Contrariamente a quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo in merito alle intenzioni del Cremlino di invadere l’Ucraina orientale, le forze armate di Mosca hanno tentato una sortita nel territorio di Kherson. I soldati russi sarebbero stati fermati dall’esercito di Kiev, appoggiato dall’aviazione militare, e costretti a ritirarsi in Crimea.
Quello odierno è stato il tentativo d’invasione militare di una regione ucraina da parte dei russi, per creare un corridoio che colleghi il territorio russo alla Crimea. Un piano facilmente comprensibile per chiunque abbia un minimo di capacità d’analisi e non sia “emotivamente coinvolto”, come nel caso di qualche giornalista di cui non val neppure la pena di continuare a scrivere, e che avevamo già anticipato da giorni. La Russia, dopo aver posto il veto alla risoluzione presentata dagli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro il referendum in Crimea, si è ritrovata isolata a livello internazionale con la sola Cina che si astenuta dal voto.
Ma il dato forse più significativo è quello delle proteste inscenate dagli stessi moscoviti che in 50.000 si sono ritrovati a manifestare contro l’intervento russo in Crimea, gridando: “L’occupazione della Crimea è la vergogna della Russia” e “Giù le mani Ucraina”.
Molti cittadini russi sono preoccupati per quello che sta accadendo in Crimea e per le conseguenze che potrebbe avere un’eventuale azione militare in Ucraina. Un’invasione militare che non potrebbe trovare giustificazione alcuna e che costringerebbe i Paesi NATO a prendere delle decisioni. A fronte dei 50.000 manifestanti scesi in piazza per contestare Putin, un’altra manifestazione in favore delle scelte operate dal governo ha visto la presenza di meno di 15.000 partecipanti. Numeri che la dicono tutta sulla popolarità del presidente russo in questo particolare momento e che certamente non trovano spiegazione diversa nei divertenti compendi di castronerie di chi vorrebbe i dimostranti ucraini al soldo degli americani.
Se gli americani infatti riuscissero a far scendere in piazza a Mosca il triplo dei sostenitori di Putin, il problema si sarebbe già risolto con le elezioni politiche e con un ex agente del Kgb costretto a fare le valigie e lasciare il governo.
Ma è ovvio che queste considerazioni non le farà mai chi utilizza i mezzi d’informazione alla stregua di come i giornalisti dell’ex Unione Sovietica scrivevano i loro articoli di propaganda.
Con una differenza. Ai giornalisti russi non veniva data la possibilità di fare diversamente e qualcuno di loro pagò con la vita quella che nella “democratica URSS” veniva considerata una scelta sbagliata.
Gian J. Morici