Parlamentari, Senatori, Presidenti di Commissioni nell’ultima settimana dello scorso mese di gennaio sembravano essersi svegliati da un letargo durato 24 mesi che aveva impedito loro di venire a conoscenza che erano stati consegnati alla Giustizia indiana due Fucilieri della Marina Militare italiana perché fossero giudicati per ipotesi di reato perseguibile in India con la pena capitale.
Un risveglio simultaneo, che in quei giorni provocò l’intasamento di ogni mezzo di informazione. Proclami alla stessa stregua di quando in tempi lontani il “Giovin Signore” inviava i propri messi a raggiungere tutti gli angoli del feudo per raccontare al popolo il suo sdegno ed annunciare provvedimenti.
Riposati e brillanti dopo il lungo dormire, i Presidenti delle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, l’Onorevole Cicchitto e Senatore Casini, pronti con la valigia in mano a mettersi alla testa di un delegazione di parlamentari che di lì a poco si sarebbe recata a Delhi per dimostrare solidarietà ai due Fucilieri di Marina e dare prova all’India che l’Italia intendeva garantire giustizia ai suoi soldati e non subire imposizioni da parte indiana.
Anche la Presidente della Camera Laura Boldrini in quei giorni dichiarava al mondo “la vicenda riguarda tutta l’Europa” ed il Presidente Giorgio Napolitano, dopo tanto silenzio, assumeva da Strasburgo una posizione ben precisa e ricordava “i due marò non erano in India a pescare ma per una missione internazionale”.
Altri parlamentari, che improvvisamente in quel momento scoprivano che chi aveva riconsegnato i nostro Marò all’India poteva aver compiuto un atto indebito delegando a Delhi il diritto di giudicare, come esplicitamente dichiarato dal Presidente della Commissione Difesa del Senato Nicola Latorre, “non si può svolgere alcun processo in India perché la giurisdizione è di competenza italiana”.
In quei giorni il risveglio finalmente coinvolge anche un disattento Presidente della Commissione Esteri della Camera fino ad allora silente. Petto in fuori e con lo sguardo deciso, rivendicava in quei giorni e per la prima volta il diritto dell’Italia di portare la vicenda a livello internazionale; “finora i governi italiani per trovare un componimento della vertenza si sono concentrati nel confronto con la giustizia indiana”, “bisogna vedere se non e’ venuto il momento non solo della internazionalizzazione politica del caso” e “ma anche di quella giudiziaria portando la vertenza stessa a livello internazionale. Nel frattempo dobbiamo rinnovare la richiesta che i due fucilieri di marina ritornino in Italia”.
Cicchitto che il 28 gennaio congedandosi dai due Marò dopo la visita in India ammetteva “Nei vostri confronti sono stati fatti grandi errori e noi, in quanto classe politica, siamo responsabili”. “Questa e’ stata un’occasione unica in cui siamo uniti pur avendo su tutto il resto posizione opposte. Vi salutiamo impegnandoci a fare una battaglia molto forte”.
Anche il Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, Pierferdinando Casini condivideva le affermazioni del collega Cicchitto sulla necessità di unazione internazionale avviando un immediato Arbitrato internazionale.
Una volta che la Delegazione di Parlamentari è ritornata in Italia, la strada dell’Arbitrato prende sempre più corpo. Ambedue i Presidenti delle Commissioni esteri Camera / Senato lo confermano ed il 14 febbraio lo stesso Consiglio dei Ministri accoglie la proposta dell’allora Ministro della Difesa Mauro di avviare l’iniziativa internazionale; ”Il gruppo parlamentare dei popolari Per l’Italia della Camera saluta con soddisfazione l’orientamento emerso oggi in Consiglio dei ministri, su iniziativa del ministro della Difesa, Mario Mauro, teso a percorrere la strada dell’arbitrato internazionale per la soluzione della difficile vicenda dei nostri due maro’, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in India. Tale orientamento era stato più volte segnalato, nei dibattiti parlamentari e in varie altre sedi dal nostro gruppo, e in particolare dal collega Domenico Rossi, quale percorso utile per riaffermare i principi del diritto internazionale e tutelare i nostri due militari”.
A questo punto la decisione di ricorrere all’arbitrato sembra essere atto consolidato anche confermato dalle parole della Presidente della Camera Laura Boldrini che dopo aver ricevuto la commissione rientrata dall’India, lanciava un articolato comunicato.
