E’ oggi, il 20 novembre, anche se se ne accorti in pochi.
Sono trascorsi 25 anni dalla Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia. E’ l’UNICEF che ha il compito di garantire e promuovere la sua applicazione nei 194 Stati che l’anno ratificata.
Quest’anno i diritti dei bambini e degli adolescenti sono stati in un certo modo premiati con l’attribuzione del Premio Nobel per la Pace alla giovane pachistana Malala Youzafsai che si batte per l’educazione dei bambini e Kailash Satyarthi, il difensore indiano dei diritti dell’infanzia. Un simbolo per questi diritti ancora troppo dimenticati nel mondo intero.
In questi 25 anni si sono raggiunti degli obiettivi positivi in materia di diritti umani. Gli Obiettivi del Millenario per lo Sviluppo, adottati nel 2000, hanno dedicato un impegno mondiale a favore dei diritti dell’uomo, della donna e dell’infanzia. Tuttavia, nonostante i progressi registrati non si è ancora riusciti a sradicare la povertà, la malnutrizione o la mortalità infantili.
I bambini restano un popolazione molto vulnerabile. E’ vero che la mortalità infantile nel mondo è dimezzata nonostante la crescita della popolazione, come è vero che se nel 1990 i bambini malnutriti erano il 40%, oggi il numero si è ridotto ad un quarto dei bambini sotto i cinque anni.
Restano però ancora troppi bimbi non scolarizzati, analfabeti, che muoiono di malattie che si potrebbero evitare, che vivono in condizioni igieniche troppo basse… E non bisogna dimenticare i tanti bambini i cui diritti non sono applicati dai governi stessi.
Restano alte le cifre delle violenze sessuali. Secondo l’UNICEF circa 120 milioni di bambine di meno di 20 anni hanno subito atti sessuali forzati e tra queste alcune, troppe, sono vittime di matrimoni forzati e di mutilazione dei genitali femminili, quando non sono vittime di entrambe le cose.
Nessun paese è risparmiato dalle difficoltà dell’infanzia. La recessione economica colpisce anche la vita quotidiana dei bambini nel mondo occidentale. In Africa gli attuali conflitti non risparmiano nessuno. In Sudamerica, come ad esempio in Ecuador, sono tanti i bambini che vivono da soli, come dei grandi, perché i genitori hanno dovuto emigrare per poter mandare loro qualche soldo. Li chiamano gli orfani con genitori.
Certo, i progressi sono tanti ma non saranno mai abbastanza finché i piccoli saranno le prime vittime dell’incuria e della violenza degli adulti.
Luisa Pace