una politica per tutelare la biodiversità”.