“Accolgo con grande favore sia il fatto che la delegazione sia composta da parlamentari di tutti i gruppi, che la vostra intenzione di non scioglierla una volta conclusa la missione”, ha affermato la Presidente Boldrini. “Pur ritenendo, come tutti voi, che non spetti a deputati e senatori esprimersi sul merito del caso giudiziario, credo che il Parlamento possa giocare un ruolo importante per sensibilizzare la comunità internazionale, anche coinvolgendo i colleghi di altri Paesi europei, ed esigere che venga rispettato il diritto internazionale. Anch’io intendo fare la mia parte, sollevando la questione in occasione degli incontri e degli scambi con i miei omologhi di altri Paesi, europei e non”. “A mio avviso”, ha aggiunto la Presidente, “il Parlamento dovrà inoltre agire in futuro anche sul versante normativo, affinché siano definiti in maniera più chiara i ruoli e le responsabilità degli attori militari coinvolti in operazioni internazionali in funzione anti-pirateria. Ciò allo scopo di evitare che una simile situazione possa ripetersi”.
Evidentemente, però, l’antidoto che aveva provocato l’improvviso risveglio parlamentare ha avuto un modesto effetto e la sonnolenza sta di nuovo colpendo tutti, anche il nuovo Governo che sembra non volersi discostare più di tanto dalla linea tracciata dai precedenti. Nuovo Ministro della Difesa, Nuovo Ministro degli Esteri, un nuovo Premier, ma nessuna nuova sostanziale iniziativa a meno delle solite parole di circostanza che garantiscono impegno per la sorte di Massimiliano e Salvatore.
L’arbitrato internazionale tornato alla ribalta come unica e decisiva soluzione dopo che annunciato l’11 marzo 2013 dall’allora Ministro degli Esteri Terzi, era stato poi abbandonato dal Premier Monti e dal suo successore Letta, sta di nuovo rientrando nel “cassetto dei desideri”.
Oggi da Delhi anche Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ribadisce che “la via della internazionalizzazione del caso e’ una priorità nella nostra strategia per riportarli a casa”, ciò nonostante gli atti necessari per avviarla sul piano giuridico non sono ancora iniziati. “E’ importante ottenere giustizia non solo per noi – ha dichiarato all’ANSA – ma per tutti i Paesi che hanno militari dispiegati nel mondo in missione anti – pirateria.
L’Arbitrato torna, dunque, ad essere una semplice affermazione di principio lontana, però, dall’essere oggettivata. Il motivo di questo attendismo non viene reso noto e quindi ogni ipotesi potrebbe essere valida.
Ci si chiede, infatti, se non si sia preoccupati che l’avvio di un Arbitrato possa imporre di produrre documentazione “scomoda” per qualcuno. Qualcosa del tipo di quanto accennato da Tony Capuozzo quando ha parlato nell’ultima puntata di “Terra” di tracciati radar e fotografie dimenticate in qualche cassetto, ed anche possibili altri atti che potrebbero disturbare lobby economiche con interessi in India.
L’Arbitrato si allontana di nuovo, mentre ritornano parole già ascoltate in passato, come quelle del Vice Ministro Lapo Pistelli ospite ieri di «Un Giorno da Pecora», su Radio2, “I marò sono un impegno prioritario”, “Solo – ha aggiunto il viceministro – che il sistema indiano non è la cosa facile, accessibile e trasparente che noi sogneremmo. Sono un po’ lenti. Ma le percentuali che tornino in Italia entro l’anno sono elevate”.
Vecchi concetti che rivengono proposti come nuovi, forse confidando nella memoria corta degli italiani o sulla loro disattenzione. Già a maggio dello scorso anno, infatti, lo stesso Ministro ci parlò di “Regole di ingaggio condivise con l’India” per la soluzione del problema, ammettendo di fatto una cessione dei diritti italiani. Oggi, invece, con un approccio non usuale per un Vice Ministro ripropone la soluzione del problema in termini percentuali quasi si trattasse del buon esito di una scommessa.
Nulla di nuovo sotto al sole quindi e sempre peggio per i nostri Marò. Il gioco delle tre carte impostato dall’India è ora diventato anche patrimonio italiano, le dichiarazioni roboanti e gli apparenti decisionismi sono stati di nuovo superati da interessi lobbistici e “dall’obbligo di proteggere qualcuno” ed il ritorno al passato diventa sempre di più dominante !
L’unica differenza è che oggi gli italiani ricordano ed esigono chiarezza e certezza a tutela della sorte di due nostri concittadini, senza fare sconti a nessuno!
Fernando Termentini